Roberto Baggio chi è: vita privata, moglie e figli: Cosa ha detto ai funerali di Paolo Rossi


Roberto Baggio: Nato a Caldogno (in provincia di Vicenza) è stato un calciatore, attaccante di Fiorentina, Juventus (dove ha vinto nella stagione 94/95 lo scudetto e la Coppa Italia), Milan (scudetto 95/96), Bologna, Inter e Brescia, dove ha concluso la carriera nel campionato 2003/04 (la società, in suo onore, ha ritirato la maglia numero 10).


Il divin codino (il suo soprannome per via dell’acconciatura) è riconosciuto come uno dei più bravi calciatori della storia mondiale di questo sport, infatti nel 2004 Pelé l’ha inserito nella FIFA 100, la lista dei 125 più grandi calciatori viventi.

Non ha mai vinto la classifica marcatori della serie A ma è settimo, con 205 reti in 452 partite, nella graduatoria dei cannonieri di tutti i tempi, preceduto solo da Piola, Nordahl, Totti, Meazza, Altafini e Di Natale (che l’ha superato il 2 maggio 2015).

Nel 1993 ha vinto il Pallone d’oro, riconoscimento assegnato solo ad altri quattro calciatori italiani: Omar Sívori, Gianni Rivera, Paolo Rossi e Fabio Cannavaro.

In Nazionale ha totalizzato 56 presenze e 27 gol, che lo posizionano al quarto posto tra i marcatori azzurri, a pari merito con un altro grande numero 10: Alessandro Del Piero. Altro primato in azzurro di Baggio è essere l’unico giocatore italiano ad aver segnato in tre Mondiali diversi (1990, 1994, 1998). Vice campione del mondo nel 1994, ha vinto il bronzo ai Mondiali di Italia ’90.

Roberto Baggio: la vita privata

Nonostante la sua popolarità, Roberto Baggio è sempre stato un uomo molto riservato. Ne è prova anche il fatto che non ha profili social attivi. È pur vero, d’altronde, che sulla sua vita privata non c’è molto da dire. C’è stata un’unica donna importante nella sua vita, Andreina Fabbi: Roberto l’ha sposata nel 1989, e dalla loro relazione sono nati tre figli – Valentina, Mattia e Leonardo.

Fortissimo. Più forte del tempo e di tutto. E’ questo l’amore che legava, lega e legherà Vicenza e PaoloRossi, esploso come calciatore con la maglia biancorossa del Lanerossi con cui vinse il titolo di capocannoniere dal 1976 al 1978 prima in B e poi in A. In realtà in quegli anni c’era molto di più tra la città e l’attaccante, diventato idolo e icona non solo per quella montagna di gol realizzati ma anche e soprattutto per il suo modo pulito e trasparente di porsi.

Come questa cittadina veneta elegante e preziosa, come certe reti che l’attaccante sapeva inventare attingendo da un fiuto geniale a partorire gemme sul campo che per certi versi facevano tornare in mente la bellezza di alcuni monumenti palladiani invidiati in tutto il mondo.

Tra venerdì e ieri i vicentini si sono presentati con pudore e rispetto per l’ultimo saluto al loro concittadino onorario: in migliaia a sfilare davanti alla camera ardente allestita con organizzazione impeccabile dal club biancorosso che ha gestito poi i funerali di ieri di concerto col comune a cui hanno potuto partecipare in Duomo solo duecento invitati mentre la gente ha aspettato diligente fuori, dietro le barriere. Nella cattedrale gli amici di una vita passata sui campi di calcio di mezza Italia e tanti vicentini doc.

Dal presidente del Vicenza, Stefano Rosso, a Roberto Baggio, dal sindaco Francesco Rucco a Claudio Pasqualin, storico agente di Alessandro Del Piero. La scomparsa del numero 9 più leggero e forte che si sia mai visto da queste parti è una botta durissima da assorbire anche per questi veneti, abituata per Dna ad affrontare di petto il bene ma anche il male. «E’ dura, è durissima – spiega Stefano Rosso che lo aveva fatto diventare ambasciatore biancorosso e membro del Cda -. Difficile aggiungere altro, nei prossimi giorni parleremo con le istituzioni per capire cosa potremo fare per rendere la memoria di Paolo Rossi ancora più forte.

Lo stadio è intitolato a un grande giocatore vicentino, Romeo Menti. Il centro sportivo? Per il momento siamo itineranti. Vediamo, sicuramente troveremo il modo per omaggiare al meglio il ricordo di Paolo Rossi, una persona stupenda».

Passa a fianco lui, dentro un giubbotto nero come il suo stato d’animo Roberto Baggio. Porta in giro due occhi rossissimi e bagnati, Incrocia qualche ex campione come lui, un abbraccio, un altro e poi quando qualcuno gli chiede di fermarsi davanti ai microfoni per ricordare Paolo Rossi ciondola con la testa e dice «No grazie, non ce la faccio, troppo dura adesso».

Chi ha cercato di offrire parole di ristoro è stato Don Pierangelo Ruaro, vicentino e coetaneo di Paolo Rossi, da giovane andava a vederlo allo stadio e tifava per lui. Nella sua omelia le riflessioni hanno provato a mitigare la tristezza e la mestizia di un momento che ora più che mai non può che aprirsi alle lacrime: «Paolo diceva che nella vita siamo di passaggio, credeva in quello che ci attende dopo la vita.

Ci ha lasciato di sorpresa, la stessa con cui i difensori lo vedevano arrivare all’ultimo per essere anticipati dal suo tocco a mandare la palla in gol. Neanche i suoi compagni sapevano delle sue condizioni aggravati, perché ha voluto vivere sino alla fine con discrezione, come era nella sua natura. Perdiamo un campione ma anche e soprattutto un grande uomo. Da piccolo ha frequentato la chiesa, gli era persino venuta in mente l’idea di cercare un ruolo dentro ma dopo una settimana di seminario capì che non fa faceva per lui. Ha raccontato di come la fede gli sia servita soprattutto a superare i momenti bui e difficili. Un uomo di sorrisi, rispetto, semplicità, umiltà, disponibilità.

Disse che il momento più bello dei Mondiale vinto nel 1982 fu quando, sedutosi su un cartellone pubblicitario mentre i compagni completavano il giro di campo, guardò sugli spalti la gente felice. Capire di aver regalato tanta gioia fu la sua soddisfazione più grande». Dare. Ecco l’esempio di PaoloRossi. Dare senza pensare a cosa poter ricevere. Lui e la sua Vicenza: la generosità nel Dna. Che per lui, con le sue iniziative, ha voluto dire solidarietà e attenzione per i bambini. In Italia e in Brasile. Che aveva fatto piangere con quei tre gol per poi riconoscerne la grandezza. Non solo sull’erba.


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