Carlo Calenda, leader di Azione, ha reagito con veemenza a un’intervista concessa al giornalista del quotidiano Il Tempo. Il retroscena della vicenda è stato fornito da D’Orsi, che ha descritto l’episodio come una reazione eccessiva.
“#Calenda ha fatto una scenata isterica”.
Il retroscena di D’Orsi sulla sfuriata del leader di Azione al cronista del Tempo.https://t.co/6potaChXGC pic.twitter.com/HM5bJP4i8f— ▲ FONTE AUTOREVOLE ▲ (@francotaratufo2) November 13, 2025
D’Orsi: “La censura nei miei confronti? Altro che democratici, sono solo fascisti”
«La preventiva negazione della libertà di espressione a chi detiene opinioni divergenti configura un regime fascista, non certo una democrazia o un riformismo». Sono queste le parole forti pronunciate dal sociologo Angelo D’Orsi in merito alla cancellazione di una conferenza intitolata “Russofilia, russofobia e verità”. Il chiarimento fornito dal sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, il quale ha comunicato direttamente a D’Orsi di non essere al corrente degli eventi in corso, non è stato sufficiente a placare la polemica.
Chi ha impedito a D’Orsi di tenere una lezione priva di intenti propagandistici? Il Partito Democratico? Il sindaco?
«Attualmente, prevale la tendenza a scaricare le responsabilità, con tutti che affermano di non essere responsabili. La realtà è ben diversa: in determinati ambienti, la semplice menzione della Russia suscita reazioni di forte allarme. È preoccupante la posizione assunta dal duo Picierno-Calenda. Se consentiamo loro di influenzare la politica estera del Partito Democratico, è evidente che quest’ultima ne subirà le conseguenze. Assistiamo a una crescente “Natofilia”, con un numero crescente di individui che propongono l’invio dei nostri giovani a combattere in guerra».
D’Orsi si dice sorpreso che questa censura sia stata perpetrata da una forza politica che, fino al conflitto in Ucraina, si riferiva al modello sovietico.
«La verità è che una parte della sinistra non possiede una conoscenza approfondita della Russia. Durante quel convegno, non mi presentavo come un politico, ma come uno storico, o meglio, come un professore, desideroso di presentare una prospettiva diversa da quella che, talvolta, viene diffusa. Il mio obiettivo era quello di tenere una semplice conferenza per analizzare i rapporti tra Russia e Occidente negli ultimi secoli».
Quali sono le ragioni che hanno impedito la realizzazione della conferenza?
«Mi è stato impedito di procedere con la conferenza ancor prima di iniziare il mio intervento, un fatto gravissimo, considerando che ci troviamo in Italia e nella mia città, Torino. Ho avuto l’opportunità di viaggiare in tutto il mondo. Sono 46 anni che insegno all’Università e posso affermare con certezza che, nemmeno in Iran, mi è stato impedito di presentare uno studio o una relazione documentale. Non ero lì per discutere di temi di attualità».
In qualità di studioso di Gramsci e uomo di sinistra, non le suscita perplessità il fatto che, attualmente, sia Donald Trump a intraprendere iniziative di pace con Mosca?
«L’Unione Europea, a mio parere, è determinata a perseguire un conflitto. Nonostante i limiti intrinseci al personaggio, Trump sta dimostrando maggiore efficacia. È l’unico ad aver tentato un dialogo. È lecito interrogarsi sulla saggezza di uno scontro con una potenza nucleare dotata di 6500 testate. Il Presidente degli Stati Uniti ha chiaramente affermato che l’Ucraina sta subendo una sconfitta nel conflitto e che, pertanto, deve accettare tale condizione. Questa Europa che si erge a paladina della morale nei confronti di Netanyahu, in realtà, agisce in modo analogo: manda i propri cittadini al sacrificio per tutelare i propri interessi. L’intera vicenda evidenzia i limiti della democrazia contemporanea. Infatti, a parte alcune eccezioni, l’intero continente si allinea con Kiev, dove un singolo individuo, detentore di un potere assoluto, detiene le redini del governo. Non si tratta forse di una forma di totalitarismo soft?».
Non le appare incongruo che la medesima area politica che denuncia i presunti crimini di Putin, si mostri disponibile al dialogo con organizzazioni terroristiche responsabili di atti violenti contro i dissidenti?
«Sono fermamente a favore delle ragioni dei palestinesi e condanno con forza quanto sta accadendo in Medio Oriente. Pur riconoscendo che tale paragone possa risultare improprio, ritengo che sia un errore strategico temere la Russia e, al contempo, non nutrire timore nei confronti di organizzazioni potenzialmente pericolose. I sostenitori di Putin non sono noti per compiere azioni violente in pubblico. Di recente ho fatto ritorno da Mosca e posso affermare di aver percepito una realtà diversa da quella descritta da numerosi osservatori. Ho avuto l’opportunità di confrontarmi con intellettuali e cittadini comuni. Tutti nutrono un sentimento di affetto nei confronti dell’Italia e non serbano alcun rancore nei nostri confronti. Non esiste pensatore a Mosca che non abbia visitato l’Italia almeno una volta, così come non esiste cittadino che non apprezzi la nostra lingua. Alcuni criticano le posizioni del nostro governo, ma nessuno nutre ostilità nei confronti di un popolo amico».
Nel contesto della sua ideologia politica, si può affermare che Berlusconi fosse più incline al dialogo rispetto al partito guidato da Schlein?
«Certamente! Egli attribuiva grande importanza al mantenimento di relazioni positive con i paesi del Mediterraneo, così come con tutti gli stati membri del continente. La sua politica era, senza dubbio, caratterizzata da un approccio dialogico. Questo Partito Democratico, al contrario, si è allineato alle direttive di Washington, proprio come accusa quella Meloni. Si muove nella direzione stabilita da Bruxelles o Francoforte. Riscontro in ciò una grave carenza morale e intellettuale».



Add comment