Trapianto di feci: per combatte batteri multi-resistenti e salva vite umane


Trapianto di feci in Italia: nuovaarma contro i batteri multiresistenti. La terapia, che attualmente sarebbe in una fase di studio avanzata, si baserebbe sulla possibilità di contrastare tutte quelle infezioni intestinali che avrebbero, all’origine, una forma di batteri resistenti agli antibiotici e praticamente attualmente difficilmente gestibili farmacologicamente. Ecco in cosa consiste e in che cliniche andare per effettuarlo.


La nuova frontiera della lotta al virus KPC è il trapianto fecale. Un’infezione da KPC è, per questi soggetti, assolutamente difficile da eliminare.

Il trapianto è un passo avanti, visto che punta a sconfiggere il KPC cioè la Klebsiella Pneumoniae Carbapenemasi, un’infezione batterica che resiste all’antibioticoterapia e che provoca sepsi sistemiche che possono condurre alla morte. “In circa la metà dei pazienti trattati finora, i dati preliminari mostrano una negativizzazione per KPC al follow-up a un mese – continua Gori – Sono risultati preliminari, ma l’aspetto interessante è che questa negativizzazione è visibile a una sola settimana dal trapianto“.

Trapianto di Microbiota Fecale (FMT), è l’infusione di una sospensione fecale da un individuo sano nel tratto gastro-intestinale di un paziente al fine di trattare una specifica malattia. Mediante il FMT si ipotizza di normalizzare il microbiota intestinale del ricevente aiutando ad alleviare i sintomi modulando la disbiosi. Il FMT può essere usato per pazienti affetti da infezioni multiresistenti (MDR), rettocolite ulcerosa, morbo di Crohn, etc. Attualmente in Italia vi sono poche informazioni disponibili che possano fornire un’adeguata educazione e preparazione del personale. Lo scopo di questo articolo è quello di analizzare la procedura di FMT attraverso una review di letteratura in pazienti pediatrici affetti da infezioni MDR discutendo le sue implicazioni nella pratica infermieristica.

MATERIALI E METODI E’ stata effettuata la ricerca di articoli rilevanti attraverso due database elettronici (Pubmed, CINAHL). In ogni database sono stati usati le seguenti parole chiave thesaurus: fecal transplant, gut microbiota, pediatric patient, pediatric nurse. Sono stati valutati: la procedura di trapianto, l’assistenza infermieristica, l’organizzazione infermieristica e l’educazione del paziente.

RISULTATI Una review di letteratura di 11 trial clinici e case report tra il 2010 e il 2014 hanno mostrato un tasso di successo del 92% di FMT in pazienti affetti da infezioni MDR. Inoltre, è stato dimostrato che il FMT è una procedura sicura, efficace, a basso costo e con pochi eventi avversi. L’infermiere ha un ruolo essenziale nell’assistenza ai pazienti pediatrici che ricevono il FMT, nell’educazione dei pazienti e dei familiari, nella valutazione clinica infermieristica, nel raccogliere dati e campioni in accordo con i protocolli. Lo staff infermieristico provvede inoltre alla comunicazione delle informazioni riguardo il FMT ai pazienti, ai loro familiari e ai donatori. In particolare, la preparazione del FMT attraverso l’educazione sulle prescrizioni pre-trattamento e la preparazione intestinale è di cruciale importanza per il successo della procedura. Sintomatologie o eventi avversi dovrebbero essere inclusi nella valutazione infermieristica.

CONCLUSIONI L’esecuzione del FMT si è mostrata come una buona opzione terapeutica per pazienti pediatrici affetti da infezioni MDR. Il ruolo dell’infermiere pediatrico per questo trattamento è quello di assistere pazienti e familiari nell’accettare il FMT attraverso una adeguata educazione, riducendo il livello di ansia e di contrarietà per l’antipatia naturale a questo tipo di procedura. La valutazione infermieristica del paziente dovrebbe includere la registrazione di segni vitali, scala di valutazione del dolore e la posizione durante il trattamento.

 Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI), note come InflammatoryBowelDisease (IBD), che comprendono la colite ulcerosa, il morbo di Crohn e le cosiddette “coliti indeterminate”, hanno una prevalenza tra 1 e 1,5 casi ogni 1000 persone, mentre l’incidenza è di 7-12 nuovi casi ogni 100.000 persone. Possono esordire a qualsiasi età, più frequentemente nei pazienti tra i 15 ed i 30 anni ed in quelli tra i 50 ed i 70 anni e sono più frequenti nei paesi del Nord Europa. Negli ultimi anni si è assistito ad un notevole aumento dell’incidenza anche nell’Europa mediterranea. I casi di IBD con esordio in età pediatrica sono in graduale aumento. Il 25% dei nuovi malati ha meno di 20 anni.
Un centro di eccellenza per la cura di queste patologie è il reparto di Gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliera Università di Padova, diretto dal Prof. Giacomo Carlo Sturniolo, coordinatore e docente del Corso Integrato di Specialità Medico Chirurgiche II nell’ambito del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia. Referente e docente della Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia. Coordinatore dell’indirizzo in Scienze Epatologiche e Gastroenterologiche della Scuola di Dottorato in Biologia e Medicina della Rigenerazione. Prof. Sturniolo ci parli delle principali malattie infiammatorie croniche intestinali Lo spettro clinico delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali è estremamente variabile, esprimendosi anche in forme lievi con scarsità di sintomi. Talvolta l’esiguità dei sintomi non consente un riconoscimento immediato della patologia.
La caratteristica principale è la presenza di un’infiammazione cronica a carico della mucosa dell’intestino che ha decorso intermittente e può causare complicanze severe. Tanto il morbo di Crohn quanto la colite ulcerosa, sono malattie ad andamento cronico o ricorrente, che si presentano infatti con periodi di latenza alternati a fasi di riacutizzazione. I sintomi che li caratterizzano sono generalmente molto diversi: nella maggior parte dei casi, il morbo di Crohn si manifesta inizialmente con diarrea e dolori addominali localizzati specialmente nella parte inferiore destra dell’addome, che corrisponde al tratto dell’intestino in cui più frequentemente è localizzata la malattia. La colite ulcerosa invece si manifesta quasi sempre con diarrea e presenza di sangue e muco nelle feci, cui spesso si associa una sensazione di incompleta evacuazione ed anemia. Nelle fasi di acutizzazione possono comparire stati di malessere generale come dimagrimento, stanchezza, inappetenza e febbre.
Con la speranza di curare il morbo di Crohn, così come le altre malattie intestinali, il reparto che Lei dirige, ha sperimentato una nuova tecnica, ovvero il trapianto fecale. In cosa consiste e quali sono i benefici? A Padova studiamo il microbioma da anni, e dallo scorso febbraio, con il primo “trapianto di microbiota fecale”, siamo passati dalla ricerca alle applicazioni. Nel nostro organismo abbiamo un numero di batteri e virus dieci milioni di volte il numero di cellule di tutto l’organismo. Se consideriamo che normalmente i batteri sono patogeni, dovremmo stare malissimo. Invece non succede, perché conviviamo molto bene con i batteri. A partire da queste considerazioni, e dallo studio comparato delle feci umane in diverse parti del mondo, la scienza ha concluso che c’è uno stretto legame tra il microbioma ed alcune malattie dell’intestino. Il microbiota intestinale è da considerarsi il quarto organo dell’apparato digerente, assieme al canale alimentare, il fegato con le vie biliari ed il pancreas. Non stupisce quindi se, ciò che siamo abituati a pensare come scarto nasconde invece grandi virtù. Al momento la scienza ne ha dimostrato l’efficacia contro il clostridium difficile, un batterio che, in alcune particolari condizioni, può scatenare una brutta infezione, anche letale, ma le potenzialità sono molteplici. Si pensa che possa curare, ad esempio, anche la colite ulcerosa ed il morbo di Crohn. Per gli interventi che abbiamo effettuato sui pazienti affetti da clostridium difficile, è stato necessario ricorrere alla sostituzione della flora batterica intestinale malata con quella di un donatore sano, allo stesso modo di una trasfusione di sangue. Il materiale fecale del donatore, opportunamente trattato e conservato incontaminato, è stato somministrato attraverso colonscopio con catetere, durante una colonscopia esplorativa.
Il ruolo della flora batterica intestinale L’organismo umano è abitato da un numero enorme di microbi; la maggioranza di essi si trova nel tratto gastrointestinale e costituisce il microbiota intestinale. Il microbiota non è una semplice riserva di microorganismi, bensì deve essere considerato come un vero e proprio organo . La composizione del microbiota intestinale non è ancora completamente nota. I batteri sono i componenti principali della flora intestinale umana: Bacteroidetes e Firmicutes sono i phyla più rappresentati, gli altri costituenti sono Archaea, Virus, Funghi e Protozoi . La maggior parte della “comunità microbica” che risiede nel nostro intestino non è coltivabile attraverso le tecniche microbiologiche standard.

