Pensioni novità 2020, Quota 100, Pensione di cittadinanza, Ape sociale e Ape volontario



Quota 100 Introdotta in via sperimentale per il triennio 2019/2021 consente di andare in pensione prima, maturando “quota 100” come somma di età (almeno 62 anni) e contributi (almeno 38 anni). Sarà fruibile fino al 31 dicembre 2021, termine entro cui vanno maturati età e contributi (per conseguire il diritto), ma la domanda di pensionamento potrà essere fatta anche successivamente. Ne possono fruire tutti i lavoratori – dipendenti, autonomi e parasubordinati – sia del settore privato sia pubblico. Sono esclusi: Forze armate; Forze di polizia e polizia penitenziaria; personale operativo dei Vigili del fuoco; Guardia di Finanza. Con “quota 100” sono tornate in vita le “finestre” che fissano la decorrenza della pensione dopo tre mesi dalla maturazione dei requisiti per i lavoratori del settore privato e di sei mesi per i dipendenti pubblici.



Lavoratori “precoci” Sono chiamati “precoci” i lavoratori in possesso di almeno 12 mesi di contributi per periodi di lavoro effettivo prestato prima dei 19 anni d’età. Questi lavoratori, se versano in determinate situazioni e/o condizioni (invalidi, disoccupati, impegnato in attività usuranti o gravose oppure beneficiario di permessi della legge n. 104/1992, ecc.), possono accedere alla pensione anticipata con soli 41 anni di contributi. A loro favore, il dl n. 4/2019, convertito dalla legge n. 26/2019, ha abrogato gli incrementi della speranza di vita del 1° gennaio 2019 (cinque mesi) e del 1° gennaio 2021, in cambio di una “finestra” di tre mesi per la liquidazione della pensione.

Pensione di cittadinanza La pensione di cittadinanza, PdC, è riconosciuta, a domanda, alle famiglie composte esclusivamente da uno o più componenti d’età non inferiore a 67 anni in possesso dei requisiti: di residenza e soggiorno; patrimoniali; di reddito; sul godimento di beni durevoli. Ricordando i requisiti, il primo è relativo alla cittadinanza: la PdC spetta ai richiedenti cittadini italiani; a quelli europei titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente UE; a quelli stranieri, di Paesi non UE, in possesso di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. È richiesta inoltre la residenza in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in maniera continuativa. I requisiti di reddito e patrimoniali sono di quattro tipi, tutti riferiti al nucleo familiare: ISEE (inferiore a 9.360 euro); patrimonio mobiliare (inferiore a 30.000 euro, esclusa la casa di abitazione); patrimonio immobiliare (fino a 6.000 euro, elevato di 2.000 euro per ogni componente successivo al primo fino a massimo 10.000 euro, incrementato di altri 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo. Se nel nucleo sono presenti disabili, i limiti sono elevati di ulteriori 5.000 euro ovvero 7.500 in caso di disabilità grave o non autosufficienza); il reddito (fino a 7.560 euro annui con riferimento a un nucleo familiare composto da un solo soggetto e da riparametrare se ci sono più soggetti). È causa di esclusione dalla PdC il “godimento di beni durevoli”: autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc; motoveicoli di cilindrata oltre 250 cc; navi e imbarcazioni da diporto. La PdC è un assegno economico composto di due elementi: quota A, che integra il reddito familiare fino a 7.560 euro annui (con riferimento a un singolo individuo), da riparametrare per famiglie numerose; quota B, che integra il reddito dei nuclei residenti in abitazione in locazione e pari al canone previsto dal contratto di locazione fino a 1.800 euro. In ogni caso il beneficio economico non può essere inferiore a 480 euro annui, cioè a 40 euro mensili.

Ape sociale Un anno ancora di Ape sociale. Non chiuderà i battenti il 31 dicembre 2019, come previsto dal dl n. 4/2019, convertito dalla legge n. 26/2019, che l’ha prorogata per l’anno 2019, perché la legge Bilancio 2020 dovrebbe darvi un altro anno ancora di vita, fino al 31 dicembre 2020. La misura si rivolge a favore di chi compia, nel corso dell’anno 2020, 63 anni d’età. L’Ape sociale dà la possibilità di mettersi a riposo prima del tempo, in attesa di maturare l’età per la pensione di vecchiaia (67 anni nel 2019 e anche nel 2020), a chi ha almeno 63 anni di età e versa in situazione di disagio economico, mediante erogazione di un sussidio mensile il cui importo massimo è di 1.500 euro lordi (a carico dello stato). Queste le condizioni per il diritto: aver cessato l’attività lavorativa;non essere titolare di una pensione diretta;trovarsi in una delle “particolari” situazioni tutelate; far valere un minimo di 30 anni di contributi (36 anni per chi svolge attività cd “gravose”);maturare una pensione di vecchiaia d’importo non inferiore a 1,4 volte l’importo della pensione minima dell’Inps (poco più di 723 euro mensili nel 2020).

Ape volontario Un anno ancora di «Ape volontario». Non chiuderà i battenti il 31 dicembre 2019, perché la legge Bilancio 2020 dovrebbe darvi un altro anno ancora di vita, fino al 31 dicembre 2020. Può essere richiesto da tutti i lavoratori, pubblici e privati: dipendenti, autonomi (artigiani, commercianti), parasubordinati, cioè iscritti alla gestione separata Inps. Sono esclusi i professionisti iscritti alle casse di previdenza. La richiesta è possibile a condizione che il richiedente sia in possesso dei seguenti requisiti: età non inferiore a 63 anni; accredito di almeno 20 anni di contributi;maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro tre anni e sette mesi (67 anni negli anni 2019 e 2020, per poi salire);importo della pensione di vecchiaia, al netto della rata del prestito Ape richiesto, non inferiore a 1,4 volte il trattamento minimo dell’Inps (che significa, a valore corrente nel 2019, non inferiore 718 euro mensili). All’Ape non possono avere accesso i pensionati diretti, cioè coloro che già siano titolari di una pensione da lavoro. Per contro, possono richiederlo i titolari di pensione indiretta: ad esempio, chi ha già una pensione di reversibilità del coniuge passato a miglior vita. Non è richiesta cessazione dell’attività di lavoro eventualmente svolta. L’Ape è detto «volontario» per distinguerlo da quello «sociale», il cui costo è a carico dello stato. È un “prestito” a tutti gli effetti, dello stesso tipo dei prestiti al consumo. Proprio perché è un prestito ha anche una (sorta) d’ipoteca (la pensione di vecchiaia) e un prezzo: interessi finanziari più premio di assicurazione contro il rischio premorienza più una commissione al fondo di garanzia dello stato.



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