Non sembra possibile smettere di parlare del caso di Massimo Bossetti, nonostante ormai la vicenda, sotto il profilo giudiziario, sia ormai definita da una sentenza di condanna all#ergastolo passata in giudicato. Perfino la Corte Europea di Strasburgo si è espressa sulla vicenda e ha respinto il ricorso presentato dalla difesa di Bossetti, dichiarandolo inammissibile. Ma certo nessuno può impedire a Bossetti di inviare lettere al giornalista di turno per continuare a rivendicare la propria innocenza. Soprattutto, nessuno può impedirgli di continuare a chiedere la fantomatica perizia sul Dna che ormai una trentina di magistrati, compresi i supremi giudici di Cassazione, non hanno concesso per una ragione banale: non serviva. Nessuno, tantomeno la difesa dell’ex muratore, è infatti mai riuscito a scalfire i risultati dei vari accertamenti di matrice genetica disposti durante l#inchiesta per il delitto di Yara.
Ecco, a tal proposito, cosa scrivono i giudici di Cassazione: “Numerose e varie analisi biologiche effettuate da diversi laboratori hanno messo in evidenza la piena coincidenza identificativa tra il profilo genetico di Ignoto 1, rinvenuto sulla mutandine della vittima, e quelle dell’imputato”. I giudici spiegano bene anche quando si può legittimamente richiedere una perizia, ossia quando vi è “evidenza dell’utilizzo di una metodica errata o superata e dell’esistenza di un metodo più recente e più affidabile”.
Ma, secondo i supremi giudici, “nulla di tutto questo emerge dagli atti”. Insomma, le chiacchiere stanno a zero e la perizia non serviva data la insindacabile e granitica conferma scientifica del dato genetico. Purtroppo la Cassazione può porre termine ai processi che si celebrano in Tribunale, ma non a quelli mediatici.