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Un traguardo lo raggiungerà  se la mira contro l’Atalanta sarà la stessa di sempre. Perché se certi numeri, vedi l’età, per Zlatan Ibrahimovic non contano, altri invece pesano eccome: sono l’unità di misura che aiuta ad aggiornare le dimensioni di un fenomeno in continua evoluzione, un effetto speciale da un metro e 95 per 95 chili che sfida le leggi del tempo e della fisica. Vincendo sempre. Ibra oggi comincia dal 600, come le presenze che toccherà nei campionati giocati in carriera mettendo piede in campo oggi. Poi, impegnato su tutti i fronti come il suo Milan in corsa per tutto, si dedicherà al gol: siamo a 498 in tutte le competizioni con i club (in 821 match) e quota 500 dista appena una doppietta. Ovvero il suo vizio di stagione: Zlatan ne ha firmate 5 in 8 partite di questa A, Gollini è avvisato.

Ibra spalma presenze e gol in campionato da 23 anni. In un campionato, quello svedese, ha fatto il suo debutto da professionista, nel settembre del 1999, e sempre nello stesso torneo ha cominciato a segnare, il 30 ottobre dello stesso anno contro il Vastra Frolunda. Anche lui, come il Milan, è sceso in B, ma dalla seconda divisione è risalito con i gradi di trascinatore e la medaglia del bomber: nel 2000 andò in doppia cifra per la prima volta sia in campo che sotto porta, 26 presenze e 12 reti.

Da allora Ibra ha attraversato sette Paesi e due continenti, mantenendo quasi sempre lo stesso ritmo: dall’Ajax al Milan di oggi ha giocato tra le 18 e le 35 partite per campionato, raccogliendo “scudetti” quasi ovunque – 4 in Italia e in Francia, 2 in Olanda, uno in Spagna – e marchiandoli con i suoi gol, 393 nei soli campionati nazionali (il bilancio sale a 394 considerando le due presenze nei playoff di Mls con i Galaxy, esclusi però dal nostro conteggio). Ibra si è fermato solo in un campionato, quello della riabilitazione dopo il crac al crociato con lo United che lo tenne lontano dal campo per sette mesi. Il ginocchio destro sarebbe potuto essere la sua kryptonite, invece Ibra si è rimesso in sesto magnificamente, oltre ogni attesa. Proprio come accaduto con il ritorno al Milan e in A. Contro l’Atalanta peraltro lo svedese pareggerà da rossonero le 88 presenze in campionato da interista (coppe incluse, l’Ibra milanista batte già il “cugino” 118 a 117).

A 39 anni, i problemi muscolari che lo hanno costretto a due mesi di stop alla fine del 2020 somigliano insomma più a dei semplici acciacchi, anche perché mister 600 recupera e rilancia in fretta, come ha fatto a Cagliari. Oggi, dalle sue parti, ritroverà la freschezza di Leao, mentre Mandzukic fremerà in panchina e Pioli studierà la formula migliore per fare coesistere i due giganti e togliere punti di riferimento agli avversari: «Mario è arrivato con l’idea di giocare anche insieme a Zlatan». Magari servirà ancora un po’ di tempo, ma Mandzukic potrà fare con calma: Ibra l’infinito sarà lì ad aspettarlo.
Il numero è dieci. Come i punti di ritardo dal Milan che sta lassù. Dieci come decimo assalto personale a una capolista: da quando è sulla panchina dell’Atalanta, estate 2016, a Gian Piero Gasperini è successo nove volte di incrociare la squadra posizionata in testa alla classifica all’inizio della giornata da giocare. E non ha mai vinto. La cosa non può fare notizia, «a meno che non dobbiamo considerarci in lotta per lo scudetto – ha sorriso ieri il Gasp – come pure ho sentito dire: in quel caso, perdendo domani, sarebbe una stagione fallimentare…». E però non è neanche così scontata: è da un bel po’ che l’Atalanta ha iniziato a dare fastidio a chiunque, anche alle grandi.

La storia dice che quella capolista non è mai stata il Milan, e neanche questo è clamoroso: solo da questo campionato i rossoneri respirano di nuovo aria di vertice. Dunque sempre Juve, una volta il Napoli e una l’Inter: quattro sconfitte, ma senza mai sbracare, e cinque pareggi. Gli ultimi due con non pochi rimpianti. Un anno fa, a San Siro, la Dea spaventò l’Inter di Conte, tornando a casa con un grande dubbio (un fallo in area di Lau-taro Martinez su Toloi) e un altrettanto grande rimorso, quello dell’infallibile (dal dischetto) Muriel, che a due minuti dalla fine si fece parare un rigore da Handanovic. Lo scorso luglio, allo Stadium, la Juventus fu costretta a rincorrere per due volte: salvandosi non in corner ma dagli undici metri, con due rigori (quello per mani di De Ro-on molto discusso) di Cristiano Ronaldo, il secondo al 90’. Dunque due pareggi in trasferta: considerando anche quello del maggio 2019 con la Juve, l’Ata-lanta di Gasperini fuori casa non perde contro la capolista da tre gare consecutive.

Sarebbe ben accolto, considerando il trend del Milan, anche il terzo pareggio di fila (dopo Genoa e Udinese) nel campionato in corso? Questo Gasperini non lo dice e di sicuro non lo pensa prima di giocare. Quel che dice è che «forse erano anomale le venti palle gol di alcune partire precedenti». Ma soprattutto ciò che spera è che oggi sia una gara diversa rispetto a quelle ultime due. Diciamo più “aperta” e meno spezzettata: «A Udine abbiamo giocato poco più di 40 ’ effettivi: così manca la continuità di ritmo. Avevo apprezzato molto gli arbitraggi più “all’europea” della prime dieci giornate, oggi si cerca già di strappare ogni punto come se fosse decisivo». Il Milan non lo farà, ma non significa che sarà una gara più facile: solo più compatibile con il calcio dell’Atalanta. «Credo si sfideranno due squadre che proveranno a fare il loro gioco. A imporsi con le loro caratteristiche».

Quelle del Milan, dice Gasp, sono «gambe, velocità, tecnica e fisicità». Con una abbondante spruzzata di rinforzi dal mercato di gennaio: «Il club ha capito che può essere l’anno buono e dunque ha visto l’opportunità di intervenire: è il segnale che sono andati oltre le speranze di inizio campionato. E Man-dzukic e Tomori possono essere già della partita: la leggo come volontà di cogliere l’attimo, più che come timore dell’Atalanta» .E a proposito di timori: dieci è anche la differenza fra il numero dei rigori avuti dal Milan (12) e quelli della Dea (2). Ma stavolta a Gasperini non scappa neanche la battuta («L’esperienza serve pure per prendere i rigori») di martedì: «Perché noi solo due? Perché noi siamo meno bravi. Perché il Milan 12? Questo non lo so».


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