Mezzo milione di italiani predisposti al cancro, ricerca shock: il 60% dei soggetti non lo sa



Mezzo milione è il numero di italiani predisposti geneticamente a sviluppare un cancro, ma il 60% di loro ne è all’oscuro. Questo è quanto sostiene Ruggero de Maria, presidente di Alleanza Contro il Cancro (Rete Oncologica Nazionale) che spiega come le causa di questa mancanza siano legate anche allo scarso impiego di nuovi test molecolari.



The European House Ambrosetti al Senato, ha reso noto che sono circa mezzo milione gli italiani con una forte predisposizione genetica al cancro, ma il 60% non ne è a conoscenza: “I numeri sono impressionanti – spiega l’esperto – Chi possiede una forte predisposizione genetica ad ammalarsi continua a non saperlo e non intraprende appropriati programmi di prevenzione che potrebbero salvargli la vita“.

I numeri si devono anche allo scarso impiego dei nuovi test molecolari che potrebbero aiutare anche a scegliere terapie più mirate: senza identikit molecolare dei tumori “è molto difficile progredire anche nelle terapie. Negli Stati Uniti e in diversi Paesi europei, la decisione se procedere con la chemioterapia dopo la chirurgia è presa in base a test molecolari molto precisi e non con le metodiche convenzionali usate in Italia. Il risultato è che da noi le pazienti operate per tumore alla mammella rischiano di fare la chemioterapia senza trarne beneficio o, ancora peggio, possono non farla nonostante ne abbiano bisogno per evitare una recidiva“.

I dati epidemiologici che ogni anno questo volume presenta costituiscono la fotografia dello stato dell’Oncologia italiana, evidenziando insieme risultati ottenuti e criticità ancora attuali. Gli andamenti sono evidenti: l’effetto combinato della prevenzione primaria, ed in primis della lotta al tabagismo, della diffusione degli screening, del progressivo sviluppo e miglioramento dei percorsi diagnostici e delle prospettive terapeutiche si accompagna ad una riduzione di nuovi casi e globalmente ad un miglioramento nella sopravvivenza. Resta ancora molto da fare per combattere in maniera ancora più incisiva l’abitudine al fumo di sigaretta, in particolare per i giovani e per le donne, tra le quali continuano a crescere l’incidenza e la mortalità per tumore del polmone, direttamente correlato all’abitudine tabagica, e per una maggiore penetrazione dei programmi di screening, che in alcune aree del Paese presentano ancora bassi livelli di diffusione. È necessario continuare a promuovere campagne di sensibilizzazione, perché il 40% dei casi di tumore può essere evitato seguendo uno stile di vita sano, e con la prevenzione si possono inoltre generare risparmi e liberare risorse che potrebbero essere indirizzate alla promozione di progetti di ricerca e alla disponibilità di nuove terapie.

Cos’è il cancro?

La teoria prevalente formulata alla metà del secolo scorso, interpreta il cancro come un insieme di circa 200 malattie caratterizzate da un’abnorme crescita cellulare, svincolata dai normali meccanismi di controllo dell’organismo. Il processo di trasformazione di una cellula normale in cellula neoplastica avviene attraverso varie tappe con accumulo di anomalie genetiche, funzionali e morfologiche. L’assetto molecolare dei tumori, nelle sue costanti variazioni, rappresenta il terreno di ricerca in cui si ripongono le maggiori speranze per le future ricadute cliniche. La proliferazione (divisione cellulare) è un processo fisiologico che ha luogo in quasi tutti i tessuti e in innumerevoli circostanze: normalmente esiste un equilibrio tra proliferazione e morte cellulare programmata (apoptosi). Le mutazioni nel DNA che conducono al cancro portano alla distruzione di questi processi ordinati: questo dà luogo a una divisione cellulare incontrollata e alla formazione del tumore. L’evento cancro richiede più di una mutazione a carico di diverse classi di geni. La perdita del controllo della proliferazione ha luogo solo in seguito a mutazioni nei geni che controllano la divisione cellulare, la morte cellulare e i processi di riparazione del DNA. Il nostro organismo è in grado, attraverso processi di riparazione e attivazione del sistema immunitario, di contrastare i processi di trasformazione ma, quando questa capacità viene meno, la cellula si trasforma, attraverso varie tappe, in cellula tumorale. Sono necessarie quindi sia l’attivazione dei geni che promuovono la crescita (oncogèni) sia l’inattivazione dei geni che inibiscono la crescita (oncosoppressori).Figura 1 La cancerogenesi è un processo lungo e complesso: raramente una singola alterazione genetica è sufficiente per lo sviluppo del tumore. In genere un agente cancerogeno agisce sul DNA cellulare e provoca un processo di Iniziazione (rapido e irreversibile), seguito da una fase di Promozione della crescita neoplastica (lenta e irreversibile). Altri fattori devono intervenire per favorire la Progressione della malattia: nella maggior parte dei casi questi processi richiedono diversi anni. Altri meccanismi sono essenziali per la crescita tumorale, uno è rappresentato dal cosiddetto microambiente (cioè tutto ciò che ruota attorno al tumore): cellule favorenti, fattori di crescita, ma anche cellule che mangiano o uccidono la cellula tumorale. Un altro meccanismo è poi necessario alla progressione della malattia: il tumore potrebbe infatti rimanere dormiente per molti anni finché non si accende una lampadina. È il cosiddetto switch angiogenico, cioè la capacità del tumore di costruire i propri vasi sanguigni tali da permettergli di crescere indisturbato.

