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Lazio – Roma Streaming, dove vedere la partita in tv

La partita Lazio – Roma verrà trasmessa Sabato 2 Marzo in diretta e in esclusiva da Sky e nello specifico su Sky sport Serie A canale 102 Sky Sport 251. Tutti gli abbonati Sky potranno seguire la partita in streaming anche da dispositivi mobili come smartphone, pc, tablet e attraverso le piattaforme online Sky Go e Now TV. Molti sono i portali che danno la possibilità di assistere ad eventi sportivi in diretta streaming e sono davvero tanti. Esistono anche tanti siti che propongono eventi dal vivo, ma che non sono legali e danno anche nella stragrande maggioranza dei casi problemi e scarsa qualità video e audio. In genere questi siti vengono anche essere oscurati dalla Polizia informatica, proprio per la violazione del diritto di riproduzione. Esistono quindi dei portali legali che danno la possibilità di poter vedere le partite di calcio in streaming live, offrendo anche una qualità HD. Tra queste non possiamo non citare Sky Go e Premium Play che sono a pagamento, mentre altri sono gratuiti.

Rojadirecta Lazio – Roma

ROJADIRECTA Lazio – Roma– Come sito di streaming gratuito uno dei più famosi è Rojadirecta. Il sito spagnolo dovrebbe presentare il link della gara poco prima dell’inizio del match. Vi ricordiamo, come sempre, di non usare questa pratica, visto che potreste incorrere in multe e sanzioni elevate.

Parafrasando la vita. Il derby è quello che succede mentre ne hai pensato un altro completamente diverso, hi ogni caso, un fotoromanzo. Non potendo contare sulla certezza del gioco di squadra, il racconto del derby dovrà necessariamente spostarsi e sposarsi all’epica dei singoli, lo spessore voltaico dei personaggi, chi si accende da eroe e chi no da mammoletta, e le sfide, fìsiche e immaginarie, l’uno contro uno.

Le più ovvie, Dzeko contro Acerbi e Immobile contro Manolas. Lo ha detto l’altro giorno Walter Sabatini: «Ho preso Dzeko perché la Roma aveva bisogno di un nuovo eroe dopo Totti». Così non è stato, perché non c’è e forse non ci sarà mai alla Roma la possibilità di combinare la preposizione “dopo” al nome “Totti”. Dzeko non ha mai nemmeno sfiorato l’impresa, se non quel giorno che è arrivato a Fiumicino, davanti a una folla ancora disposta a trasfigurarlo. Tra alti molto alti e bassi troppo bassi, il ragazzo di Sarajevo ha fatto fatica a oscurare anche il ricordo di Pruzzo e forse quello di Voéller.

Personalità indecifrabile, quando dio biondo e quando malinconica comparsa. Come in tantissimi ipersensibili, Edin lo è, il sintomo è la balbuzie, nella parola come nella vita, intermittenza con cui ti accendi, i salti umorali senza rete, tra il paradiso e l’abisso. Quello recentissimo è forse il miglior Dzeko mai visto a Roma, un superdotato di tecnica e di fisico, logorroico di bocca e di piede, bello e rabbioso, mai così leader, un insieme di John Holmes e Gary Cooper, quello di ‘Mezzogiorno di fuoco”. A duellare con lui, ma sarà sera e le luci artificiali, Francesco Acerbi. Un eroe a prescindere da quello che sarà o non sarà il derby.

E uomo che martedì ha cancellato dall’Olimpico Piatek il Terrìbile. Disinnescato con stile e prepotenza. I tifosi laziali odiavano l’idea di aver perso imo come De Vnj. A distanza di pochi mesi fanno fatica anche a ricordare la faccia dell’olandese. Acerbi ha battuto due volte il tumore. Non ha mollato la prima volta e meno che mai la seconda, recidivo e più che mai aggressivo. Può aver paura di Dzeko o di chiunque altro? Il male lo ha aggredito ai testicoli e i suoi testicoli, da reali a immaginari, sono diventati giganteschi. Speciali, almeno quanto quelli di Pablo Simeone, senza die lui senta il bisogno di mostrarli a uno stadio intero. Dalla malattia in poi, Acabi è diventato un corpo mistico e una testa da condottiero, un Highlander che trascina gli altri nell’emozione dell’impossibile dopo ava trascinato se stesso. La sua impresa è permanente, quotidiana, come il miracolo di essa e vivo. Acabi non dimentica. La memoria è il suo ferro. Lui dice ogni volta grazie a Dio, ma deve dirlo prima di tutto a se stesso. Immobile è quello che è. Lari- volta contro il suo cognome, prima di tutto. E anche contro il suo nome, Ciro di Torre Annunziata, che non pare come la premessa e nemmeno la promessa di chissà quale storia. Deambula irrequieto giorno e notte, purché sia un campo calpestabìle, con il suo passo a metà tra il bandolero stanco e il predatore della savana. Immobile è James Cagney il kìlla che sente l’odore del sangue. Non ha nulla della statua divina alla Dzeko, ma micidiale e cattivo sempre, come Dzeko non sarà mai. Molti tifosi romanisti non lo confessano nemmeno a se stessi, ma un pensiamo all’eventuale baratto lo farebbe eccome. Lo dicono appannato di questi tempi, ma se c’è uno che non è panna, uno di cui ava paura a Trigoria è lui, Ciro di Torre Annunziata, detto anche Fame Atavica.

Avrà addosso l’alito forte e il ringhio mai augurabile di Kostas Manolas, caviglia permettendo, nipote di cotanto zio (Stelios, pure lui difensore e non meno guerriero). Kostas è imo strano duro. Una specie di ciclonico e invincibile Lothar, con una percezione esagerata della propria vulnerabilità. Tifa le occhiatacce, mostra i muscoli, rimonta sopra se occorre, ma sa in cuor suo quanto la tracotanza dei forti sia fondata sul nulla e quanto sia frangibile il suo enorme scudo di bronzo con sette pelli di bue. Conosce, come Achille, la labilità degli aoi. Ogni volta che cade a terra, il nonnulla diventa tragedia, pa fortuna quasi sempre solo declamata. Strepita ossesso come l’ha smaschaato. Ma poi si rialza sempre. E dilata le narici.

