Alessandra Mastronardi, ecco come è diventata Carla Fracci


Questo articolo in breve

Si intitola semplicemente Carla il film dedicato a Carla Fracci, l’étoile che il mondo ci ha invidiato, scomparsa lo scorso maggio. Nella pellicola, liberamente ispirata alla sua autobiografia Passo dopo passo (2013) e che vedremo al cinema dall’8 al 10 novembre e su Raiuno il 5 dicembre, viene infatti raccontato l’aspetto più intimo e sconosciuto della Fracci, la sua parabola non solo professionale ma anche umana.


All’inizio c’è la piccola Carlina, sfollata in campagna durante la guerra assieme alla nonna, che per sfuggire al rumore dei bombardamenti, osserva il volo delle libellule restando colpita dalla loro grazia. Viene poi descritta la sua famiglia semplice e perbene, la mamma Santina (interpretata da Maria Amelia Monti) e il padre Luigi (Pietro Ragusa), di professione tranviere, che fermava il tram davanti alla Scala per accompagnare la figlia alle lezioni di danza.

E infine c’è la crescita parallela della Fracci, ballerina di fama mondiale, e di Carla, la donna che si innamora ricambiata di Beppe Menegatti, marito e regista di quasi tutti i suoi spettacoli, e che diventa mamma di Francesco, in un’epoca in cui per una ballerina avere un figlio era una ghigliottina per la carriera. La sfida di prestare il volto e il corpo a una delle più grandi étoile del XX secolo è stata accolta da Alessandra Mastronardi, che riesce a rendere i due aspetti fondamentali di Carla Fracci: era leggera come una libellula e forte e determinata come una roccia.

La Fracci, assieme al marito e alla fidata assistente Luisa Graziadei, negli ultimi mesi di vita poté assistere alle riprese del film, molte delle quali si sono svolte all’interno del Teatro alla Scala di Milano, dando la propria consulenza. «È la prima volta in cinquant’anni che salgo su un palco senza ballare», aveva detto la grande ballerina, mentre dalle quinte osservava la Mastronardi calarsi nel ruolo. «Le chiesi con quale cifra voleva che io la raccontassi, e lei mi rispose: la forza!», dice l’attrice. Diretto da Emanuele Imbucci, il film mostra quello che si nascondeva dietro al sorriso della Fracci e alla lievità dei suoi passi: le lacrime, le ferite ai piedi, il senso di ferrea disciplina che la portava a essere molto severa con se stessa.

Ma racconta anche il suo non aver rinunciato alla passione, all’amore e al desiderio di costruire una famiglia, quella che poi le è rimasta accanto fino all’ultimo. «Abbiamo enfatizzato il suo aver saputo essere una donna contemporanea », dice il regista, «per cui avere una carriera e un figlio non rappresenta una sfida ma un diritto». Il film si concentra infatti su un episodio centrale della vita e della carriera di Carla Fracci quando, ferma da un anno dopo la nascita di Francesco, accoglie la sfida del grande ballerino russo, nonché amico fraterno, Rudolf Nureyev (interpretato dall’attore francese Léo Dussollier) di riportare in scena alla Scala Lo Schiaccianoci di Tchaikovsky in soli cinque giorni.

La sfida è intrigante e altrettanto folle, i tempi sono strettissimi, la coreografia complessa e Rudy non è una persona che accetta un “no”. Inoltre, nessuna ballerina è tornata a danzare ad alti livelli dopo una gravidanza, ma Carla Fracci non si sottrae, fedele al suo spirito indomito e alla sua passione per la danza. «Quando ballo, io sono felice », dice nel film. Un talento e una determinazione che, undici anni dopo, nel 1981 fecero scrivere al New York Times: «La Fracci è la prima ballerina assoluta». «Ricordo un pomeriggio, eravamo ancora in fase di scrittura del film e avevo raccolto molto materiale, anche fotografico, sugli spettacoli di Carla Fracci e sulla sua vita.

Ci incontrammo perché mi aiutasse a selezionare quelli che per lei erano stati importanti. Eravamo seduti distanti, entrambi con indosso la mascherina, ma vidi che scorrendo le immagini del suo passato a Carla brillavano gli occhi. Ci aveva creduto tanto, ci credeva. Pian piano la distanza fisica tra noi si accorciò, passammo due ore in cui ricordò e mi raccontò. Da quel racconto è nata l’idea di non fare una pellicola per tappe cronologiche, bensì di svelare la Fracci più intima», rivela sempre Imbucci.

E nel contempo si voleva dare pure uno spaccato della Milano del dopoguerra: le divisioni per classi, la dedizione al lavoro, il valore della famiglia. Certo, per Alessandra Mastronardi non è stato facile entrare in un personaggio tanto complesso, sia dal punto di vista psicologico sia da quello tecnico. «Nelle scene in cui danzo», spiega l’attrice, «sono stata sostituita da una controfigura eccezionale, Susanna Salvi, che è un’étoile del Teatro dell’Opera di Roma. Ma io da piccola ho fatto ginnastica artistica e non avevo mai indossato un paio di scarpette da punta. Ho dovuto prendere lezioni di danza per imparare i passi base e la postura, però eravamo durante il secondo lockdown e all’inizio io e l’insegnante ci siamo connesse da remoto. Non avendo una sbarra, mi appoggiavo all’asse da stiro».


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