Una donna della Virginia ha raccontato la sua esperienza nell’aldilà dopo essere rimasta clinicamente morta per ben 24 minuti a seguito di un arresto cardiaco improvviso.
La questione di cosa accada dopo la morte è da sempre oggetto di dibattito. Difficile trovare risposte definitive, anche perché morire, capire cosa succede dopo e poi tornare indietro per raccontarlo è qualcosa di rarissimo.
Lauren Canaday, 39 anni, è una di quelle persone che dicono di aver varcato questo confine. Nel 2023, ha subito una crisi tonico-clonica (nota anche come crisi epilettica di tipo grand mal), durante la quale i suoi muscoli si sono contratti violentemente, portandola a perdere conoscenza e a smettere di respirare.
Il marito stava dall’altra parte del corridoio e ha sentito Lauren esclamare: «Oh, m**da». È corso da lei e l’ha trovata svenuta a terra, cianotica e senza respiro.
Grazie al suo pronto intervento, chiamando il 911 e praticando la rianimazione cardiopolmonare per quattro minuti, i soccorritori sono arrivati in tempo. Dopo 24 minuti complessivi e quattro scariche di defibrillatore, è stato ripristinato il battito cardiaco di Lauren.
È stata poi trasportata in ospedale, dove ha scoperto di essere risultata positiva al Covid-19. Le è stata diagnosticata una miocardite, un’infiammazione del muscolo cardiaco che può ridurne la capacità di pompare il sangue. I medici ritengono che il Covid abbia causato il suo arresto cardiaco improvviso.
Parlando con Newsweek qualche mese dopo, Lauren ha raccontato: «Dopo 9 giorni in terapia intensiva, mi hanno dichiarata ‘cognitivamente integra’ e non ho subito danni cerebrali visibili alla risonanza magnetica. Anche l’EEG è risultato normale, nonostante la storia di convulsioni e uno stato epilettico durato oltre 30 minuti subito dopo la rianimazione».
Tuttavia, dopo la degenza ospedaliera, è stata lasciata a sé stessa e a suo marito. Lauren ha spiegato su Reddit: «Pensavo che dopo un evento così grave si avesse una rete di protezione sociale, un’assistenza particolare. Invece sono stata semplicemente rimandata a casa, ancora dolente per l’intervento per l’impianto del defibrillatore e costretta a prendere dieci farmaci che abbassavano la pressione sanguigna al punto da dover tornare al pronto soccorso».
«Nessun assistente sociale è venuto a spiegarmi come richiedere l’invalidità – che negli Stati Uniti è difficile da ottenere dopo un arresto cardiaco –, e i medici hanno solo dieci minuti a disposizione per paziente, quindi molte delle mie domande le ho risolte cercando aiuto da altri sopravvissuti, che non sono molti».
Lauren ha aggiunto: «Sento che la mia prima vita è finita a febbraio e che ora sto vivendo una seconda vita. La gente pensa che sto meglio perché posso camminare e persino fare escursioni (lentamente), probabilmente non sa che ho un defibrillatore impiantato nel corpo. Quando mi dicono che sto bene o meglio, mi fa strano perché non sono più la stessa persona e rimango sempre consapevole di quello che ho vissuto».



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