E poi. Nel nome di Totti. Dove non è riuscito Dzeko, potrebbe riuscire lui. Riavviare la macchina onirica. Il Giovine Debuttante. Nicolò Zaniolo, figlio di Igor e di Francesca, la mamma sexy ma lui in campo e non solo più sexy di lei. Sosia pa eccesso di Oliva Coopersmith. Quante pagine e titoli avrà nel racconto del doby? Sarà padrone o sarà sopraffatto? Una suggestione piu che un calciatore. Un abito di cachemire su una Norton di grossa cilindrata. Uno che canta come Frank Sinatra e rappa come Fabri Fibra. Detto “il predestinato” ma il destino, se giochi nella Roma o nella Lazio, passa pa il daby prima che pa ogni altro dove. A19 anni e 8 mesi, alla caccia dell’impresa, il primo gol nel daby. Totti ne aveva 22. Nel suo spazio, lo aspetteranno al varco due cactus molto spinosi. Stefan Radu e Senad Lulic, ginocchio permettendo. Sono loro, un rumeno e un bosniaco, l’anima biancoceleste del daby Cattivi spesso, truci sempre in questa occasione. Fatti apposta sembrano, in qualunque copione, pa vendicarsi del talento un po’ arrogante del Giovine Debuttante. Sinonimo anche, Lulic, di come e quanto si possa far male alla Roma.

Su tutto e su tutti, la sfida a distanza, Daniele De Rossi contro Marco Parolo, Teste e ascelle che sudano forza e intelligenza. Nei momenti diffìcili, se i compagni cacano uno sguardo pa rianimarsi è il loro. Dopo aver perso i due barbari del tempio, Strootman e Nainggo, la Roma si aggrappa ferocemente al suo ragazzo di Ostia, alla sua anima gigantesca, cui si aggrappa pa primo lui stesso, De Rossi, non avendo più al mille pa mille il conforto di ossa e muscoli. Capitano, oggi, alla massima pa quanto de- paupaata potenza. Emotivo e calmo, finalmente capace di respirare il daby senza che il suo sistema nervoso s’infiammi. Così Parolo, di là. La roccia. La certezza di una squadra troppo spesso ostaggio dei suoi talenti Puoi esistae da squadra senza i Felipe Anderson, i Milinkovic Savie e i Luis Alberto, non puoi esistere senza i Parolo.

Un sogno chiamato derby. Da vivere come protagonista. Joaquin Correa lo aspetta da una vita perché il suo rapporto con le stracittadine, fin qui, non è stato felice. E non solo con quella romana che ha conosciuto quest’anno. L’argentino non è riuscito a far breccia neppure in quelle di Siviglia e di Genova, vissute con Siviglia e Sampdoria. Cinque i derby giocati finora (2 a Genova, 2 a Siviglia, 1 a Roma), con un bilancio neppure così negativo (2 vittorie e 3 sconfitte), ma con un particolare decisamente inaccettabile: nessuno da titolare e tutti, di conseguenza, senza lasciare il segno.

PROTAGONISTA Quello di stasera sarà (dovrebbe essere) il primo derby da protagonista per Correa. Inzaghi non ha ancora sciolto tutti i dubbi circa la formazione. Sta valutando, il tecnico, se rilanciare dal primo minuto Luis Alberto o, anche, se puntare sulla fisicità di Caicedo in attacco. Correa potrebbe essere interessato da questi ragionamenti nel caso dovessero essere portati fino in fondo. Ma il suo stato di forma, la sua capacità di aprire le difese dovrebbero avere la meglio. E a far pendere il piatto della bilancia dalla sua parte c’è anche quella voglia matta che ha l’attaccante di lasciare il segno in un derby.

I PRECEDENTI Finora ne ha affrontati due a Genova per un totale di 63 minuti giocati (31 la prima volta, con vittoria della sua Samp, 32 la seconda, con sconfitta); poi ne ha disputati altri due a Siviglia per complessivi 40 minuti (7 nella prima occasione, con vittoria, 33 la seconda, con sconfitta). Infine c’è stato il primo derby romano, perso dalla Lazio per 3-1 il 29 settembre. Nel quale Correa è entrato all’8’ della ripresa sull’ 1-0 per i giallorossi. Una giornata amara che Correa vuole cancellare oggi. Lui, del resto, la Roma l’ha già battuta. E giocando da titolare. Accadde quando era alla Samp. A Marassi i blucerchiati vinsero per 2-1, stesso punteggio, ma per la Roma, nel ritorno all’Olimpico, con Correa pure in quella occasione titolare. ACACCIA DEL GOL Nessun gol in quelle due partite, come nel derby di andata di quest’anno. La Roma, quindi, Correa non l’ha ancora punita. E anche questa, per uno che si è legato ai colori biancocelesti, è una lacuna che va colmata. Così come va interrotto il digiuno di marcature. Che per l’argentino va avanti da due mesi e mezzo (l’ultimo dei cinque gol realizzati con la Lazio, tra campionato e coppa, lo ha segnato il 13 dicembre all’Eintracht in Europa League). Paradossalmente, Correa ha smesso di segnare quando Inzaghi ha cominciato a schierarlo titolare fisso. Destino bizzarro per uno che, non solo alla Lazio, ha sempre faticato a trovare continuità di rendimento. Il derby di oggi può rimettere le cose a posto. Una volta per tutte.

