Papa Francesco ha inviato una lettera a Lino Banfi


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Si erano visti in dicembre, fra un lockdown e l’altro, e a dirla tutta sembravano fatti apposta per diventare grandi amici, parevano fatti l’uno della stessa pasta dell’altro, coetanei del 1936 e spassosamente simpatici, cordiali, alla mano con tutti. Così l’intesa fra Lino Banfi e Papa Francesco in questi mesi è cresciuta parecchio, si è rinforzata, è diventata uno scambio epistolare.


«Gli avevo scritto in primavera, per ringraziarlo di avermi ricevuto a dicembre, a Santa Marta, in Vaticano, nei giorni del suo compleanno, l’ottantaquattresimo. Mi era venuto incontro per dirmi che ero una persona importante, ero conosciuto come il “nonno d’Italia”. Al che gli avevo risposto che lui era l’abuelo del mundo, il nonno del mondo…».

Gli anni, 85, Banfi li ha compiuti in luglio e ha potuto festeggiarli con una lettera di Bergoglio che l’attore ha voluto diffondere in questi giorni, «una volta ricevuta l’autorizzazione dal Vaticano, del resto era troppo bella per lasciarla in cornice e tenerla solo per me», ha detto Lino. «Essere nonno di una nazione intera è davvero impegnativo, ma allo stesso tempo entusiasmante, i nonni sono custodi della memoria e delle radici, a essi va l’affetto, la vicinanza e la gratitudine da parte di tutti», scrive il Papa al grande comico.

«Un’emozione strepitosa», non può che dire il Banfi nazionale, che a questo punto culla ben due sogni nel cassetto: «Il primo è quello di diventare il giullare del Papa, immaginare che quando lui è triste qualcuno dica: “Chiamate Banfi!”. E io arrivo con la mia valigetta, come un medico». Il sogno numero due? «Il primo marzo del 2022 festeggio le nozze di diamante. A mia moglie Lucia dico che saranno nozze “di amante”, perché dopo dieci anni di fidanzamento e sessanta di matrimonio, con il tempo che ci rimane faremo gli amanti.

Ci sposammo al freddo a Canosa di Puglia, alle sei del mattino. In sagrestia le promisi: un giorno faremo una festa come si deve e voglio pure U’ Pep, il Papa». A U’ Pep Lino strappò una risata anche raccontandogli dei suoi anni in seminario, ad Andria, quando era undicenne, «i miei genitori volevano che mi facessi prete, ma fui cacciato nel giro di pochi anni: ero troppo impertinente, mi arrampicavo sul cornicione per spiare le suore di clausura che alloggiavano nel convento vicino».

Con i Papi, Lino Banfi in realtà vanta un autentico e storico feeling, «ho più volte incontrato anche Joseph Ratzinger, l’ultima dopo le sue dimissioni, un colloquio di tre quarti d’ora in cui si è rivelato, tra l’altro, un grande appassionato della mia Puglia e dei suoi prodotti. Karol Wojtyla, invece, disse a mia moglie che era fortunata, perché aveva un marito che la faceva ridere, ottenendo però come secca risposta la frase: “Mica tanto, spesso è triste”».

Ma con Bergoglio, c’è da dirlo, è scattato qualcosa in più. Papa Francesco è arrivato a dirgli che il dono del sorriso viene da Dio ed è una missione: «Grazie per essere un testimone della gioia, continua a far sorridere tutti, perché il sorriso è una carezza fatta col cuore, continua a trovare la tua gioia più intensa nella gioia degli altri e in questa luce di gioia altruistica continua a trasmettere i valori della famiglia, i valori che contano davvero». Quasi un inno teologico all’arte di Banfi. Per lui è un momento magico, passa il tempo e resta in gran forma, ha tantissima energia, l’unico motivo di profonda tristezza gli viene dalla moglie Lucia, «con i migliori neurologi stiamo cercando di rallentare il decorso della sua malattia, l’Alzheimer, speriamo che anche le parole del Papa possano aiutarla, spesso mi ripete: “Ma ti rendi co

nto, Lino? U’ Pep ti ha scritto e non due parole…”». Sempre più calato nei panni di “nonno della patria”, l’ex re della commedia sexy all’italiana, e più in generale della risata popolare, ricorda a tutti che in fondo la vocazione a far ridere la consacrò un vescovo in odore di santità, quel monsignor Giuseppe Di Donna che lo invitò a lasciare il seminario quando aveva 15 anni, sul finire degli anni Quaranta: «Zagaria (questo il vero cognome del comico, ndr), tu hai la vocazione di strappar risate, non di fare il prete». Questo accadeva tanto tempo fa. Ma adesso Papa Bergoglio lo ha ribadito nella sua splendida lettera.


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