Studi di metagenomica, attualmente in corso in diversi centri di ricerca, stanno dando un contributo fondamentale alla comprensione della composizione del microbiota intestinale, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Il microbiota intestinale è coinvolto in numerose funzioni dell’organismo umano che comprendono lo sviluppo e la modulazione dell’immunità locale e sistemica, oltre alla regolazione di diverse vie metaboliche; svolge, inoltre, un’azione di barriera contro gli agenti esogeni che transitano nell’intestino. Numerose evidenze scientifiche suggeriscono che la disregolazione dell’omeostasi della flora intestinale può portare allo sviluppo sia di patologie digestive che extradigestive, tra cui la sindrome dell’intestino irritabile (IBS)  , le malattie infiammatorie intestinali (IBD)  , il cancro del colon , le infezioni gastrointestinali, la steatosi epatica non alcolica, il diabete, l’obesità, la sindrome metabolica  e le allergie. In teoria, la ricostituzione di una flora intestinale “sana” rappresenta un valido approccio per la gestione delle malattie legate alla disregolazione del microbiota.

Antibiotici, probiotici e prebiotici sono attualmente le opzioni terapeutiche più utilizzate. Il FMT ha già dimostrato indubbia efficacia nella gestione della infezione ricorrente da C. difficile (CDI) ed è anche considerato una strategia terapeutica promettente per altre malattie associate allo squilibrio della flora intestinale. Trapianto di microbiota fecale: cenni di storia Il FMT è l’infusione di feci da un donatore sano a un ricevente malato per la cura di una specifica patologia. L’uso di FMT in campo medico e veterinario è stato segnalato fin dall’antichità  ma la prima documentazione clinica risale al 1958, quando Eiseman e la sua equipe chirurgica del Colorado hanno trattato con clisteri di feci un piccolo numero di soggetti con colite pseudomembranosa come terapia di salvataggio. Da allora sono state descritte diverse serie di casi sul FMT nella gestione delle CDI ricorrenti. La considerazione di FMT come un vero trapianto d’organo, invece che come una semplice infusione di feci, ha fornito le basi teoriche per testare il FMT anche in altre malattie legate al microbiota intestinale con risultati promettenti.

Obiettivo L’obiettivo di questo articolo è stato quello di eseguire una revisione della letteratura sul FMT, allo scopo di fornire una valutazione globale dell’efficacia e della sicurezza del trapianto di microbiota fecale, utilizzato come terapia clinica per varie malattie e condizioni pre-cliniche gastrointestinali METODOLOGIA Sono stati inclusi in questa revisione tutti gli articoli disponibili su MEDLINE in lingua inglese, inerenti all’efficacia clinica e alla sicurezza di FMT utilizzato come terapia clinica in soggetti umani. Questi studi hanno incluso studi randomizzati controllati (RCT) che hanno comparato il FMT con la terapia medica standard, con placebo o con nessun intervento, studi osservazionali compresi gli studi caso-controllo, studi di coorte e case-series (numero di pazienti trattati maggiore di uno). Le parole utilizzate per la ricerca sono state le seguenti: feces, stool o microbiota, combinati con transplantation, donor, donation, therapy, infusion, bacteriotherapy.