Un emiliano e un abruzzese, stasera, avranno in mano il cuore di Roma. Simone Inzaghi ed Eusebio Di Francesco però non si scompongono, anche perché già da calciatori sapevano che il derby è una bestia dolce e terribile da domare.

RISCATTO La vigilia di Inzaghi è trascorsa tra il rammarico di avere molto uomini-chiave in condizioni precarie e il dubbio se puntare sulla formula iperoffensiva (Milinkovic, Luis Alberto, Correa e Immobile tutti in campo) oppure su quella meno sbilanciata che prevede il sacrificio di una delle quattro stelle. Alla fine a prevalere sarà la seconda ipotesi, con Luis Alberto (uno di quelli che non è ancora al top) che partirà dalla panchina. «Immobile, Parolo, Luis Alberto, Milinkovic e Bastos – si rammarica Inzaghi -. Hanno recuperato quasi del tutto,manon ancora completamente ». Quella di stasera è però una partita in cui più delle condizioni fisiche conterà altro. «Dovremo usare testa, gambe e soprattutto cuore. Solo così si vincono queste gare». Per la Lazio, oltre che per la supremazia cittadina, il derby conta tantissimo pure in chiave Champions. «Sì, c’è la possibilità di accorciare il ritardo che abbiamo in classifica. E poi vogliamo regalare una soddisfazione ai nostri tifosi». Una gioia che manca da quasi due anni. L’ultimo successo laziale in un derby è infatti datato 30 aprile 2017 (3-1 per i biancocelesti). «Abbiamo grande rispetto della Roma, del suo allenatore e dei suoi giocatori, ma non la temiamo. Per vincere servirà la partita perfetta».

NZONZI E MANOLAS Anche Di Francesco mastica dubbi, anche perché all’orizzonte c’è la partita decisiva contro il Porto (e stasera può agganciare l’Inter). La prima scelta, infatti, sarà quella sull’utilizzo di De Rossi. «La più partita più importante è la prima, il derby – spiega il tecnico, che finora da allenatore non ne ha mai perduto uno (2 vittorie e un pari) –. Non possiamo ragionare troppo avanti. Ad oggi sta bene ed è migliorato tantissimo». Meglio così, anche perché lo zoccolo duro romano e romanista potrebbe essere un’arma. «È importante. A volte ti può togliere o ti può dare. I romani, parlo di Florenzi e De Rossi, hanno tanta esperienza, credo che possano aiutare i compagni più che togliere qualcosa». Con queste premesse, è difficile che Nzonzi giochi dall’inizio, a meno che DiFra non viri sul 4-2- 3-1, magari sacrificando Cristante, ma le incertezze ci sono anche perché DiFra ieri ha davvero blindato Trigoria. «Il modulo? Ci sono vantaggi e svantaggi in entrambi». Il segreto perciò forse è un altro. «Ci vogliono cuore e testa, ma mettiamo davanti il cuore e dietro la testa». Più o meno la stessa frase di ieri scritta da Monchi sui social. Sentimenti da derby

Quand’è che si guarda il soffitto? Quand’è che il cielo entra in una stanza che – come cantava Gino Paoli – all’improvviso non ha più pareti? Nicolò Zaniolo ha conosciuto lo stare disteso sul letto con gli occhi aperti, mentre il cuore batte e l’immaginazione già ti porta a giocare una partita virtuale. «Quando il mister mi disse che avrei giocato contro il Real Madrid, il riposo del pomeriggio l’ho saltato perché non ce la facevo a dormire », ha raccontato il centrocampista pochi giorni fa. Ecco, l’impressione è che oggi il 19enne si presenterà al suo primo derby di Roma riposatissimo perché, da predestinato, sembra in grado di metabolizzare bene il tanto che ormai lo circonda. Non è un caso, in fondo, che Eusebio Di Francesco non spenda le solite parole per anestetizzare la Stracittadina che Nicolò si appresta a giocare. Anzi, l’impressione è che gli chieda di essere sempre più se stesso. Ovvero sfrontato, irruento, imprevedibile. Tutte le doti che lo hanno trasformato nel nuovo «golden boy» del calcio italiano. «Nicolò non deve stare tanto tranquillo – spiega infatti il tecnico giallorosso –, ma sempre concentrato, determinato e cattivo, come lo è stato negli allenamenti. Ho parlato poco con lui di derby e della partita in sé. Ci sono già tanti compagni che glielo spiegano, non lo carico ulteriormente per questa gara perché sarà uno dei protagonisti. Ci aspettiamo sempre qualcosa d’importante da lui».

FOLLOWERS Sarà per questo che ormai su Instagram, più che «followers», sembra avere dei veri e propri adoratori. Al momento, circa 469.000. E se vi sembrano tanti, pensate che sua madre Francesca Costa, pur non dando calci al pallone, ne ha 396.000. Effetto trascinamento da parte del figlio o semplice bizzarria del web? Ai sociologi la risposta. Di sicuro stasera gli Zaniolo – ognuno per la sua parte dell’universo mediatico – hanno un’occasione d’oro per incrementare il numero dei seguaci. Come si diceva una volta per i diamanti, si potrebbe dire che anche un derby è per sempre. E per uno che ha dimostrato di precorrere i tempi tra Nazionale Champions League, un esordio boom in una partita del genere sarebbe un modo per entrare nella storia minima del calcio. E visto che pure il suo compagno e coetaneo Justin Kluivert dice di lui: «È il nuovo Totti», significa che ci troviamo dinanzi a qualcuno di veramente speciale.

CONTRATTI Allora, come sorprendersi se il suo rinnovo di contratto, che probabilmente sarà officiato a fine stagione per arrivare fino al 2024, sia un argomento di tendenza? In attesa di risolvere (con una transazione economica, ovvio) la questione sui diritti d’immagine, detenuti dall’ex manager Stefano Castelnovo, una cosa è certa: già alcune aziende importanti stanno bussando alla porta della famiglia Zaniolo. E se anche il primo derby sarà da incorniciare, si salvi chi può.

