Simona Ventura si racconta tra amore e lavoro


C’è un nuovo mondo nell’universo di Simona Ventura. Una dimensione moderna, creativa, che mescola passato e futuro, ricordi e progetti, con un’agilità che lei conosce bene. Elegante, in un completo grigio con dettagli fluo, ci accoglie nell’ufficio di Milano «una fabbrica di idee», come tiene a precisare: un open space, finestre immense, pareti bianche come un foglio sul quale sta scrivendo a quattro mani con il compagno Giovanni Terzi, un corposo capitolo di vita, fatto di lavoro, amore, idee. «Abbiamo preso questo spazio lo scorso anno, in coworking, e per me è una factory di creatività nella quale prendono vita le idee. Stiamo sviluppando sempre più la società di produzione, la Si.Ve, con progetti, tra gli altri, per Discovery e Real Time.


A me e Giovanni piace essere insieme nella scoperta di nuove realtà, ne sentiamo il bisogno e ci diverte», racconta Simona. «C’è sempre fermento tra queste pareti: sarà la sede del network che stiamo mettendo in pista. E magari questa fabbrica di idee prima o poi potrebbe andare in streaming, mostrando la nostra quotidianità, un po’ come era stato all’inizio per Discovering Simo, che ora invece è un viaggio itinerante nel quale racconto i luoghi e le persone che mi hanno colpito in giro per l’Italia». Le parole di Simona corrono veloci come i suoi pensieri. «Per il futuro immagino un network capace di abbracciare nuove leve, giovani talenti, permettendo loro di esprimersi, di lavorare.

Ho sempre fatto scouting in Tv e anche adesso, con la mia amica Paola Perego, nel programma Citofonare Rai2, lo stiamo facendo, lanciando nuovi volti», spiega, mentre si accomoda su un lungo divano, un Chesterfield color cappuccino, protetto alle spalle da una imponente libreria d’epoca zeppa di libri e foto, che sa di vita e suggerisce ricordi. «È inglese, dei primi del Novecento, è appartenuta al papà di Giovanni (Antonio Terzi, celebre giornalista, ndr).

Ci siamo occupati noi di arredare questo spazio e per renderlo così accogliente abbiamo unito dettagli delle nostre vite precedenti, dei vari traslochi », spiega Simona indicando un altro divano, rosso. «Mi segue sempre, negli anni me lo sono portata dappertutto: penso mi porti fortuna. Lo chiamo “il sanguigno” per il suo colore. L’avevo preso per il mio ristorante, il Satin: un’esperienza emozionante, ma non fortunatissima in termini imprenditoriali. Lavoravo troppo per poterlo seguire», ricorda. «Mi rilassa fare l’interior designer, se non avessi fatto Tv avrei tentato quel tipo di carriera.

Penso di avere un buon senso estetico e amo far convivere tutto». Dietro alla scrivania di Simona appaiono in parata le immagini di una vita passata in Tv. Ci sono i lustrini, gli abiti da sogno, i suoi sorrisi e le pose che l’hanno resa icona, i look che hanno ispirato coiffeur e make up artist. «Guardandole mi emoziono ancora. Dalla fine degli anni Novanta al 2011 sono stati anni pazzeschi, di grande crescita. Ho lavorato tantissimo, spesso ininterrottamente. Avevo molto successo, eppure mi sentivo sola, triste. C’erano i figli, per fortuna, eppure mi mancava qualcosa». Un momento di pausa e prosegue: «Ho sempre vissuto a testa alta nei miei percorsi sentimentali, professionali, nei successi e negli insuccessi. Sono caduta e ho imparato a rialzarmi. E a fare tesoro di ogni istante.

Non amo guardarmi indietro, crogiolandomi tra rimpianti e rimorsi. Voglio guardare avanti, concentrarmi sul presente, pensare che ciò che sono oggi sia frutto di quello che sono stata ieri. E sai cosa? Sono una donna serena, una mamma orgogliosa di tre figli splendidi che stanno inseguendo i loro sogni, una professionista in perpetuo movimento. E, da quasi tre anni a questa parte, ogni passo lo voglio condividere con Giovanni: per sentirmi completa avevo bisogno di una persona come lui». Lo guarda con tenerezza e prosegue: «L’ho incontrato alla fine del 2018, quando pensavo che probabilmente avrei avuto tante cose nella vita, ma non l’amore. Ero disillusa.

Poi, però, quando è arrivato lui ci siamo riconosciuti, trovati, piaciuti, innamorati. Mi sono da subito sentita protetta in questa relazione: amiamo le stesse cose, parliamo di tutto, ci sosteniamo. Passiamo insieme praticamente 24 ore su 24 e, se non accade, ci manchiamo. È un amore romantico, il nostro, e di costruzione continua ». Non solo nell’anima… «Abbiamo messo su casa insieme, sommato tre figli miei e due suoi, dando vita a una grande famiglia allargata.

L’unico esperimento di convivenza mal riuscito è stato quello dei nostri cani: il mio Ugo vive sempre con noi, il suo Rocco ora sta beato in campagna». Giovanni la ascolta e annuisce. «Simona mi ha appassionato istintivamente per come è: articolata, con tante donne in una sola, poi è perbene, non sa fare del male, è fragile e combattiva insieme. Ed è di una generosità e semplicità d’animo uniche. È vero che parliamo di tutto. Dal primo momento ci siamo raccontati le nostre vite, le nostre paure, e ci siamo presi per mano», confida Terzi, appoggiandosi alla libreria del padre. «L’ho perso vent’anni fa, mia madre invece da dieci.

È un oggetto affettivamente importante e, messo in un luogo creato da noi, mi dà una sensazione di inclusione, come se i miei conoscessero Simona da sempre. Ti dirò di più: quando è entrata nella mia vita ho pensato fossero stati i miei genitori ad averla mandata da me». Poi confida: «Avevo alle spalle rapporti importanti, due figli, ma anche relazioni strampalate e fallimentari. Non avevo più entusiasmo, ero scettico, smarrito. Lei mi ha salvato la vita: mi ha dato una prospettiva, un progetto, nuovo slancio. Io ho bisogno di Simona. Se mi chiedi che cosa sogno per il domani, il mio sogno ce l’ho già: la nostra vita insieme. Fatta di idee, confronto, raccontandoci pezzi di noi che danno vita a progetti comuni. Vorrei andare avanti così, fino a 150 anni».


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