Quali sono i fattori di rischio dei tumori?

Le cause note delle alterazioni del DNA nella genesi del cancro sono di vari ordini: si ipotizzano cause di tipo ambientale, genetiche, infettive, legate agli stili di vita e fattori casuali. La quota di tumori attribuibili ai vari fattori di rischio è riportata nella Tabella 1: negli USA il fumo di tabacco da solo è responsabile del 33% delle neoplasie; un altro 33% è legato ai cosiddetti stili di vita (dieta, sovrappeso, abuso di alcool e inattività fisica). I fattori occupazionali sono responsabili del 5% delle neoplasie. Le infezioni causano circa l’8% dei tumori (Papilloma virus 16-18 per cervice uterina, Epstein-Barr per lesioni linfoproliferative e del cavo orale, Herpes-virus 8 per sarcoma di Kaposi e linfomi, Helicobacter pylori per carcinoma dello stomaco e linfoma MALT, virus dell’epatite B e C per il carcinoma epatocellulare). Le infezioni parassitarie da Trematodi sono chiamate in causa per il colangiocarcinoma e quelle da Schistosoma per il carcinoma della vescica. Le radiazioni ionizzanti e l’esposizione ai raggi UVA sono responsabili del 2% dei tumori e l’inquinamento ambientale contribuisce per un altro 2%. L’ereditarietà ha un’incidenza molto bassa nella genesi tumorale: meno del 2% della popolazione è portatrice di mutazioni con sindromi ereditarie di rischio neoplastico. Noti sono i geni BRCA 1 e 2 che aumentano il rischio di cancro alla mammella e all’ovaio, PALB 2 (partner and localisation of BRCA 2) e MSH2 e MLH1 per i tumori del colon-retto non poliposici (HNPCC). L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha pubblicato l’elenco delle sostanze cancerogene per l’uomo distinguendo quelle con sufficiente evidenza e quelle con limitata evidenza.

Per sostanze cancerogene con sufficiente evidenza negli esseri umani, si intende che è stata stabilita una relazione causale tra sostanza cancerogena e cancro e che bias e fattori confondenti possono essere esclusi con una ragionevole probabilità; per sostanze cancerogene con limitata evidenza negli esseri umani si intende che è possibile una relazione causale ma che non possono essere esclusi bias e fattori confondenti. Una sintesi dei principali agenti cancerogeni è riportata nella Tabella 2. Nella Tabella 3 è invece riportata la classificazione degli agenti in base al rischio cancerogeno adottata dalla IARC. La lista dei fattori di rischio chiamati in causa nell’eziologia dei tumori è molto ampia e in continua evoluzione: non è facile determinare un singolo fattore di rischio associato a una sola sede tumorale perché la malattia neoplastica è per definizione a “genesi multifattoriale”. Esiste quindi un concorso di fattori di rischio che si sommano e si moltiplicano nel determinare la malattia. A questi vanno aggiunte le capacità di reazione dell’ospite intese sia come meccanismi di difesa immunitaria sia come processi di riparazione dei danni sul DNA.

Qual è il rischio di ammalarsi di tumore?