Per la Lazio il derby va dritto a un nome, quello di Senad Lulic. Suo il gol che nella finale del 2013 regalò la Coppa Italia ai biancocelesti. Una prodezza che ha garantito gloria eterna al bosniaco, che dalla scorsa stagione è anche il capitano della formazione di Inzaghi. Il 33enne esterno di Mostar è all’ottava stagione in biancoceleste. Stasera disputerà la sua quindicesima stracittadina dell’Olimpico: in particolare, sarà la tredicesima volta in campionato mentre le altre due gare sono state di Coppa Italia. Con un bilancio che sul piano numerico è però penalizzante: quattro vittorie e tre pareggi contro sette sconfitte. Non è il biancoceleste di Inzaghi con più presenze nel derby. Stasera, Radu salirà a quota 17.

NELLA STORIA Lulic appena sente la parola derby sfodera il suo ghigno. «La finale con la Roma resterà irripetibile», ha dichiarato nel 2014. Segnò al minuto 71 e quel numero in chiave biancoceleste è stato ormai associato al suo nome per sempre. In quel 26 maggio la Lazio di Petkovic vinse per 1-0. E Lulic divenne il simbolo di un’impresa. «Non posso ancora credere a quello che è successo. Ci vorrà almeno qualche settimana, forse anni per realizzare tutto questo – dichiarò due giorni dopo -. I tifosi vogliono farmi un monumento? Io sono quello che ha segnato il gol, però qualcuno doveva farlo. I meriti sono di tutti e siamo entrati tutti nella storia. Dal mio primo giorno a Roma avevo capito quanto è importante il derby per la tifoseria, ma domenica l’ho compreso ancora di più. Ho visto la gente piangere. È stata una serata incredibile per noi giocatori, per la società e per i nostri tifosi». Due anni fa, era squalificato nella semifinale d’andata di Coppa Italia disputata il primo marzo. Fu invece tra i protagonisti in quella di ritorno quando il 3-2 dei giallorossi di Spalletti non riuscì a ribaltare il 2-0 della Lazio di Inzaghi nella prima sfida. E così la sera di quel quattro aprile Lulic commentò con sarcasmo: «È una sconfitta dolce, anzi dolcissima. Ce la godiamo. Abbiamo giocato bene, meritiamo la finale…».

OBIETTIVI Ha giocato tutta la partita nell’ultimo derby vinto dalla Lazio (3-1), giocato il 30 aprile 2017 (34a giornata di campionato). Questa sera ci riproverà per riscattare gli ultimi tre precedenti in tono decisamente minore(un pareggio tra due sconfitte). Ha un’emozione inedita da inseguire: vincere un derby con la fascia da capitano. Alla vigilia della gara col Milan di martedì in Coppa Italia era finito in dubbio per una botta al ginocchio. Ma il suo recupero appariva comunque scontato: la generosità di Lulic è una base solida della Lazio. E nella prima semifinale di Coppa Italia il suo rendimento è stato all’altezza del suo standard. Martedì ha giocato l’intera gara alla sua maniera. Senza mollare un attimo, sempre in trincea. Esterno da corsa ma anche diga per le incursioni avversarie. Il derby è la sua partita. Non solo per quel gol che lo ha reso un eroe per diverse generazioni di tifosi, ma anche per il suo temperamento che non può non esaltarsi nelle sfide ad alta intensità emotiva. Con la Lazio inseguirà quella vittoria che potrà ridare forza a progetti Champions diventati più complicati. Magari anche con un suo gol. Che sarebbe il primo nel 2019 dopo quelli segnati nei successi di campionato contro Cagliari e Bologna a dicembre. Di certo, appena si avvicinerà all’area della Roma nei cuori laziali ci sarà un sussulto. Lulic, uomo-derby, è un’emozione infinita.

Le luci notturne regalano un fascino intrigante al derby dell’Olimpico. Lazio- Roma di questa sera ha dovuto però attendere l’ok finale del Prefetto Paola Basilone per poter esser giocato alle ore 20.30, come era stato stabilito nel calendario televisivo di Dazn. Non sono state riscontrate all’ultimo esame quelle criticità di ordine pubblico e sicurezza che avevano prospettato l’anticipo pomeridiano.

LA GRANDE ATTESA Sotto i riflettori il derby diventa più suggestivo. E la sera dell’Olimpico consegna le chiavi per sogni da coltivare. Sono attesi in 50mila a godersi sugli spalti una partita che custodisce un scrigno di emozioni. Il derby non è solo quello sul campo, che assegna punti, mai come in questo momento, importantissimi per i progetti di classifica delle due formazioni. Il derby è l’attesa che un’intera stagione riversa verso le due sfide di campionato. Il derby è nel cuore di ciascun tifoso, ognuno lo vive a modo suo. Per riflettersi poi nella scenografia che le due curve svelano al via della gara. Quel momento, prima del fischio d’inizio, è il punto finale di un impegno che condensa fantasia e tradizione. Al di là di alcune derive deprecabili che spesso hanno macchiato certi striscioni.

