Mercoledì sera, un tragico evento ha scosso la cittadina di Muggia, in provincia di Trieste, quando O. S., una donna di 55 anni di nazionalità ucraina, ha ucciso il suo unico figlio, Giovanni, di 9 anni. L’episodio è avvenuto poco prima che il bambino tornasse dal padre, un uomo di 58 anni, residente a Trieste. Il padre, preoccupato per l’assenza di notizie, ha inizialmente tentato di contattare la madre e, non ricevendo risposta, ha allertato le forze dell’ordine.
Intorno alle 22:00, i vigili del fuoco, utilizzando un’autoscala, sono riusciti ad accedere all’appartamento attraverso una finestra. All’interno, hanno trovato il corpo senza vita di Giovanni, che presentava evidenti ferite da taglio alla gola. O. S. era in stato di choc e, dopo aver commesso l’omicidio con un grosso coltello da cucina, aveva cercato di simulare un gesto autolesionista, tentando di tagliarsi le vene. Tuttavia, la donna ha riportato solo una lesione a un tendine e, successivamente, è stata arrestata e portata nel carcere di Trieste.
La coppia, in fase di separazione, aveva affidato il bambino al padre, che non viveva in Friuli Venezia Giulia. La situazione familiare era monitorata dal tribunale e dai servizi sociali, ma non vi erano segnali che potessero far presagire una simile tragedia. Il sindaco di Muggia, Paolo Polidori, ha dichiarato che la donna era seguita dal Centro di salute mentale e ha descritto la situazione come “difficile ma non drammatica”.
Giovanni frequentava la quarta elementare presso la scuola slovena di Muggia. La madre aveva recentemente ottenuto il permesso di incontrarlo da sola, il che rende ancora più angosciante l’evento. Quando gli agenti della Squadra mobile sono arrivati sul posto, il piccolo era già deceduto nel bagno dell’abitazione. Il padre, visibilmente distrutto, ha dato l’allerta, ma purtroppo non è riuscito a salvare il figlio.
LUTTO CITTADINO
Il sindaco ha annunciato che sarà proclamato il lutto cittadino. «La comunità è devastata, ho già avuto una riunione con i servizi sociali: cerchiamo di stare vicino il più possibile. La famiglia fa parte della comunità, anche il parroco la conosce». Il Comune sta attivando anche un servizio di assistenza alla scuola che frequentava il bambino, di supporto ai compagni di classe. «Conoscevo bene la famiglia, almeno si vorrebbe chiamarla così, perché era una situazione davvero molto complicata», ha detto il parroco della Diocesi di Trieste, Andrea Destradi. Il parroco ha raccontato di avere visto il padre del bambino «in piazza Marconi a Muggia verso le 21.30 di mercoledì. Non mi sono fermato a parlare con lui perché era al telefono e stava cercando di mettersi in contatto con la mamma che non rispondeva, in casa non rispondeva nessuno». Ricorda di aver visto «l’ultima volta insieme il padre con il figlio sabato sera a messa, perché si preparava alla prima comunione». Secondo Destradi la donna «aveva molte fragilità. Veniva spesso da me in parrocchia a chiedere aiuto. Voleva una casa, un lavoro ma noi, che come parrocchia aiutiamo un sacco di gente, non riuscivamo ad affrontare queste problematiche che erano di tipo medico, per lei non bastava trovare un impiego».
Mentre il primo cittadino aggiunge: «La città si stringe intorno alla famiglia, a mezzogiorno abbiamo organizzato un picchetto con la Polizia Locale con un minuto di raccoglimento, per dimostrare la più forte solidarietà al padre, ai compagni di classe e alla squadra di calcio». A Muggia in questi giorni «si sta allestendo la Sagra di San Martino, l’organizzazione è già in moto ma, ovviamente, si toglieranno tutte le parti di inaugurazione», spiega ancora Polidori. Gli accertamenti della Squadra Mobile diretta dal sostituto procuratore intervenuto sul posto, e i rilievi della Polizia Scientifica hanno permesso di ricostruire la dinamica dei fatti attribuendo la responsabilità del gesto alla madre del piccolo, che ha tentato successivamente di togliersi la vita.
LA DENUNCIA
Soltanto da pochissimi giorni erano iniziati gli incontri liberi tra la mamma e il figlio di 9 anni. In precedenza, per il bambino era stata predisposta una forma protetta di incontri con la donna, alla presenza degli assistenti sociali. Completato questo tipo di percorso, si era deciso di consentire alla donna di stare assieme al figlio senza la presenza di altri adulti. La madre aveva l’affidamento per tre giorni alla settimana. Avrebbe dovuto riconsegnarlo entro le 21 di mercoledì. La battaglia legale tra i genitori era iniziata otto fa e il padre nel 2023 mostrando foto del piccolo con dei lividi sul collo aveva denunciato: «Non lasciatele mio figlio, è pericolosa». Quando l’hanno trovato era morto da ore. La mamma anche aveva tentato di togliersi la vita. Era sotto choc, seduta accanto al figlio con ferite superficiali ai polsi. È stata ricoverata in ospedale, come pure il padre colpito da malore una volta appresa la notizia. La donna era considerata una «psichiatrica nota con alle spalle già episodi di violenza nei confronti del figlio». Solo da poco poteva incontrare il figlio Giovanni da sola, senza la presenza di estranei. Cosa sia scattato nella donna, seguita a fatica dal Centro di salute mentale, al centro di una separazione sofferta, resta un mistero. Con una sola vittima: il piccolo Giovanni, solare, iscritto alla squadra di calcio il Muggia 1967, una vita appena accennata e annientata per sempre dal raptus improvviso di una mamma.



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