 Il rischio cumulativo indica la probabilità teorica che un individuo riceva una diagnosi di tumore nel corso della sua vita. Per convenzione viene considerato l’intervallo di tempo che va dalla nascita agli 84 anni. La misura del rischio cumulativo viene espressa come numero di persone che sarebbe necessario seguire nel corso della loro vita, in assenza di decessi, affinché una di queste abbia una diagnosi di tumore. Nella Tabella 4 il rischio cumulativo è espresso per le principali sedi tumorali e per tutti i tumori: una donna su tre e un uomo su due ha la probabilità di sviluppare un qualunque tumore nel corso della propria vita.

Rispetto alla sede, tanto più il tumore è frequente, tanto minori saranno le persone da seguire per riscontrarne una con diagnosi di tumore. Poiché prostata e mammella rappresentano le sedi più frequenti di tumore rispettivamente nei maschi e nelle femmine, la probabilità di ammalarsi sarà pari a uno su 8. Per il tumore del polmone, molto più frequente nel sesso maschile, la probabilità sarà pari a un uomo su 10 e una donna su 36, per il colon-retto la probabilità sarà pari a un uomo su 11 e una donna su 18. Nel caso di tumori meno frequenti, sarà necessario seguire una popolazione molto numerosa per osservare almeno un caso: ad esempio, nel sarcoma di Kaposi, la probabilità di avere un tumore sarà pari a uno su 471 negli uomini e su 1725 nelle donne.

Quanti nuovi tumori saranno diagnosticati in Italia nel 2017?

 Si stima che nel 2017 in Italia verranno diagnosticati poco più di 369.000 nuovi casi di tumore maligno di cui circa 192.000 negli uomini e 177.000 (46%) nelle donne.Tabella 5 Complessivamente in Italia ogni giorno circa 1.000 persone ricevono una nuova diagnosi di tumore maligno infiltrante. La Tabella 5 riporta le stime nazionali prodotte partendo dai dati osservati nei Registri Tumori Italiani sulla base dei livelli di incidenza regionali e i trend area geografica specifici. Escludendo i tumori della cute (non melanomi), negli uomini prevale il tumore della prostata che rappresenta il 18% di tutti i tumori diagnosticati; seguono il tumore del colon-retto (16%), il tumore del polmone (15%), della vescica (11%) e delle vie urinarie (5%). Tra le donne il tumore della mammella rappresenta il 28% delle neoplasie femminili, seguito dai tumori del colon-retto (13%), del polmone (8%), della tiroide (6%) e del corpo dell’utero (5%).Tabella 6 L’incidenza è influenzata, oltre che dal genere, anche dall’età:Tabella 7 nei maschi giovani, il tumore più frequente è rappresentato dal cancro del testicolo, raro negli anziani; a seguire melanomi, LNH, tumori del colon-retto e della tiroide. Nella classe 50-69 anni e negli ultrasettantenni il tumore più frequente è quello della prostata, seguono polmone, colon-retto e vescica. Nella classe 50-69 al 5° posto compaiono i tumori della vie aerodigestive superiori mentre il tumore dello stomaco è appannaggio delle persone molto anziane. Nelle femmine, invece, il cancro della mammella rappresenta la neoplasia più frequente in tutte le classi di età, sebbene con percentuali diverse (41% nelle giovani vs 22% nelle anziane). Nelle donne giovani a seguire compaiono tumori della tiroide, melanomi, colon-retto e cervice uterina. Nella classe intermedia seguono i tumori di colon-retto, corpo dell’utero, polmone e tiroide, mentre nelle anziane seguono i tumori di colon-retto, polmone, stomaco e pancreas.