IL PIANO SCOPERTO Ogni coreografia va protetta dal più assoluto riserbo. L’effetto sorpresa deve essere sempre tutelato. Mala vigilia di questo derby ha portato una soffiata che ha fatto rivelare i piani giallorossi. E già martedì pomeriggio, poco prima della partita di Coppa Italia contro il Milan, è stata svelata la coreografia preparata dalla Curva Sud. Una di rivelazione. O meglio un piano svelato. È avvenuto nel corso del programma «La Voce della Nord», curato da tifosi biancocelesti su Radio Sei. Come un segreto smascherato, è stata illustrata l’immagine che dominerà il settore più caldo del tifo romanista: una lupa su sfondo giallorosso. Sul profilo Facebook della trasmissione è stato postato un video che ha subito catturato tante attenzioni. Con i relativi sfottò di conseguenza, come quello che ha chiosato la scoperta dei tifosi laziali con un post: «Nun ve sfugge niente… OPS!». Così il derby dell’Olimpico è praticamente cominciato prima che la Lazio scendesse in campo nella semifinale d’andata di Coppa Italia. IN PRIMO PIANO La sfida di stasera sarebbe stata uno scenario accattivante anche per Steno (Stefano Vanzina), il primo regista che portò su uno schermo cinematografico immagini reali del derby di Roma. Avvenne nel 1953 con «Un giorno in pretura», che contiene azioni di Roma-Lazio sullo sfondo della figura di Alberto Sordi da tifoso giallorosso. E un gol di Giorgio Chinaglia nel derby del 1973 sbuca nel film «L’arbitro» tra tante altre immagini della stracittadina romana donate al cinema. Ogni frammento fra Lazio e Roma lancia una scia luminosa che dura nel tempo. Oltre il fischio finale e prima di quello iniziale. E anche il derby di oggi ha in serbo la sua magia per un’altra notte dell’Olimpico da sogno.

Snodo Champions. Sembra l’ultima mano del poker, sbancare o crollare, non ci sono alternative. Derby sul filo, confine sottile. Inzaghi e Di Francesco non guarderanno la classifica. Il senso è diverso. Immaginiamo una notte magica, di grande calcio. E’ stata sinora una stagione povera di emozioni, nessuno si è divertito da queste parti, dietro Juve e Napoli ha fatto rumore il sorpasso di Milan e Inter sulle romane. L’occasione buona per lanciarsi all’inseguimento del quarto posto contrasta con la convenienza a non farsi del male. Un pareggio eviterebbe danni, ma c’è un aspetto tecnico di cui tenere conto. Lazio e Roma non sono abituate a gestire il risultato. Di Francesco non riesce a fidarsi neppure se sta vincendo con tre gol di scarto, Inzaghi ha vissuto sbandate da paura anche nelle notti più belle, come in Supercoppa con la Juve o in Coppa Italia con l’Inter. Le discese ardite e le risalite, cantava Battisti. Novanta minuti da studiare. I numeri e diverse chiavi di lettura possono aiutarci a comprendere il derby, le mosse tattiche, come proveranno a vincerlo i due allenatori. CALCI DA FERMO, ROMA SUPER Si riparte dai tre gol su palla inattiva grazie a cui Di Francesco si è imposto all’andata. Lancio lungo di Fazio, spizzata di Dzeko, colpo di tacco di Pellegrini dopo l’uscita di Strakosha su El Sharaawy. Raddoppio di Kolarov bucando la barriera dal limite. Sigillo di Fazio incornando di testa una punizione laterale. Solo la Juve, con 17 gol, ha fatto ancora meglio sulle palle inattive. La Roma ha segnato 16 volte da fermo. Un terzo del fatturato complessivo (49 reti) in 25 giornate di campionato. Inzaghi ha chiesto attenzione ai suoi difensori e un paio di dubbi in formazione (Romulo o Marusic, Bastos o Patric) potrebbe risolverli con l’obiettivo di alzare la statura media. Anche la Lazio sa essere pericolosa su angoli e punizioni, ma lascerà in panchina il suo unico specialista (Luis Alberto). FARAONE DA IMPRIGIONARE

E’ un derby alla rovescia rispetto alla passata stagione. La Roma, alla ricerca del gol, si è sbilanciata in avanti. La Lazio, che ne prendeva troppi, ha cercato di coprirsi. Dzeko s’è appena risvegliato segnando 5 gol in 5 partite, ma il vero marchio di fabbrica giallorosso consiste nel trovare diverse soluzioni offensive. Il pericolo nasce ovunque, distribuito in tutte le zone del campo. Terzo miglior attacco del campionato, 16 giocatori a segno: 19 gol sono arrivati dagli attaccanti, 15 dai centrocampisti, 15 dai difensori. Nella Lazio c’è Immobile, ex capocannoniere della Serie A, a quota 11. Nessun giallorosso è entrato in doppia cifra, ma la chiave dell’attacco per Di Francesco è diventata El Sharaawy per la capacità dinamica abbinata al senso del gol. Ha segnato 8 reti e servito 4 assist, l’ultimo a Frosinone. Inzaghi deve decidere come marcarlo. Ballottaggio aperto. Può optare per il corpo a corpo di Bastos, appena recuperato, o la conferma di Patric, forse più adeguato per caratteristiche al Faraone.

Di Francesco ha vinto due derby su tre e ogni volta ha trovato la chiave giusta per impedire alla Lazio di giocare con la solita scioltezza. Strakosha e Acerbi sono abituati a scaricare la palla su Radu. E’ il più tecnico e preciso nei passaggi, sa avviare l’azione. Nel passato campionato Eusebio sistemò El Sharaawy a destra e nella sfida d’andata ha avanzato Florenzi. La pressione esercitata su Radu ha sempre costretto la Lazio ad alzare la palla, cercando i lanci lunghi di Strakosha per Milinkovic, su cui il 29 settembre saltavano di testa Fazio e Nzonzi. Questa volta, come era successo con il Porto in Champions, toccherà a Zaniolo muoversi da terzo attaccante. Radu, nel confronto fisico, rischia di soccombere. Servirà l’aiuto di Lulic. Inzaghi dovrà calcolare il rischio e per questo motivo sul versante opposto Patric può insidiare Bastos. L’angolano è fortissimo nell’uno contro uno, ma poco affidabile nel palleggio. Con lo spagnolo, la Lazio avrebbe due possibilità di “uscire” con la palla dal pressing.

