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Stop alla scorta per gli ex premier, Renzi non ci sta e sfida Mantovano: la sua decisione sorprende tutti



In un recente articolo pubblicato dal quotidiano Il Foglio, firmato da Simone Canettieri, viene anticipata una decisione importante dell’esecutivo italiano: a partire dal 2026, gli ex presidenti del Consiglio non avranno più diritto alla scorta fornita dai Servizi segreti. La loro protezione sarà affidata esclusivamente al dispositivo gestito dal Ministero dell’Interno.



La decisione è stata comunicata attraverso una lettera firmata dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, che detiene la delega sui Servizi segreti. Il documento, visionato in anteprima dal quotidiano, spiega che tale scelta è frutto dell’applicazione di una circolare emanata durante il governo Conte II, ma mai attuata fino ad ora.

Secondo quanto riportato, questa misura interesserà diversi ex premier, tra cui Paolo Gentiloni, Matteo Renzi, Mario Monti, Romano Prodi e Massimo D’Alema. Tuttavia, non tutti gli ex presidenti del Consiglio usufruiscono attualmente della protezione mista: ad esempio, sia Mario Draghi che Giuseppe Conte sono già tutelati esclusivamente dal dispositivo del Viminale.

La lettera di Mantovano sottolinea che la protezione fornita dagli 007 rappresenta una “deroga alla disciplina generale”, che assegna al Ministero dell’Interno la competenza esclusiva in materia di protezione. Pertanto, con l’entrata in vigore del nuovo regime ordinario il 1° gennaio 2026, gli ex premier dovranno rinunciare al sistema di tutela speciale co-gestito da Aisi e dal Ministero dell’Interno.

Nella missiva si legge inoltre che l’attuale presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, continuerà a beneficiare della doppia protezione, come previsto dalla normativa vigente per il capo del governo in carica. “Per completezza d’informazione – si legge nel testo – si rappresenta che le misure differenziate restano invariate unicamente per il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore”.

Il sottosegretario spiega che la decisione si basa su un decreto presidenziale del 2020, il quale prevedeva una revisione generale dei dispositivi di protezione gestiti dall’intelligence, con l’obiettivo di ricondurre tali competenze al Ministero dell’Interno. Dopo un periodo transitorio durato cinque anni, il regime ordinario entrerà in vigore definitivamente dal 2026. Gli ex premier interessati sono stati invitati a contattare il Ministero dell’Interno per avviare le procedure necessarie all’assegnazione del nuovo servizio di protezione.

La notizia ha suscitato reazioni immediate. In particolare, il senatore Matteo Renzi, uno degli ex presidenti del Consiglio coinvolti dalla misura, ha criticato apertamente il sottosegretario Mantovano. Renzi lo accusa di aver violato la riservatezza divulgando informazioni personali attraverso i media. Inoltre, ha contestato le motivazioni ufficiali fornite dal governo, secondo cui la decisione sarebbe legata a una carenza di personale nei Servizi segreti. Renzi ha definito questa spiegazione “risibile” e ha suggerito che la scelta sia piuttosto legata a critiche politiche rivolte nei confronti dell’attuale esecutivo.

La questione della sicurezza degli ex premier è da tempo oggetto di dibattito in Italia. Se da un lato c’è chi sostiene che la protezione fornita dai Servizi segreti sia una misura necessaria per garantire l’incolumità di figure istituzionali di alto profilo, dall’altro vi sono opinioni secondo cui tale sistema rappresenti un privilegio eccessivo rispetto alle reali esigenze di sicurezza.

Questa nuova disposizione sembra riflettere un approccio più rigoroso e tecnico nella gestione delle risorse dedicate alla sicurezza. Tuttavia, resta da vedere come gli ex presidenti del Consiglio e l’opinione pubblica reagiranno a tali cambiamenti nei prossimi mesi.



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  • Troppi privilegi- E’ tutto troppo: stipendi, pensione, bonus e quant’altro rispetto a agli altri colleghi stranieri.