Robert Downey Jr, supereroe nel lavoro e nella vita


E’ salito, poi è caduto e poi si è rialzato con quella determinazione che gli ha infuso un’aura quasi mitica, proprio quella che gira intorno all’attore tipo Hollywoodiano: bello e dannato. Bello lo è senza dubbio Robert Downey Jr, e pure dannato, considerando che l’enfant prodige del cinema ame ricano ha avuto una vita travagliata fin dalla nascita, proseguita poi nel “peccato” fino all’epilogo (scontato) che lo vuole distrutto dalla droga e con una carriera alle spalle (promettente) destinata al fallimento.


Eppure, è riuscito a scampare dal finale tragico. Le premesse professionali, all’inizio della sua carriera erano certamente favorevoli, considerando che Robert aveva dato subito prova di quello che era capace di fare, ossia recitare bene. Viene scelto da William Friedkin (Vivere e morire a Los Angeles), da Marek Kanievska (per Al di là di tutti i limiti), da Roger Spottiswoode (Air America), da Richard Attenborough (Charlot). La sua interpretazione in Charlot ha destato molta ammirazione e reverenza, tanto da fargli guadagnare la nomination sia ai Golden Globe che agli Oscar. Il vero premio arriva però solo un anno dopo, nel 1993, quando mette le mani su un Golden Globe per “America oggi” di Robert Altman.

Un quadro senza sbavature in apparenza, eppure qualcosa non è andato come doveva andare. Non è ben chiaro quando siano iniziati i suoi problemi con alcol e droghe, ma è certo che lo hanno sedotto a lungo: eroina, cocaina, valium, marijuana erano diventate sostanze irrinunciabili per l’attore, che ne faceva un uso talmente smodato che un giorno è stato trovato anche in stato catatonico, mentre girovaga, scalzo, per le strade della sua città. E situazioni del genere erano le meno “imbarazzanti” nella lista di quelle in cui l’attore si è trovato svariate volte.

Risse da bar, guida in stato di ebbrezza, ubriachezza molesta, detenzione di droghe e soprattutto arresti. Robert Downey Jr. è stato arrestato più volte, soprattutto tra il 1996 ed i primi anni del nuovo millennio. La sua vita privata va alla deriva, Sarah Jessica Parker (attrice di “Sex and thè City” ) lo scarica dopo sette anni, poi si sposa, ma anche l’ex moglie lo lascia, esasperata dai suoi continui atteggiamenti borderline. Allontanato da produttori e registi, ormai convinti della sua inefficacia lavorativa, evitato dai colleghi attori, che ormai lo vedono come un prodotto prossimo alla scadenza, tutti lo davano per finito. Chissà se sarà stata la marijuana offerta da suo padre Robert Downey Sr. quando aveva appena 8 anni, o l’infanzia sotto i riflettori guidata da un bizzarro genitore, ad avere, in qualche modo, contribuito alla vita ingarbugliata di Downey Jr.

Non è dato saperlo ma sembrava proprio che un altro talento si stava bruciando con le sue stesse mani, nessuno poteva farci niente. Nessuno, tranne gli autori della serie “Ally McBeal”. Qualcuno ha creduto in lui, è andato oltre, e forte del reale talento dell’attore, ha voluto dargli una possibilità, quella di far parte del cast della celebre serie televisiva nel molo del fidanzato della protagonista. Certo, il molo è decisamente deprimente se si prende in considerazione il suo talento. Ma quella interpretazione riesce a restituire una parte di popolarità all’attore statunitense in profondo declino. Il pubblico lo ama.

I suoi demoni tornano però puntuali a fargli visita e in qualche modo riesce a farsi cacciare anche dalla produzione di Ally McBeal: un nuovo arresto costringe gli addetti ai lavori ad estrometterlo definitivamente dal cast. E se è vero che dietro ogni problema c’è un’opportunità, l’attore di Iron Man ne è la dimostrazione. Arriva una seconda occasione lavorativa, e a offrirgliela è il suo amico di vecchia data Mei Gibson che lo vuole in un musical di sua produzione.

Finalmente Robert decide di rigare dritto, e con tenacia, memore probabilmente anche di lunghe riflessioni personali dovute alla possibilità di perdere suo figlio a causa dei problemi con la legge, riagguanta la vita all’alba del fallimento. In molte interviste Robert dichiara che ad averlo aiutato nella lotta alla dipendenza è stata anche una particolare disciplina marziale cinese. La disintossicazione sembra completata.

Di lì a poco conosce quella che sarà la sua seconda moglie, Susan Levin, e con lei mette in piedi una sua casa di produzione, la Team Downey, e sarà lei a salvarlo testualmente, dato che non l’avrebbe mai sposato se non avesse chiuso con le sostanze stupefacenti. La consacrazione definitiva e la rivincita su un passato turbolento non potevano non manifestarsi anche con la ripresa della sua carriera professionale. Con Iron Man (2008) diretto da Jon Favreau, film in cui Robert interpreta un supereroe dedito alla salvezza del mondo, e l’anno successivo con Sherlock Holmes di Guy Ritchie, Robert Downey Jr. toma definitivamente in carreggiata. E intende rimanerci, con tutte le sue forze. Entrambe le pellicole hanno infatti ottenuto un successo notevole, proprio come il suo interprete, che alla fine è riuscito a uscire vincitore da una delle guerre più temibili: quella contro se stesso.


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