Rispetto ai precedenti, Inzaghi può sfruttare una carta in più. Romulo, al posto di Marusic, ha riequilibrato i flussi di gioco. La Lazio altrimenti pende sulla fascia sinistra. I grafici segnalano la differenza netta in termini percentuali (43,7%) rispetto alla corsia destra (29,3%). Radu avvia l’azione, Lulic spinge, le combinazioni di Milinkovic nascono da quella parte tolte le occasioni in cui Simone, arretrando Luis Alberto, l’ha impiegato da interno destro. La Roma è più equilibrata e distribuisce in modo equo l’attacco su tutte e due le fasce (37% a destra come a sinistra). Il motivo è semplice. Con il 4-3-3 o il 4-2-3-1 ha sempre utilizzato due attaccanti esterni davanti a Kolarov e Florenzi.

Di Francesco sfrutta di più le fasce, la manovra è ampia, corre lungo le linee laterali: 49,5 metri di larghezza per i giallorossi contro i 47,2 dei biancocelesti. Dal punto di vista tattico, la Roma dovrebbe ridurre le distanze tra i reparti. Ma non è così corta come si potrebbe immaginare in automatico: 35,4 metri di lunghezza media dei dieci giocatori di movimento contro i 36 della Lazio, molto più verticale nello sviluppo della manovra. Dentro quegli spazi, Inzaghi cercherà le giocate di Milinkovic e gli inserimenti di Parolo. Il suo obiettivo sarà sfruttare la densità del centrocampo. Eusebio ha mantenuto (sulla carta) un dubbio. Annunciato 4-3-3 con De Rossi vertice basso e due interni, con il 4-2-3-1 recupererebbe un mediano (Cristante) in attesa di Milinkovic e porterebbe Pellegrini nella zona di Leiva, altrimenti troppo libero. La rapidità del romanista ex Sassuolo potrebbe rivelarsi un disturbo decisivo per il play brasiliano. Occhio alle rotazioni dei tre mediani. LA

Il baricentro medio delle due squadre è lo stesso: 51,1 metri. Cambia l’applicazione del fuorigioco e rispecchia la mentalità dei due tecnici. Di Francesco cerca la riconquista della palla nell’altra metà campo e l’atteggiamento sul fuorigioco è “molto alto”: 32,7 metri da Olsen, secondo i dati indicati da Opta. Inzaghi va a pressare con i tre giocatori più offensivi e si mette in attesa a centrocampo. L’obiettivo è dare più copertura e ridurre la distanza dal portiere: 25,6 metri la distanza sulla linea ipotetica del fuorigioco da Strakosha. Eusebio nei derby è stato più accorto del solito. Il suo calcio paga di più in Champions, produce maggiori rischi in Serie A. Immobile è abilissimo a infilarsi nei corridoi tra terzini e centrali, ma non sta bene, rischia di non giocare. Serviranno due punte (Caicedo e Correa) alla Lazio per provarci. De Rossi è diventato l’ancora di salvezza della Roma, l’unico mediano-incontrista nella terra di mezzo, dove si vincono le partite. Monchi ha riempito di trequartisti e guastatori l’organico. E’ logico, quasi naturale, vivere di equilibri precari. Tanto costruisce e altrettanto concede la squadra giallorossa. Solo in 5 partite su 25 in Serie A quest’anno non ha preso gol.

La Lazio invece ha sofferto il calo di rendimento di Immobile, Milinkovic e Luis Alberto. In attacco mancano 26 gol (33 contro 59) rispetto alle prime 24 giornate del campionato scorso. Inzaghi cerca l’impresa per tanti motivi, non solo perché non vince il derby da due anni. Deve battere una grande. Tolta la Coppa Italia, dal colpo all’Allianz Stadium con i bianconeri di Allegri (ottobre 2017), Simone non è più riuscito a piegare una delle prime cinque in classifica: con Juve, Napoli, Roma, Inter e Milan appena 3 pareggi e ben 11 sconfitte negli ultimi 14 confronti diretti in Serie A. La Lazio si deve rialzare dopo il ko di Marassi e in classifica sconta il rinvio con l’Udinese. A Natale era quarta a quota 28 punti e +4 sulla Roma. Di Francesco, con 6 vittorie e 2 pareggi nelle ultime 8 giornate, ha piazzato il sorpasso e si presenta al derby con 6 punti di vantaggio. Andiamo a vedere.

Non bastava tutto ciò che è successo, adesso anche questa. Ciro Immobile è a rischio per il derby. Ha lamentato dolori per tutta la rifinitura di ieri pomeriggio. Inzaghi, in conferenza, l’aveva inserito nella lista dei giocatori da verificare. Sembrava una forzatura in nome dell’immancabile pretattica. Gli allarmi suonano davvero. Ciro non sta bene, si trascina i problemi muscolari accusati a Frosinone. S’era parlato di «elongazione ai flessori della coscia sinistra», s’è sempre sospettato uno stiramento. E’ la stessa coscia che ha messo a rischio Ciro per stasera. Dall’allenamento di Formello, almeno visibilmente, non era emerso nulla, i timori sono spuntati nel tardo pomeriggio. Ciro era stato schierato in coppia con Correa (prima) e Caicedo (dopo). Poi gli allarmi. Immobile si conosce, è un lottatore, è irriducibile, prima di dare forfait proverà in tutti i modi a giocare contro la Roma. Stamattina è previsto un allenamento di rifinitura, la speranza è che Ciro sia in campo, che la notte abbia limitato i dolori. E’ tutto rinviato alla giornata-derby, alle ore che precederanno la partitissima, all’immediata vigilia.