Invecchiamento e tumori L’invecchiamento è un fattore determinante nello sviluppo del cancro e infatti l’incidenza aumenta in modo evidente con l’età. Questa relazione è legata in parte al fatto che con l’avanzare dell’età si accumulano nel nostro organismo i fattori cancerogeni e dall’altra alla diminuzione delle capacità di difesa e dei meccanismi di riparazione. L’effetto dell’invecchiamento nel corso del tempo fa sentire i suoi effetti soprattutto per quelle sedi tumorali che hanno picchi di incidenza nelle età più avanzate (ad esempio polmone e stomaco). Per i tumori che invece sono frequenti anche in età più giovanile, come la tiroide, l’invecchiamento della popolazione dovrebbe portare a una riduzione dei casi. In età infantile (0-14 anni) si trova una quota molto limitata del totale dei tumori (meno dello 0,5% dei tumori). Nelle prime decadi della vita, la frequenza dei tumori è infatti molto bassa, pari a qualche decina di casi ogni 100.000 bambini ogni anno; dopo i 35 anni si supera il centinaio di casi, mentre dopo i 60 anni si osserva un netto incremento dell’incidenza, arrivando a superare il migliaio di casi ogni 100.000 persone/anno. È evidente che le modificazioni delle caratteristiche demografiche sono determinanti nell’influenzare il numero di tumori diagnosticati. In considerazione dell’aumentare dell’aspettativa di vita e dell’allungamento della vita media con incidenza costante, il numero complessivo delle nuove diagnosi tumorali tenderà ad aumentare nel tempo.

ALIMENTAZIONE E CANCRO

Pur in presenza di un aumento, a livello mondiale, della vita media, la mortalità per tumore è in netto incremento ed è divenuta la seconda causa di morte (OMS 2007).

L’osservazione che stili di vita ed alimentazione hanno subito contemporanei mutamenti ha stimolato lo studio delle correlazioni tra questi ed i tumori (studio EPIC ).

E’ stato quindi provato che la sindrome metabolica correlata all’obesità induce una serie di fattori che, agendo in modo sinergico, intervengono sulla carcinogenesi e sulla progressione della neoplasia. (rapporto tra BMI e cancro : IARC – international agency for research on cancer)

CANCRO E ALIMENTI

Rispetto alla carcinogenesi gli alimenti possono venir divisi in due categorie :

FAVORENTI e PROTETTIVI.

Va però’ detto che la complessità’ dei meccanismi d’azione dei singoli nutrienti, la loro diversa combinazione nella dieta, il loro variabile impatto sul corredo genetico individuale, rende difficile individuare il confine tra di loro e con certezza un ruolo specifico di ogni singolo fattore.

WCRF E AICR hanno suddiviso il ruolo dei nutrienti nella protezione o nell’induzione del cancro in: Convincente, Probabile, Limitato.

Tali ruoli inoltre possono essere diversi per vari tipi di tumore.

ALIMENTI E STATI NUTRIZIONALI FAVORENTI IL CANCRO A) ALIMENTI

A 1) NUTRIENTI E SOSTANZE CHE SI TROVANO NEGLI ALIMENTI O SI FORMANO DALLA LORO CONSERVAZIONE E COTTURA

Numerosi studi evidenziano la convincente responsabilità delle carni , del latte e derivati , dei grassi (specialmente saturi ) degli zuccheri semplici, nella genesi delle malattie neoplastiche ; cio’ che invece risulta sicuro è il rapporto tra eccesso energetico e sovrappeso con l’insorgenza di tumori. Le linee guida sulla corretta alimentazione pongono la carne all’ apice della piramide alimentare settimanale (discriminando inoltre tra carne rossa e bianca) e raccomandano di essere parsimoniosi nel consumo di carni conservate . Spieghero’ quindi le motivazioni di queste scelte analizzando i principi contenuti in questi alimenti ed il loro ruolo nella carcinogenesi . a) Azoto e suoi composti

L’azoto, componente essenziale del nostro corpo, viene introdotto con le proteine (sostanze quaternarie) ed è fondamentale per i processi anabolici cellulari . Il ruolo della carne e della carne conservata in particolare (affumicatura, salatura, aggiunta di nitrati e nitriti) è considerato “convincente” solo per il tumore del colon- retto mentre è considerato “probabile” gli altri tumori.

Con la conservazione delle carni si possono formare naturalmente composti n-nitroso come le nitrosamine , con la cottura ad alta temperatura si formano ammine eterocicliche aromatiche, che sono composti cancerogeni. Nitriti e nitrati vengono pero’ aggiunti industrialmente come conservanti (specie nelle carni conservate, inscatolate, salumi ed insaccati).

Non esiste però chiarezza sopra quale limite tali sostanze possano essere cancerogene.

