Stella Alaimo Franco, morta lo scorso 30 marzo a soli 61 anni, a causa di un tumore metastatico ai polmoni, ha lasciato un’eredità di dubbi e rimpianti. Quando si è presentata al pronto soccorso di Treviglio, in provincia di Bergamo, a dicembre, accusava un forte dolore a una gamba. La diagnosi iniziale è stata di lombalgia, e non le è stata concessa nessuna prognosi. Per questa ragione, i suoi figli Monica e Andrea hanno presentato una denuncia, ipotizzando il reato di omicidio colposo contro tre medici dell’Ospedale di Treviglio e contro l’ASST Bergamo Ovest.
I due figli hanno rivelato, in un’intervista con il Corriere della Sera, che un intervento tempestivo avrebbe potuto cambiare il corso della malattia. Quando Stella è stata finalmente visitata all’Istituto dei Tumori di Milano, la diagnosi era un adeno-carcinoma polmonare allo stadio quattro, già metastatizzato e con carcinosi peritoneale.
Il caso di Stella ricorda la tragica storia di Cristiana Bianchini, una maestra di Giulianova, deceduta a 46 anni a causa di una malattia. Entrambe le storie evidenziano la necessità di diagnosi tempestive e accurate per aumentare le possibilità di trattamento.
Secondo l’équipe medica che ha curato Stella a Milano, una diagnosi tempestiva avrebbe potuto rendere il tumore curabile. Il ritardo nella diagnosi ha avuto conseguenze gravi, poiché la malattia è progredita in modo irreversibile. I figli di Stella si chiedono perché la madre non sia stata sottoposta a ulteriori accertamenti fin dall’inizio. Hanno deciso di denunciare per evitare che altri figli perdano i genitori in questo modo.
Il caso di Stella Alaimo Franco solleva questioni cruciali sulla necessità di diagnosi rapide e accurate. La sua storia mette in luce l’importanza di un sistema sanitario in grado di rispondere efficacemente alle esigenze dei pazienti, prevenendo tragedie come quella che ha colpito la famiglia Alaimo Franco