La commozione. E’ un periodo stressante, carico di tensioni. L’infortunio, la voglia di esserci sempre, di recuperare il prima possibile, l’astinenza dal gol, i sensi di colpa nei confronti della squadra. Ciro vive giorni pesanti, le sofferenze sono doppie. Preparava un grande derby, magari lo giocherà. In “soccorso”, mercoledì mattina, era andato Igli Tare. Ciro e il diesse, nel giorno post Coppa Italia, hanno parlato per alcuni minuti. Tare aveva rincuorato Immobile dopo la notte vissuta col Milan, dopo un’altra notte stregata, senza gol, con palloni calciati fuori bersaglio o sul palo (per quanto l’azione incriminata fosse in fuorigioco). Ciro, dopo aver ascoltato le parole accorate di Tare, era apparso commosso. Era stato confortato, consolato, rincoraggiato. E’ apparso così a tutti i compagni: con gli occhi umidi. E’ un’immagine umanissima, di un ragazzo di 29 anni, cuor di leone in ogni partita, ma pur sempre un ragazzo. Tutta la Lazio è stretta al suo fianco e si augura di vederlo in campo stasera, di rivederlo al top. Che non stia bene, che non sia nel pieno della forma fisica e mentale, s’è visto nelle ultime settimane. Tutta la Lazio gli riconosce il ruolo di leader potente, di trascinatore possente. Parlare, sentirsi amato, è ciò che serviva a Immobile per sfogarsi, per ripartire carico più che mai, per preparare questo derby.

La firma. Immobile è “anema e core”, non solo record. Sta segnando di meno, sbaglia gol, sente questi pesi. Soffre perché non riesce a colpire, perché la Lazio senza i suoi colpi va a rilento (si sono contate 3 reti fatte nelle ultime 6 partite di campionato, Europa e Coppa Italia, nessuno gol di Ciro). Immobile, in A, non fa centro dal 20 gennaio (Napoli-Lazio 2-1). Ha fatto bingo in Coppa Italia, contro l’Inter a S.Siro (quarti di finale datati 31 gennaio, è l’ultimo gol regalato in ordine di tempo). Gli mancano i gol, ma ha saputo trovarli spesso contro la Roma. Nelle ultime cinque partite giocate contro i giallorossi il signor bomber della Lazio ha colpito tre volte. I tre gol, purtroppo, non sono mai coincisi con vittorie. Ciro sognava di sbloccarsi stasera, di regalare un gol-vittoria ai biancocelesti. Vuole esserci, proverà ad esserci, a superarsi, a fare uno dei suoi miracoli. All’ultimo derby senza Ciro, questa è l’eventuale consolazione, risale anche l’ultima vittoria della Lazio contro i giallorossi: 30 aprile 2017, Roma-Lazio 1-3, doppietta di Keita, in più Basta. Lo aveva bloccato un virus influenzale. Aveva provato ad esserci, non ci riuscì. Mai dire mai con Immobile.

Ci sono prime volte che sembrano un coronamento, più che un’iniziazione. Lo dicono le aspettative: Nicolò Zaniolo è un protagonista del derby senza che ne abbia ancora giocato uno. All’andata era in panchina a imparare, magari a sognare l’esordio, stasera è il tipico giocatore nucleare a cui gli allenatori danno la maglia per primo, poi si pensa agli altri. Non a caso Di Francesco l’ha tenuto fuori a Frosinone per non fargli rischiare la squalifica: senza il fattore Z la preparazione della partita sarebbe stata più complicata. Giocherà il derby e giocherà a Oporto mercoledì. Nei momenti decisivi a uno così non si rinuncia mica.
AVANTI. Ieri, prima di essere inghiottito dal ritiro e da un pizzico di emozione, ha fatto una passeggiata all’Eur, vicino casa, volteggiando tra le vetrine di un famoso centro commerciale. Pochi mesi fa l’avrebbero lasciato sbirciare scarpe e t-shirt alla moda, invece adesso lo fermano tutti per il selfie-ricordo. E’ il prezzo della popolarità che Zaniolo sta pagando volentieri, senza però perdere contatto con la realtà che si chiama Trigoria: papà Igor glielo ricorda spesso, questo dev’essere solo l’inizio. Era lui, il padre, il meno sorpreso di vederlo in campo a Madrid, alla prima di Champions League, tanto da giudicarlo così: «Ha giocato così così, senza infamia e senza lode».

APPUNTI. A distanza di 5 gol distribuiti in 1.423 minuti nella Roma, la sua analisi non suona così severa come allora. Intanto Zaniolo junior, ben consigliato dal procuratore Vigorelli, ha acquisito visibilità e appeal non solo tra le grandi d’Italia, con l’Inter ancora lì a chiedersi perché un talento del genere sia stato così sottostimato. La Juve, certo. Ma anche Real Madrid (la più insistente) Chelsea e altri club si sono affacciati dal balcone per capire i progetti del ragazzo. Al momento non esiste la possibilità che lasci la Roma, nonostante le tante richieste, tanto è vero che il contratto da giovanotto firmato un anno fa verrà rinnovato a luglio: Zaniolo passerà da uno stipendio base di 300.000 euro più bonus – molti, tipo quello dei 5 gol stagionali, sono già maturati – a circa 2 milioni netti più i premi fino al 2024. Per un trasferimento c’è sempre tempo in futuro, semmai.

RECORD. Stasera, confermato nel ruolo di ala destra che non è esattamente il suo, non potrà battere il record del gol più giovane in un derby romano, che appartiene a Fausto Landini: il 26 ottobre 1969 aveva 18 anni e 3 mesi quando offrì i suoi servigi vincenti alla Roma. Da un suo palo nacque il primo gol di Spinosi, poi Landini chiuse il conto firmando il definitivo 2-1. Zaniolo però può sognare il gol più giovane degli ultimi 39 anni. L’ultimo a segnare a 19 anni è stato Paolo Giovannelli – a fianco trovate i dettagli – proprio un 2 marzo. Usando un’espressione abbastanza banale ma quanto mai azzeccata per l’occasione, è un modello da imitare.