Sembra pertanto corretto al momento attuale limitarsi a raccomandare al consumatore di evitare un uso eccessivo di tali alimenti limitando l’introito proteico alle percentuali raccomandate . La raccomandazione piu’ importante tuttavia sembra volta al mondo industriale, auspicando l’uso di un sistema di conservazione corretto ed esente da rischi. Sebbene molti studi siano stati condotti sulle carni, ricordo che le proteine non sono esclusivamente contenute nelle carni , ma nei prodotti della pesca, nei latticini nelle uova e nel mondo vegetale (specie leguminose). Alcuni carcinogeni quali gli idrocarburi policiclici aromatici, tra ì quali il benzopirene si formano quando si frigge (carni , pesci o vegetali) in un grasso per più volte e quando si cuoce troppo a lungo una carne grassa. Si raccomanda pertanto di evitare le fritture,specie fatte industrialmente o con grassi riciclati ed i grassi stracotti. Fondamentale è inoltre la scelta del tipo di carne o pesce , fatto pero’ che viene limitato dalla scarsa conoscenza della reale composizione dell’ alimento stesso. Ricordo inoltre che Il fumo di sigaretta è inoltre importante e prevalente fonte dei sopraddetti carcinogeni.

  1. b) Ferro e suoi composti

Il Ferro è un elemento prezioso per l’ematopoiesi ma di difficile digestione ed assorbimento .

I livelli raccomandati di introduzione (che raggiungono 18 mg di) non sono facilmente rispettabli, specie quando vi sia un perdita cronica come nelle giovani donne polimenorroiche.

II ferro assorbibile si trova soprattutto nelle carni e nei pesci, ma anche in minori quantità nei latticini,uova ed in alimenti di origine vegetale. Il suo assorbimento viene stimolato dall’azione sinergica di altre vitamine. Esso può favorire la carcinogenesi con due meccanismi: il gruppo eme può dare origine a composti ferro-azoto ed il ferro libero in eccesso può danneggiare direttamente il DNA per danno ossidativo da radicali liberi. Non è chiaro ne’ stabilito sopra quale quantitativo giornaliero di tali elementi vi sia rischio reale di carcinogenesi. Il contenuto in ferro dei vari tipi di carne è similare, indi non si comprende appieno la discriminazione della carne secondo il colore ma sembra che tale decisione sia stata dettata piuttosto dalla quantita’ di grassi presenti in essa. Comunemente si pensa che la carne bovina sia piu’ grassa, ma la quantita’ e qualita’ di grassi nelle carni dipende dal tipo di nutrizione dell’ animale ; l’alimentazione a foraggio fresco stimola produzione di acidi grassi mono e polinsaturi e riduce qualla dei saturi nella carne dell’ animale stesso.

La carenza di ferro induce anemia e ipoossigenazione cellulare, che a sua volta può indurre la formazione di radicali liberi. Negli stati anemici esiste una riduzione della risposta immunitaria.

Quindi appare opportuno, seguire le linee guida che raccomandano una modesta assunzione di carne , alternandone il tipo e dando prevalenza alle parti magre d al pollame e minimizzando le carni conservate (salumi ed insaccati) perche’ contenenti piu’ sale, conservanti chimici e derivati dell’ azoto.

Cio’ che sarebbe auspicabile che la carne provenga ,a sua volta da un animale allevato con mangimi congrui , esenti da prodotti chimici o fitoestrogeni.

A 2 CARCINOGENI ALIMENTARI ED AMBIENTALI.

Sostanze chimiche possono passare dall’ ambiente agli alimenti (diossine, nitrati, idrocarburi policiclici, metalli pesanti, plastificanti e derivati delle plastiche,ritardanti di fiamma ) concentrandosi in essi .

Altre sostanze possono volontariamente essere aggiunte agli alimenti stessi (coloranti e conservanti, esaltatori di sapore, emulsionanti ,dolcificanti,antibiotici ,ormoni, xenobiotici).

Sono cancerogene anche micotossine che si possono formare nella conservazione non corretta dei cereali , legumi ed altri alimenti in ambienti caldo-umidi.

Il meccanismo d’azione può essere diverso:

Direttamente lesivo sulla cellula e parete cellulare, lesivo sul DNA, tossico per accumulo nell’ organismo (specie nel tessuto adiposo) e di interferenza endocrina.

