Infermiera aggredita a Castellammare di Stabia: una voce dalla linea del fronte



Anna Procida, una giovane infermiera di 30 anni, oggi porta sul suo volto i segni visibili di una terribile aggressione subita mentre stava svolgendo il suo dovere al Pronto Soccorso dell’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia. Anna ha subito la violenza mentre cercava di gestire una situazione che, purtroppo, è diventata allarmantemente comune per chi lavora nel settore sanitario.



Come sta Anna?

Anna Procida, con occhi scuri, capelli neri e il volto segnato da un dente scheggiato, il naso rotto e le labbra gonfie, risponde: “Come vuole che stia? Sono un mostro, ho le labbra gonfie, sono tutta rossa in viso e sono arrabbiata.”

Cosa è successo?

Anna racconta: “Ero in servizio al Pronto Soccorso con mia sorella Mariarosaria, anch’essa infermiera. Eravamo appena iniziate il nostro turno di notte, intorno alle 20:30, quando abbiamo cercato di organizzare il reparto e chiesto ai parenti dei pazienti nelle stanze di spostarsi in sala d’aspetto. Quattro persone si sono rifiutate di lasciare un’area adibita ai pazienti in condizioni critiche. Hanno iniziato a inveire contro di noi e poi è degenerato in violenza fisica.”

Quali erano le loro lamentele?

“Si lamentavano del fatto che erano lì da molto tempo e che dovevano stare vicino ai loro parenti. Noi abbiamo cercato di spiegare la situazione e di farli spostare, ma hanno continuato a resistere. La situazione è peggiorata fino a quando non ci hanno aggredito.”

Anna e sua sorella sono state colpite da queste persone?

“Sì, mia sorella è stata aggredita da una donna che le ha tirato i capelli e l’ha strattonata a terra. Io sono stata portata fuori da un uomo che mi ha messo la mano sulla spalla e mi ha detto di seguirlo. Quando siamo arrivati all’uscio, mi sono girata e lui mi ha colpito con un pugno.”

Hai cercato di scappare?

“Non ho avuto il tempo. Sono stata presa a calci mentre ero a terra con il naso rotto. Fortunatamente, il medico di turno mi ha soccorso e medicato mentre arrivavano le forze dell’ordine.”

Come ti senti ora?

“Sono troppo arrabbiata. Quello che è accaduto a noi è purtroppo la realtà quotidiana nei Pronto Soccorso. La violenza da parte dei parenti dei pazienti è diventata una triste normalità. Lavoriamo in condizioni disumane con persone infuriate che non riusciamo a gestire. Dobbiamo chiedere il permesso per passare anche in situazioni di emergenza, e spesso rimangono vicino ai parenti, costringendoci a scavalcare le persone che affollano il Pronto Soccorso.”

Hai già denunciato l’accaduto?

“L’Asl ha avviato un procedimento d’ufficio. Sto ancora raccogliendo le prove e poi formalizzerò la denuncia presso il commissariato.”

Ritornerai a lavorare al San Leonardo?

“Oggi non posso rispondere, sono troppo amareggiata. Non so se tornerò al Pronto Soccorso. Soprattutto come donna, mi sento offesa. Credo che il mio caso rappresenti anche una forma di violenza contro le donne. L’uomo che mi ha colpito non ha avuto alcun rispetto per il fatto che sono una donna. Mi ha colpito con tutta la sua forza, ed è un segno evidente della mancanza di protezione per noi. Mi fa rabbia aver subito una violenza così brutale, specialmente in un periodo in cui si parla tanto di proteggere le donne. La persona che mi ha colpito è doppiamente colpevole.”

Pensi che questa rabbia passerà?

“Non credo. Sono delusa. Non riesco a pensare ad altro se non a quanto è successo e al fatto che nessuno sembri ascoltarci. Siamo completamente abbandonati a noi stessi.”

Perché hai scelto di diventare infermiera?

“Era il mio sogno di una vita, ma non pensavo di dover lavorare in queste condizioni. Dopo la laurea ho iniziato a lavorare in una clinica privata, poi ho passato un periodo al Cardarelli. Quando sono arrivata all’ospedale della mia città ero felice. Da tre anni sono al San Leonardo e da un anno ho un contratto a tempo indeterminato.”

Anna Procida è solo una delle tante voci silenziose del personale sanitario che lotta ogni giorno per curare i pazienti, ma spesso si trova ad affrontare situazioni di violenza e abusi. La sua storia ci ricorda l’importanza di garantire la sicurezza e il rispetto per coloro che dedicano le loro vite a prendersi cura degli altri.



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