Il maxi dubbio Immobile, bomber-icona. Più gli altri dubbi: Bastos-Patric e Romulo-Marusic. Ciro è a rischio per problemi fisici. La scelta della catena di destra (centrale ed esterno) è legata a valutazioni fisiche e tattiche. Bastos ha chiuso con i crampi contro il Milan, aveva giocato mezzo infortunato, con un solo allenamento nelle gambe, era stato eroico. A destra si dovranno limitare le sgroppate di El Shaarawy. Simone ha provato Bastos e Patric ieri, li ha alternati accanto ad Acerbi e Radu (rientra dopo aver saltato la Coppa Italia per squalifica). L’angolano, martedì, ha limitato Suso, ma non era in giornata di grazia, è stato più lento del solito (anche perché arginato). El Shaarawy garantirà sprint, andrà sfidato alla stessa velocità. Patric può farlo. Simone tiene aperto il ballottaggio Romulo-Marusic per motivi simili. Il montenegrino non ha giocato martedì, è entrato negli ultimi minuti. Ha saltato l’allenamento di mercoledì per un dolore ad un ginocchio. Romulo, al di là dei tormenti di Marusic, ha fatto bene quando è stato impiegato: «Deciderò in base a chi mi darà più garanzie», ha detto ieri Simone. Gli uomini di destra, i prescelti, dovranno vedersela anche con Kolarov, non solo con El Shaarawy. La scelta è delicata, coinvolge valutazioni fisiche, tecniche, tattiche.

Gli indizi. A centrocampo resta da assegnare una maglia perché Parolo (nonostante la stanchezza), Leiva, Milinkovic e Lulic sono pronosticati ai loro posti. In avanti si attendono notizie da Immobile. Ieri è stato provato con Correa e con Caicedo. Se Ciro giocherà, in pole c’è il Tucu per assisterlo. Se non ce la farà, la coppia sarà composta da Correa e Caicedo. Non ci siamo dimenticati di Luis Alberto. E’ nell’elenco dei convalescenti, col Milan è entrato al 29’ del secondo tempo, non ha i 90 minuti nelle gambe, può aiutare in corsa. Luis frigge in panchina. Voleva esserci a Siviglia, non è stato portato in Spagna. Sperava di giocare col Milan, sogna il derby. Inzaghi, in conferenza, ha fatto capire che non è prontissimo: «Per Luis vale il discorso fatto per Immobile. Ha avuto problemi muscolari, è rientrato molto in fretta, si è allenato discretamente, non sta ancora benissimo. Martedì ha stretto i denti, ha giocato bene nel finale, si allena per mettersi alla pari. E’ da valutare». Inzaghi non può far altro che affidarsi agli scongiuri. Gli infortuni, il calendario intasato, ne sta vivendo di tutti i colori: «Anche io, come la Roma, avrei voluto sfruttare una settimana per preparare il derby. Ma i calendari vengono decisi prima. E siamo stati felici di giocare una semifinale di Coppa Italia. Dobbiamo recuperare energie, forze fisiche e mentali per giocare una grande partita». Un motto, una preghiera.

Trigoria è un bunker. In occasione del derby Di Francesco ha voluto massima riservatezza intorno alla squadra per cercare di mantenere top secret la formazione. Poco spazio intorno ai campi di allenamento anche per il fotografo e le telecamere della società. Il tecnico ha anche cambiato terreno di gioco in questi giorni. Giovedì ha scelto quello più lontano dagli uffici, nel giorno più importante per le esercitazioni tattiche. Ieri è tornato sul campo vicino al bar. Di Francesco ha concluso l’allenamento sotto la luce artificiale dei riflettori. Sia per abituare la squadra a giocare in notturna (saranno tutte di sera le prossime tre partite contro Lazio, Porto ed Empoli), sia perchè la squadra ieri è scesa in campo tardi, intorno alle 17,15, dopo quasi un’ora di addestramento tattico al video. Nell’ultimo allenamento il tecnico ha sempre provato il 4-3-3, con De Rossi da una parte e Nzonzi dall’altra. Il capitano sempre in squadra con Pellegrini (e spesso anche con Cristante) e Zaniolo esterno alto a destra. Manolas ha partecipato a tutto l’allenamento. Nella fase finale dell’allenamento di rifinitura molte esercitazioni sulle palle inattive (punizioni e calci d’angolo) sia in fase difensiva che in quella offensiva.

I giocatori sono rimasti in ritiro al termine dell’allenamento e lasceranno Trigoria oggi intorno alle 18,30 in pullman per andare all’Olimpico. La cena alle 20, organizzata dallo chef Luca, poi quasi tutti hanno visto la partita dell’Inter contro il Cagliari. Qualche sfida a biliardo o biliardino, poi ognuno nella sua camera nella foresteria ritrutturata la scorsa estate di Trigoria. In ritiro non è volata una mosca, massima concentrazione, poca voglia di scherzare. Nessun tifoso all’esterno del centro sportivo, come accadeva negli anni passati per caricare la squadra. Ieri c’era circa dieci giovani fan, uno proveniente dalla Basilicata e in cerca di autografi.

Questa mattina dopo la colazione è previsto il risveglio muscolare e un leggero allenamento sul campo. Poi il pranzo e una merenda leggera prima di andare allo stadio. Totti è rientrato dalla breve vacanza in montagna, è andato a sciare qualche giorno con la famiglia a Ortisei. Stasera sarà in tribuna all’Olimpico, per quella partita che sentiva e sente tantissimo. Pallotta seguirà il derby in tv dagli Stati Uniti, il suo ritorno a Roma dopo quasi un anno è previsto nei prossimi mesi, quando l’approvazione del progetto per lo stadio entrerà nel vivo.


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