  1. B) STATI NUTRIZIONALI FAVORENTI IL CANCRO

1) ECCESSO CALORICO GLOBALE, PESO CORPOREO E SISTEMA ENDOCRINO

Sebbene l’eccesso di peso è comprovatamele collegato al rischio di tumore, tale correlazione è diversa per vari tipi di neoplasia ed avviene con i meccanismi biologici differenti e non ancora del tutto conosciuti. Verosimilmente nell’obesità, cui si giunge a seguito di un incremento calorico globale rispetto al consumo, l’iperproduzione dei seguenti ormoni è particolarmente indiziata:

insulina e fattori di crescita, ormone della crescita, ormoni sessuali, leptina, citochine pro infiammatorie. Ormoni questi da non demonizzare singolarmente ma che al tempo stesso devono essere criticamente considerati quali basi dei meccanismi biologici.

> INSULINA E FATTORI DI CRESCITA INSULINICI e GH L’insulina svolge un ruolo fondamentale nei processi anabolici e di crescita cellulare.

Risulta convincente che se sussiste una stimolazione insulinica conica sovra fisiologica vi possa essere un effetto mitogeno cellulare (tramite i recettori igf), che spiegherebbe la correlazione tra obesità, diabete e tumori. Non solo gli zuccheri semplici stimolano la produzione insulinica, ma, anche se con minor forza, le proteine ed i grassi. Recentemente, anche in diabetologia si e spostata l’attenzione dall’indice glicemico al più recente indice insulinemico degli alimenti.

I fattori di crescita insulinici fanno parte di un complesso sistema di mediatori e recettori che coinvolge più organi (fegato, pancreas, ipofisi).

II principale e piu’ analizzato di questi fattori è l’insulin-like growth factor 1 (IGF-I) o somatomedina.

Tale sostanza, di natura proteica è prodotta soprattutto a livello epatico e gioca un ruolo importante per la crescita nelle prime decadi di vita. Ha molteplici azioni di tipo anabolico sul sistema muscolare scheletrico con stimolo della sintesi proteica, di miglioramento del profilo glicemico, e di stimolo della produzione di ossido nitrico (NO) con effetto positivo sulla funzione endoteliale di diversi distretti.

Funge inoltre da regolatore-chiave della proliferazione cellulare e da inibitore dell’apoptosi cellulare e della necrosi.

Recente oggetto di analisi è stata la relazione tra la riduzione graduale dell’attività dell’asse GH-IGF-1 (somatopausa) nel corso di invecchiamento con ripercussioni negative a livello metabolico (glicemico ed osseo) ed immunitario. Ciò spiegherebbe la maggior incidenza di neoplasie nell’anziano e nelle donne post menopausa.

L’IGF-I svolge, d’altra parte, un ruolo di promotore delle malattie neoplastiche attraverso diversi meccanismi inducendo un’azione antiapoptotica sulle cellule e causando la differenziazione e trasformazione cellulare, facilitando l’azione degli oncogeni, down-regolando i geni che codificano per oncosoppressori (p53).

Resta tuttora aperto il dilemma dell’ igf con le sue duplici funzioni. Negative sulla carcinogenesi e positive sull’invecchiamento e sulla degenerazione cellulare.

Il latte contiene i fattori di crescita (prolattina, transforming growth factor, insulin-like growth factor [IGF]). e’ un forte stimolatore dell’increzione endogena dell’ IGF-1.

Il latte è il primo alimento dell’ uomo. Il bambino cresce con il latte, perche’ questo alimento fisiologicamente fa crescere, stimolando l’increzione dell’ormone della crescita e dell’ IGF1. Come ogni alimento, contiene però in sè un bene ed un male… lo stesso fattore è un potente stimolante la genesi dell’ossido nitrico e l’ossigenazione cellulare, e rappresenta quindi al tempo stesso un importante fattore protettivo cellulare.

Se esiste una comprovata correlazione tra BMI ed insorgenza di cancro, la correlazione tra latte e tumori è del tutto incerta. Il dibattito scientifico è tuttora acceso, alcuni lavori mettono in rapporto l’assunzione di latte (al disopra delle dosi raccomandate giornalmente) e l’insorgenza di tumori , ma altri ne dimostrano il ruolo protettivo. Il latte contiene infatti le sieroproteine (immunoglobuline, P-lattoglobuline, a-lattalbumine, lattoferrina e lisozima).

