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Flotilla, prime fughe: “Troppo pericoloso”. Un partecipante scende e decide di tornare a casa



Il fotoreporter fiorentino Niccolò Celesti ha annunciato la sua decisione di abbandonare la Global Sumud Flotilla, una spedizione umanitaria diretta verso la Striscia di Gaza per fornire aiuti alla popolazione locale. Attualmente si trova a Creta, in un porticciolo vicino a Lerapetra, e ha dichiarato: “Devo portare avanti l’altra missione umanitaria che svolgo in Ucraina e poi mi organizzerò per una nuova missione per Gaza”.



La sua scelta arriva in un contesto di crescente tensione, dopo che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha lanciato un appello agli attivisti della Flotilla, esortandoli a tornare indietro e a non tentare di forzare il blocco imposto da Israele. Mattarella ha garantito la mediazione del Patriarcato Latino per facilitare l’arrivo degli aiuti a Gaza, ma la Flotilla ha deciso di proseguire la sua missione.

Celesti ha spiegato al Corriere della Sera le ragioni della sua uscita dal gruppo. Ha affermato di non essere più allineato con le posizioni del comitato direttivo, evidenziando che “si erano create troppe divergenze”. Ha aggiunto: “Non sono l’unico ad essere uscito; molti la pensano come me e sono venuti via. Ciò non vuol dire che non credo nella missione, anzi vorrei ancora essere a bordo, ma ho fatto un passo indietro proprio per non creare tensioni all’interno del gruppo. È stato come abbandonare una montagna a pochi passi dalla vetta; è stata una scelta sofferta e ponderata per giorni”.

Entrando nel merito delle divergenze, Celesti ha chiarito che, prima della partenza, durante i corsi di formazione a Catania, era stato chiaramente comunicato che l’obiettivo non era quello di entrare nelle acque territoriali di Gaza, che, sebbene controllate da Israele, sono considerate palestinesi. Ha sottolineato che, sebbene ci siano state divergenze, il fine comune rimaneva quello di aiutare il popolo palestinese. “Io sono pronto a rischiare l’arresto, le difficoltà e i pericoli, ma non a rischiare la vita senza un’analisi seria delle modalità con cui si arriva a quella capitolazione, senza una reale possibilità di successo per Gaza, e senza una strategia concreta per proteggere la vita dei volontari e delle persone coinvolte in questo progetto”, ha dichiarato.

A influenzare la sua decisione è stato anche l’appello del presidente Mattarella e il messaggio simile del ministro della Difesa, Antonio Tajani. Celesti ha affermato: “Se il ministero della difesa e il presidente della Repubblica ti dicono di trattare per vie diplomatiche perché non possono garantire la nostra incolumità, non possiamo non dare loro credito; significa che il rischio è reale”. Ha aggiunto che queste dichiarazioni hanno avuto un impatto significativo sulla sua scelta, poiché ritiene che trovare una soluzione debba includere tutte le possibili strade, comprese quelle diplomatiche.

Il fotoreporter ha espresso preoccupazione per la situazione attuale, avvertendo che “il rischio è che possa scapparci il morto; la situazione potrebbe sfuggire di mano”. Ha continuato dicendo che, anche se si riuscisse a rompere il blocco e entrare nelle acque di Gaza, la distribuzione degli aiuti, che sarebbero comunque limitati, potrebbe trasformarsi in un “bagno di sangue”, sia per i volontari che per i civili palestinesi. “Credo che tutti sappiano quanto questa possibilità sia, di fatto, irrealizzabile”, ha concluso.

La decisione di Celesti di lasciare la Flotilla riflette non solo le sue convinzioni personali, ma anche un contesto più ampio di preoccupazioni sulla sicurezza e sulla strategia umanitaria in una regione già segnata da conflitti e tensioni. La sua esperienza mette in luce le sfide che affrontano coloro che cercano di portare aiuto in situazioni di crisi, evidenziando la necessità di un approccio ben ponderato e coordinato per garantire la sicurezza di tutti i coinvolti.

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