La figura di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi, è al centro di un acceso dibattito a causa del suo sostegno a Hamas, che ha definito non un’organizzazione criminale e ha giustificato il massacro del 7 ottobre come «una risposta all’occupazione sempre maggiore che Israele compiva sui territori arabi». Tuttavia, la realtà è che gli stessi territori sono amministrati in autonomia dall’Autorità Palestinese (Anp) e da Hamas, con Israele privo di controllo diretto su di essi. Albanese è accusata di diffondere false informazioni su Gaza e Israele e di aver utilizzato un curriculum con dati non veritieri, definendosi avvocato pur non essendolo.
Un elemento che alimenta il dibattito è il ruolo del marito di Albanese, Massimiliano Calì, economista con una posizione dichiaratamente critica verso Israele. Nel suo passato figura una collaborazione come consigliere economico presso il Ministero delle Finanze e dell’Economia della Palestina a Ramallah, incarico legato all’Autorità Palestinese, per la quale ha redatto rapporti che accusano Israele di ostacolare lo sviluppo economico dei territori palestinesi attraverso posti di blocco e restrizioni di mobilità. Calì ha stimato un costo del 6% del Pil per tali restrizioni, ma omette di segnalare che prima dell’attacco del 7 ottobre numerosi lavoratori palestinesi entravano regolarmente in Israele per lavorare, e che molte restrizioni sono state imposte solo dopo l’attacco di Hamas. Alcuni suoi post sui social sono stati identificati come propagandistici e a tratti antisemiti, definendo Israele un «regime di apartheid».
Francesca Albanese ha difeso il marito negando che sia stato assunto o pagato dall’Autorità Palestinese, spiegando che nel 2011 Calì svolse una consulenza per l’Onu nei territori palestinesi occupati, con il compito di rafforzare capacità del Ministero dell’Economia palestinese, anche se sul sito della World Bank figura come consulente economico per il Ministero dell’Economia nazionale palestinese.
Oggi, Massimiliano Calì ricopre il ruolo di senior country economist per la Banca Mondiale in Tunisia, un paese nel quale, come evidenziato da recenti inchieste, transitano fondi riconducibili a Hamas attraverso entità come il movimento islamista Ennahda e l’organizzazione Nama Tounes. La Banca Centrale tunisina ha congelato conti bancari di membri di Ennahda, collegati a Hamas, suscitando interrogativi sull’opportunità di tale collocazione per Calì. Questo ha sollevato sospetti di un possibile conflitto di interessi, una situazione che è stata poco divulgata da Albanese.
Il caso di Albanese e Calì solleva dubbi sull’imparzialità e l’integrità di funzionari Onu coinvolti in contesti delicati come quello israelo-palestinese, e sottolinea le difficoltà di mantenere la neutralità in scenari politici complessi e connessi.



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