Il recente ritrovamento di aflatossine nel latte italiano fa riflettere ; alla base di queste incertezze sul ruolo del latte nell’ oncogenesi vi potrebbero essere elementi estranei al “ latte alimento “ cioe’ tossici provenienti da inquinamento della catena alimentare.

La sostituzione del latte vaccino con altri bevande chiamate impropriamente” latte” di origine vegetale non appare al momento attuale un scelta migliore. Il“latte di soja” è ottenuto attraverso processi industriali da questo legume , di provenienza e qualita’ non nota ed è naturalmente ricco di isoflavoni fitoestrogeni.

In tutte queste bevande alternative la quantita’ di calcio è inoltre nettamente inferiore del latte vaccino e viene aggiunto dall’ industria e sovente vi sono anche aggiunte di zuccheri e conservanti, si raccomanda percio’ li leggere attentamente le etichette.

> ORMONI SESSUALI

Numerosi studi hanno dimostrato che l’obesità aumenta il rischio di sviluppare tumore al seno nelle donne in postmenopausa. In tali pazienti infatti vi sono alti livelli di estrogeni endogeni e tale fatto verrebbe spiegato dalla maggior conversione di androgeni in estradiolo ad opera dell’aromatasi presente nel tessuto adiposo.

Inoltre l’aumento dell’insulina circolante e dell’ IGF, inibisce la sintesi di proteine leganti gli ormoni sessuali portando un aumento di tali ormoni liberi nel sangue circolante.

> LEPTINA

Questa adipochina, secreta dall’adipocita proporzionalmente alla quantità di grasso corporeo (più alta nell’obesità) è strettamente correlata all’insulina. Quest’ultima stimola l’espressione genica della leptina. L’ipossia cronica, presente nell’ obesità e nelle malattie croniche e neoplastiche stimola a sua volta la produzione di leptina. In vitro si è dimostrato che la leptina ha azione mitogena, antiapoptosica e proangiogenetica su vari tipi di cellule.

Vi è perciò una probabile correlazione tra livelli sierici di leptina e rischio di cancro.

> CITOCHINE

E’ ormai risaputo che l’obesità è una malattia infiammatoria di basso grado caratterizzata da un aumento della sintesi di proteine di fase acuta (pcr ..) e pro infiammatorie (interleuchine,TNF- alfa..). Tali sostanze sono implicate nella genesi dell’insulinoresistenza, diabete mellito e malattie cardio vascolari correlate all’obesità e possono spiegare anche il rapporto cancro-obesità.

Il TNF-a e l’IL-6, secrete in larga quantità nel tessuto adiposo, hanno effetti pro oncogeni e determinano insulino resistenza (determinano inefficacia della trasmissione del segnale insulinico con complessi meccanismi recettoriali).

In questo contesto ricordo che lo stile di vita scorretto, lo scarso movimento fisico, la mancanza di vita all’aria aperta ed il fumo sono i principali e più temibili nemici.

2 ) DIFETTO CALORICO, MALNUTRIZIONE E CARENZE VITAMINICHE SELETTIVE

La storia dell’umanità ci insegna che la popolazione malnutrita (carenza proteico-calorica) vive di meno per l’insorgenza primaria di malattie infettive e scarsa risposta immunitaria.

Indi è fondamentale che la popolazione stessa sia nutrita bene e con equilibrio tra i nutrienti.

Studi recenti pongono in evidenza la carenza cronica di vit. D, B 12, e micronutrienti (Selenio , ferro) e la maggior insorgenza di malattie cardiovascolari e neoplastiche.

B) ALIMENTI E STATI NUTRIZIONALI PROTETTIVI VERSO IL CANCRO

La prevenzione primaria per la prevenzione del cancro è il controllo del peso corporeo ed il mantenimento del BMI entro i limiti consigliati con dieta equilibrata e corretto stile di vita che, si ribadisce, riducono lo stress ossidativo cellulare globale.

Il sistema di auto difesa dell’organismo dalla degenerazione neoplastica consiste in tre fasi: “smaltimento delle cellule degenerate” o apoptosi (geneticamente determinato); prevenzione dell’ossidazione cioè della “usura” delle membrane cellulari e della cellula stessa (sistema antiossidativo cellulare); prevenzione della divisione anomala di essa (mitosi).

L’azione protettiva verso il cancro è da considerarsi probabile per frutta ed alcuni tipi di vegetali che agiscono tramite i meccanismi sovramenzionati.

