Oggi, a quasi dieci anni dalla sua morte (25 giugno 2009), Michael Jackson torna a far parlare di sé. Ma per un ben diverso motivo. Il documentario Leaving Neverland (“lasciando Neverland”, la gigantesca villa con zoo, parco dei divertimenti e 2700 acri di terreno sulle colline di Santa Barbara) non lascia dubbi su cosa fosse in realtà “Jacko” nella vita privata: un pedofilo seriale, un instancabile molestatore di bambini che collezionò oltre cento vittime sotto i dieci anni. Prove talmente convincenti che remittente di Stato britannica Bbc ha ordinato a tutte le sue stazioni radiofoniche e televisive di non trasmettere mai più le canzoni di Jackson.
Definito “disturbante” e “terrificante”, Leaving Neverland si basa principalmente sulle dirette testimonianze in video e fotografiche di due delle più “longeve” vittime del cantante: Wade Robson e James Safechuk (oggi entrambi trentaseienni) che vissero a Neverland con Jackson per cinque anni. E che oggi raccontano le loro spaventose esperienze con l’emozione e l’angoscia di chi riesce finalmente a svegliarsi da un lunghissimo incubo. Dopo la visione del docufilm, le più celebri firme del giornalismo inglese e statunitense sono concordi nel definire Michael Jackson come «un uomo triste, strano e mentalmente disturbato: un pericoloso predatore criminale», mentre i due, per loro sfortuna, protagonisti della storia sono stati ritenuti «credibili oltre ogni possibile ragionevole dubbio».
Ecco le due testimonianze: «Ho conosciuto “Jacko” quando avevo solo cinque anni, dopo aver vinto un concorso di danza», racconta oggi Wade Robson. «Era il mio idolo, il cantante più conosciuto del mondo, e convinse i miei genitori a lasciarmi a Neverland anche per molti giorni di fila perché, diceva, voleva farmi crescere come suo ballerino. La fama di Michael era tale da sopraffare le resistenze di ogni genitore: fece la stessa cosa con altre decine di famiglie. E lo schema era sempre lo stesso: si guadagnava la fiducia dei genitori, li riempiva di regali e di denaro e si faceva affidare i loro bambini per “educarli”. Poi, qualche mese dopo, cominciano i primi approcci sessuali, che rapidamente arrivavano al vero e proprio rapporto sessuale. Con me, cominciò sette mesi dopo che mi ero praticamente trasferito a Neverland e continuò per cinque anni».
Stessa storia per James Safechuck, entrato a Neverland a sette anni per girare uno spot. Quando compì i dieci anni, Jackson arrivò a “sposarlo” con una vera e propria cerimonia nuziale che si tenne davanti ad altri bambini “ospiti” di Neverland. «Fu solo l’inizio di tre anni di rapporti sessuali ogni volta che dormivo a Neverland», ricorda oggi Safechuck, «e io non riuscivo a oppormi: vivevo come a mezz’aria, tra la terrore e la vergogna che i miei genitori potessero scoprire qualcosa. Ma anche per loro “Jacko” era un idolo: ricopriva mia madre di gioielli e mio padre di denaro. Oggi, a distanza di quasi vent’anni, sono ancora in terapia da uno psichiatra per riuscire ad accettare il male che mi ha fatto».