“Aggrediti a manganellate da poliziotti sotto l’effetto di stupefacenti” Il noto paracarro rosso sferra ancora insulti, ma stavolta potrebbe non essere perdonato: rischia un processo


Il professore Angelo D’Orsi affronta una denuncia per le sue dichiarazioni rilasciate in televisione, accusando la polizia di usare violenza e sostanze stupefacenti durante le proteste studentesche.


Azione legale avviata contro Angelo D’Orsi per le sue dichiarazioni contro la polizia

Le accuse contro la polizia espresse dal professor Angelo D’Orsi non sono passate inosservate. Durante un’apparizione televisiva su Rete 4 nel programma “Quarta Repubblica” del 26 febbraio, D’Orsi ha suggerito che gli agenti impiegano violenza e sostanze stupefacenti per gestire lo stress e la rabbia durante le manifestazioni studentesche a Pisa e Firenze. Il professore ha parlato di una “sorta di rivalsa sociale” e di un uso di “droghe” tra gli agenti, dichiarazioni che hanno sollevato un’ondata di critiche.

In risposta, il Siap (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia), rappresentato dal segretario generale Giuseppe Tiani e dall’avvocato Gigante dello studio legale Picozzi e Morigi, ha presentato una denuncia querela alla Procura di Roma contro D’Orsi e una seconda alla Procura di Bari contro Emanuela Megli, l’autrice collegata a queste affermazioni.

Questo caso evidenzia la tensione tra la libertà di espressione accademica e il rispetto della dignità professionale delle forze dell’ordine. Le affermazioni di D’Orsi sono state percepite come un attacco diretto all’integrità dei poliziotti, molti dei quali affrontano quotidianamente situazioni di grande rischio e stress senza ricorrere a pratiche illecite.

Dettagli e implicazioni della querela

Il caso ha sollevato discussioni non solo sulla veridicità delle affermazioni di D’Orsi ma anche sulle implicazioni più ampie per la libertà di parola e la responsabilità pubblica. Le dichiarazioni di D’Orsi, che ha citato interviste realizzate tra il 1969 e il 1972, sottolineano una critica profonda non solo alle pratiche della polizia ma anche alla gestione degli eventi di protesta.

Il dibattito pubblico intorno a queste questioni si è intensificato, con opinioni divergenti sulla responsabilità degli accademici nel mantenere un discorso pubblico costruttivo e rispettoso. Da un lato, c’è la richiesta di proteggere la dignità dei lavoratori in prima linea, dall’altro la necessità di garantire che eventuali critiche siano espresse in modo responsabile e basate su fatti concreti.

Il processo che seguirà potrebbe stabilire un precedente significativo per il modo in cui le dichiarazioni pubbliche vengono valutate in relazione alla diffamazione e alla libertà di espressione in Italia, influenzando non solo il settore della sicurezza pubblica ma anche l’ambiente accademico e mediatico.


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