Vedremo quindi l’elenco di questi alimenti che vengono a volte mitizzati, i principi biologici utili in essi contenuti e la loro reale utilità.

  • Flavonoidi (catechine, isoflavoni, antocianine, lignani, )
  • Vitamine: Derivati della Vit A (licopene) Vit E e Vit C
  • Istiotiocianati (brassicacee)
  • Diallilsulfile (agliacee)
  • Gingerolo (zenzero, galanga)
  • Capsaicina e piperina ( peperoncino e pepe)
  • Curcumina (curcuma)
  • Acidi grassi polinsaturi (peci,vegetali..)
  • Interferoni naturali (uncaria,echinacea)
  • Terpeni (conifere, erbe aromatiche)
  • Fibre vegetali solubili ed insolubili (legumi,funghi, ortaggi e frutta)
  • Antiblastici naturali:

Colchicina, alcaloide estratto dal Colchicum autumnale

Podofillina isolata dal Phodophillum peltatum (una pianta usata dagli indiani d’America per curare i condilomi cutanei)

Combretastatina, isolata dalla pianta africana Combretum caffrum Alcaloidi della Vinca rosea, (Vinblastina e vincristina)

Taxani , sono degli alcalodi isolati dal Taxus canadensis Antibiotici ottenuti da streptomiceti: l’adriamicina e l’adriablastina .

Queste sostanze esercitano un’azione comprovatamente adiuvante, ma non è nota la dose alla quale la somministrazione potrebbe essere efficace. Dei lavori clinici correlano negativamente l’azione di dosaggi eccessivi di vit A e l’insorgenza di alcuni tumori .

Fondamentale percio’è conoscere il meccanismo d’azione di tali sostanze di origine alimentare , i possibili effetti collaterali e le loro interferenze con i farmaci . Un meccanismo dose dipendente trasformerebbe l’alimento o l’estratto vegetale in un farmaco e, piu’ di una volta nella storia della farmacologia ciò è avvenuto. Non sempre pero’ l’azione di tali sostanze si esplica con un meccanismo dose dipendente .

Si reputa perciò saggio, inserire nella dieta giornaliera alternativamente, gli alimenti presenti nella nostra storia alimentare meglio se stagionali e possibilmente freschi e genuini.

Conclusioni:

Correlare alimentazione e cancro è estremamente complesso.

Vi sono fattori nutrizionali favorenti o e fattori nutrizionali protettivi verso la carcinogenesi. L’introito calorico globale eccessivo rispetto al consumo porta a sovrappeso ed obesità ed ha un comprovato rapporto con il cancro. Alimenti con effetto anabolizzante e pro mitotico o alimenti che stimolino la produzione endogena di sostanze con tale azione (insulina, Gh) possono favorire la carcinogenesi se somministrate cronicamente ed in quantità sovra fisiologiche. Gli alimenti ,specie quelli a maggior densità calorica contengono in se’ qualità spesso opposte e non vanno demonizzati ma usati con parsimonia .

Anche carenze nutrizionali (vit d, vit b12,ferro,selenio..) possono venirne implicate, in quanto interferiscono con il corretto funzionamento del sistema antiossidante e di difesa immunitaria (e di apoptosi e angiogenesi) del nostro organismo che spiegherebbe la maggior incidenza di tumori con l’avanzare dell’ età

Negli alimenti vi sono , purtroppo, carcinogeni provenienti dall’ ambiente (come fertilizzanti,diossine e metalli pesanti.) e carcinogeni introdotti volontariamente (conservanti , col oranti, emul si onanti..).

Si auspica perciò, la responsabilizzazione dei cittadini e un impegno comune nella lotta a tale inquinamento.

Gli alimenti protettivi verso la carcinogenesi sono realmente efficaci , ma non miracolosi e vanno introdotti con saggezza nel contesto di in una dieta equilibrata e varia. Se da un lato appare fondamentale un rigido controllo sui carcinogeni alimentari da parte delle autorità competenti , non sembra ragionevole imporre regole o restrizioni alimentari troppo rigide e quindi scarsamente eseguibili dalla popolazione. Auspicabile è la prevenzione primaria tramite l’istruzione e l’incitamento a seguire le linee guida per la corretta alimentazione, unitamente ad un miglioramento dello stile di vita e l’abbandono del fumo.



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