Il trapianto di feci. Clostridium difficile è un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae. È un batterio Gram positivo anaerobio. È patogeno per la nostra specie grazie a tre fattori di virulenza (enterotossina, spore e ialuronidasi). In condizioni normali il C. difficile non provoca grossi problemi trovandosi nel microbiota umano e tenuto sotto controllo dall’ecosistema. Un uso prolungato di antibiotici, per vari motivi, può alterare e ridurre la presenza dei batteri che tengono sotto controllo il C. difficile. In questo caso il batterio prolifera e diventa prevalente nel microbiota, causando patologie di varia natura, alcune molte gravi. In generale le complicazioni nascono dal danno delle pareti intestinali con possibile diffusione sistemica del C. difficile e quadro settico anche mortale. I sintomi correlati alla presenza di C. difficile sono caratterizzati da grave diarrea, astenia generalizzata e conseguente necessità di ricorrere all’uso di antibiotici che in alcune circostanze non funzionano e amplificano gli effetti indesiderati. Anche i comuni inibitori di pompa protonica possono favorire la diffusione del batterio. Nei soggetti con colite pseudomembranosa sostenuta da C. difficile resistente e in casi di colite ulcerosa non sensibile alle comuni terapie si è pensato di ripristinare l’ecosistema del colon ricorrendo all’introduzione diretta di microbiota umano sano. Questo si ottiene prelevandolo da feci di un soggetto sano (donatore) o, come descritto in alcuni casi, anche dallo stesso soggetto con la malattia in atto. Un’ampia revisione sull’argomento è stata pubblicata su Annals of Internal Medicine del maggio 2015 [D. Drekonja et al. Fecal Microbiota Transplantation for Clostridium difficile Infection: A Systematic Review – Ann. Intern. Med. 2015;162(9):630-8 ]. In questo studio la revisione ha evidenziato che per le infezioni ricorrenti da C. difficile la procedura di trapianto fecale ha avuto successo nell’85% dei casi. Sebbene vari ricercatori abbiano sottolineato l’importanza del metodo, i dati a disposizione non sembrano ancora sufficienti per stabilire vere e proprie linee guida. Si tratta di un argomento in rapida evoluzione con buoni risultati acquisiti, e la sua importanza “concettuale” consiste proprio nell’aver agito sulla base di una finalità “ecologica”: ripristinare il microambiente, stabilizzare il microbiota sano mettendo in atto una forma di terapia eziologica. È evidente che siano necessari approfondimenti sul rischio del materiale fecale introdotto e come ancora si debba lavorare sul tema, ma un’altra strada è stata costruita per risolvere problemi terapeutici altrimenti in stallo e in grado, se non risolti, di provocare anche la morte del paziente.

La ricerca è stata limitata alle condizioni cliniche e pre-cliniche di tipo gastrointestinale L’efficacia di FMT è stata definita come miglioramento clinico secondo la definizione fornita dagli autori di ciascuno studio. Il miglioramento clinico è stato definito come risoluzione della diarrea nelle condizioni di CDI e, se disponibile, la proporzione di pazienti liberi da recidiva durante il periodo di follow-up, definito come remissione clinica nelle condizioni di colite ulcerosa (UC) e morbo di Crohn (CD), nonché come miglioramento clinico nella pouchite, nella stipsi e nell’IBS. Sono stati riportati anche: la percentuale di pazienti che hanno sperimentato qualsiasi evento avverso (AE), l’esclusione dagli studi a causa di eventi avversi gravi (SAE) e gli eventi avversi potenzialmente associati con il FMT (perforazione, sepsi o batteri emiapost-trapianto e la trasmissione di malattie infettive). RISULTATI Sono stati individuati 1059 studi. 45 di essi hanno soddisfatto i criteri di inclusione e sono stati considerati per questa revisione. Solo 2 di questi studi sono RCT, tutti gli altri sono stati serie di casi o studi retrospettivi.

