Simona Izzo e Ricky Tognazzi, loro un grandissimo legame


Questo articolo in breve

Vulcanica. Istrionica. Presente. Presentissima: «Ora ti passo Ricky », promette più volte nel corso della telefonata. Ma non lo farà mai. Lui alle sue spalle borbotta, si lamenta ma resta là, una presenza silente dall’altra parte del telefono. È la caratteristica dinamica di casa Izzo-Tognazzi, una ditta, anzi una SpA la cui sigla, spiega lei, sta per Società per Amore. Più di 30 film insieme, 25 anni di matrimonio, nessun figlio ma una famiglia allargata di figli di altri (Francesco Saverio, avuto da Simona con Antonello Venditti, e Sarah, figlia di Ricky e Flavia Toso) e nipoti (Licia di 22 anni, Tommaso di 20, Leonardo di 4 e Mia di 1), un circo insomma con ruoli precisi: il capocomico, Ricky, e la domatrice, Simona. «Per noi fare un film è come progettare il figlio che non abbiamo mai avuto. Raccontare storie è una forma di gravidanza, nove mesi è il tempo giusto anche per un soggetto. Così la nostra storia riesce a durare da almeno 34 anni: perché ci divertiamo.


Ridiamo e ci scanniamo come matti». In onda su Raiuno dal 23 febbraio per tre puntate, il lavoro più recente partorito dalla coppia è la seconda parte di una serie – La vita promessa – iniziata nel 2018 e rivelatasi fin dal principio un grande successo di pubblico. Più di sei milioni di telespettatori per la storia di Carmela (Luisa Ranieri), madre coraggio siciliana che negli anni Venti, dopo l’assassinio del marito, prende la decisione di trasferirsi con i figli negli Stati Uniti. «Il successo lo si deve innanzitutto a Luisa Ranieri, una donna dotata di un’empatia incredibile. Il direttore di rete dice che è la nostra Ava Gardner, la direttrice di Rai Fiction la descrive come portatrice di una bellezza antica. Per me se il sorriso avesse un nome si chiamerebbe Luisa: è mediterranea, accogliente, una madre e una moglie presente anche nella vita vera, e il pubblico lo sente.

Sul set non faceva che chiamare Luca [Zingaretti, ndr] e le bambine». Scritta assieme a Tognazzi e Franco Bernini, da un soggetto di Laura Marotta e Franco Toscano, La vita promessa 2 riprende da dove l’avevamo lasciata – la pallottola, sparata vicina al cuore ma non troppo da Antonio a Vincenzo Spanò – e riprende un tema molto caro alla Izzo: «Lo sguardo delle madri sui figli. Carmela è una che non molla, una madre che vigila, anche un po’ ossessiva. Ha la sua cucciolata e la protegge, ma allo stesso tempo vuole essere protetta dall’amore dei suoi figli. Come la capisco. A volte mio figlio dice che gli riempio la vita, pure troppo.

Ma io sono così, non mollo mai: se mia nuora mi dice che lui ha la febbre, ho la tentazione di preparargli il brodo e portarglielo. E ancora oggi, quando vado al mare con lui e si immerge in acqua, resto là a sorvegliare la posizione della testa». Sarà che, come Carmela, anche Simona è diventata nonna da giovane. «Ero nonna quando le mie amiche diventavano mamme, e ho messo in Carmela quella voluttà di sentirsi chiamare nonna pur essendo nel fiore dell’età. Oggi ovviamente ho smesso: ai miei nipoti dico che va benissimo se mi chiamano Simona. Ma come nonna mi piaccio, anzi sono più brava di quando ero madre.

Di certo sono più ansiosa di allora: dalla pertosse ai fatti di cuore dei ragazzi, non mi perdo un problema». La presenza di Ricky, regista della serie, è forte anche in scrittura. È sua, racconta Simona, l’idea di scegliere Francesco Arca nel ruolo dello stalker Vincenzo: «L’ha voluto lui il sex symbol nella serie. Ma io sono stata subito d’accordo. In casa abbiamo uno studio dove io mi metto a scrivere, e lui va avanti e indietro dalla stanza come un leone in gabbia.

A un certo punto mi si piazza alle spalle e incombe. Mi sorveglia come si fa con i soffritti. Quando cucino, io butto le cipolle e me ne vado. Lui no, dice che si deve restare davanti alla padella per sentire il crepitio della cipolla. Con me fa come se controllasse una ricetta, mi aggiusta gli ingredienti come uno chef: troppo sale, poco zucchero, a volte mi fa davvero arrabbiare». Del resto, come ripete spesso Tognazzi, lavorare con Simona richiede una certa flessibilità: «C’è la mia verità, c’è la sua verità e c’è la nostra verità, che di solito è la sua». Eppure, da tre decenni la ricetta funziona. «Tutto nasce dal desiderio di far felice l’altro. Io sono felice se Ricky è felice.

Sono una romantica monomaniaca, ho avuto due mariti, ma nel cuore c’è solo quello presente. E dire che hanno tentato di separarci, professionalmente e come coppia, ma non ci sono riusciti. Lo sorveglio a 360 gradi, le altre ci devono solo provare a toccarlo… E sorveglio anche me, perche le tentazioni le abbiamo tutti. È un lavoro spaventoso, l’amore». Vicini alle nozze d’argento, per il loro anniversario condividono un sogno: «Ricordarcelo. Ci dimentichiamo le ricorrenze, poi realizziamo che dovremmo festeggiare e allora scegliamo un giorno a caso e ci facciamo gli auguri. Te lo racconta Ricky, ci vuoi parlare?».


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