Un momento di crisi si è manifestato intorno alle 17, quando la tensione tra Palazzo Chigi e il Quirinale è emersa in tutta la sua gravità. I media hanno iniziato a riportare titoli come “Garofani inopportuno”, suggerendo un attacco diretto alla presidenza della Repubblica. Sergio Mattarella, visibilmente sorpreso dalla situazione, ha percepito che i fatti non corrispondevano ai commenti pubblicati, portando a interrogativi sul perché la presidente del Consiglio continuasse a criticare dopo aver richiesto un incontro.
Durante il colloquio, Meloni aveva mantenuto toni gentili, esprimendo dispiacere per l’accaduto e lasciando intendere che il capogruppo Galeazzo Bignami potesse aver commesso un errore nel redigere un comunicato poco chiaro. Tuttavia, il messaggio di Mattarella è stato chiaro: l’atteggiamento del governo non sembrava indicare un desiderio di chiudere il caso. La linea rossa che separa i due palazzi è stata attivata, e un messaggio è stato recapitato a Meloni, accompagnato da un avviso implicito: “Avevamo apprezzato la scelta di chiedere un incontro, pensavamo che l’intenzione fosse di voltare pagina, ma con questo atteggiamento Palazzo Chigi dimostra di non voler chiudere il caso”.
Questo linguaggio diplomatico ha rivelato un sospetto più profondo: il governo potrebbe continuare a considerare il Quirinale come un avversario. In risposta, l’esecutivo ha tentato una retromarcia, dichiarando “caso chiuso” attraverso i capigruppo di Fratelli d’Italia, incluso Bignami, e ribadendo la loro stima per il presidente.
Nonostante ciò, nel Quirinale si percepisce che i rapporti siano stati danneggiati in modo significativo. Le tensioni sono amplificate da indiscrezioni riguardanti l’ambizione di Meloni di succedere a Mattarella, mentre il governo si prepara a chiudere la partita sulla riforma del premierato. Inoltre, una mail anonima contenente informazioni su Garofani è stata pubblicata quasi integralmente dal quotidiano La Verità, alimentando ulteriormente i sospetti di un complotto.
La sensazione al Quirinale è che le accuse di complotto contro il governo possano essere interpretate come un attacco diretto alla presidenza. Meloni, parlando a chi l’ha contattata, ha affermato che, nonostante la tensione, ci sarebbe stato un chiarimento durante il colloquio. Ha precisato che non c’era nulla di personale contro Mattarella, ma ha sollevato preoccupazioni riguardo alla leggerezza con cui un suo consigliere avrebbe trattato certe tesi.
Tuttavia, la domanda rimane: Meloni ha chiesto la rimozione di Garofani? La presidente ha negato, affermando: “Altrimenti l’avrei fatto pubblicamente”. D’altra parte, il Quirinale ha risposto che l’articolo apparso su La Verità era chiaramente diretto contro il capo dello Stato, e che le affermazioni di Bignami costituivano un attacco alla presidenza. Meloni ha replicato che la citazione di Garofani era intesa a sostenere l’opposto, ovvero che il bersaglio del discorso era solo il consigliere.
Verso la sera, si è giunti a una formula di armistizio: “caso chiuso”. Per il Quirinale, tuttavia, la questione rimane aperta e chiusa dalla stessa mano. Le domande e i sospetti continuano a serpeggiare. La mail, che ha trovato spazio in un articolo del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, ha lasciato nel Quirinale la sensazione di avere ancora interrogativi da chiarire. Inoltre, il governo ha attaccato il Quirinale, sostenendo che Garofani avesse parlato di “scossone”, quando in realtà quel virgolettato non era attribuito al consigliere con delega alla Difesa.



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