Gli studi sono stati pubblicati tra il 1958 e il 2013. Sono stati sottoposti ad FMT un totale di 1029 pazienti. L’efficacia clinica di FMT è stata valutata in pazienti con: CDI  (n = 883), IBD 27 (n = 112), IBS (n = 13), pouchite (n = 8), stipsi 17 (n = 3) e sindrome metabolica 32. L’età dei pazienti inclusi varia ampiamente ed è compresa tra 6 e 94 anni. Il follow-up riportato nei diversi studi è molto variabile: da10 giorni fino ad 8 anni nella CDI, da 12 settimane a 16, 5 anni nelle IBD, da 6 a 18 mesi nell’IBS, intorno a 4 settimane nella pouchite, da 1 a 28 mesi nella stispi e intorno a 6 settimane nella sindrome metabolica. Dei 45 studi inclusi, 2 sono randomizzati (nella CDI e nella sindrome metabolica); in questi, il FMT è stato confrontato rispettivamente con altri farmaci o con placebo. Van Nood et al. 33 hanno condotto un RCT in aperto in pazienti con CDI in cui l’infusione di feci dei donatori è stata preceduta da un ciclo breve di vancomicina e lavaggio intestinale, o da un ciclo standard di vancomicina, o da un ciclo standard di vancomicina e lavaggio intestinale.

Vrieze et al.   hanno condotto uno studio in doppio cieco controllato con placebo che ha confrontato il FMT da donatori magri con il FMT autologo in pazienti maschi affetti da sindrome metabolica. Gli altri 43 studi inclusi sono una serie di casi non controllati, in cui i pazienti sono stati trattati con FMT eseguito attraverso infusione di feci dal tratto gastrointestinale superiore (tubo di infusione attraverso stomaco, duodeno o digiuno, oppure ingestione orale di capsule rivestite contenenti materiale fecale ottenuto dopo centrifugazione di una sospensione di feci dei donatori), oppure attraverso infusioni dal tratto gastrointestinale inferiore (infusione per via endoscopica oppure infusione rettale tramite clisteri).

Sono stati utilizzati diversi donatori nei vari studi: i donatori sono in genere scelti tra i componenti della famiglia del ricevente, ad esempio il partner o i parenti di primo grado, oppure sono scelti tra gli amici o, più raramente, sono soggetti sani non imparentati. Per quanto concerne l’efficacia del FMT nelle CDI, in una serie di 33 casi pubblicati l’efficacia del FMT(definita come risoluzione della diarrea) variava dall’87,8% al 90,0% dopo ripetuti FMT. Questo dato di efficacia è paragonabile a quello riportato nell’unico RCT pubblicato sull’argomento che riporta una efficacia del FMT compreso tra l’81% ed il 94%. Una efficacia del FMT > 80% è stata ottenuta, inoltre, in altri studi che hanno incluso pazienti con CDI grave e complicata, pazienti ricoverati, pazienti immunocompromessi , pazienti con più di 3 episodi di CDI ()e pazienti con sottostante IBD 23. La risoluzione della diarrea e il follow-up libero da recidive (riportato in 21 studi su 34) sono stati dell’80,9% (range dal 46% al 100%).

Per quanto riguarda, infine, l’efficacia del FMT nelle IBD, di tutti i pazienti trattati 6 sono stati trattati per CD e 106 per UC; 4 pazienti con UC trattati da Greenberg et al. avevano una CDI concomitante. Tutti i pazienti avevano malattia attiva al momento dell’inclusione con grado di attività variabile da lieve a malattia refrattaria alla terapia. L’estensione della IBD è stata segnalata in 3 studi su 7. Il CD era ileo-colico (n = 3) e limitato al colon (n = 1) nella serie pubblicata da Vermeire et al. 31. Le UC erano per lo più pancoliti. La risposta al FMT è stata misurata mediante diversi metodi. Nei pazienti con UC sono stati utilizzati: un questionario dei sintomi pre e post-FMT; il punteggio di Mayo (clinico) 30; il punteggio totale di Mayo 28; il Pediatric UC Activity Index nei bambini 29; l’indice di Powell-Tuck modificato.


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