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Accordo epocale in Europa: dal 2027 vietato il gas russo



L’Unione Europea ha ufficialmente adottato una decisione che era nell’aria dal 2022: interrompere definitivamente le importazioni di gas dalla Russia. Dopo lunghi mesi di negoziati, le istituzioni europee, tra cui Consiglio, Parlamento e Commissione, hanno raggiunto un accordo politico che prevede il divieto totale sia per il gas naturale liquefatto (GNL) che per quello trasportato tramite gasdotto. Questa scelta è considerata “storica” a Bruxelles, poiché segna la fine di un rapporto energetico che per anni ha fornito quasi la metà del fabbisogno energetico dell’Unione.



Il piano di transizione sarà graduale, concepito per evitare shock ai mercati, ma le scadenze sono fissate in modo preciso: entro il 31 dicembre 2026, le importazioni di GNL saranno vietate, mentre il gas trasportato tramite gasdotto sarà bloccato dal 30 settembre 2027. In situazioni eccezionali, se gli stoccaggi nazionali risultassero insufficienti, gli Stati membri potranno richiedere una proroga tecnica fino al 1° novembre 2027, dopo di che ogni flusso di gas dovrà essere interrotto.

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha definito questa giornata come “una giornata storica”, sottolineando che l’UE ha “spezzato una dipendenza che molti credevano insuperabile”. Anche la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, ha commentato l’accordo, dicendo che si tratta di una “decisione che colpisce al cuore la macchina bellica russa”. Il commissario europeo Dan Jorgensen ha aggiunto che “non ci sarà mai più un ritorno alla vulnerabilità energetica verso Mosca”.

L’accordo prevede un approccio a “doppio binario” con scadenze ben definite. I contratti a breve termine firmati prima del 17 giugno 2025 dovranno interrompere le importazioni di GNL entro il 25 aprile 2026 e quelle di gas via tubo entro il 17 giugno 2026. I contratti a lungo termine dovranno essere chiusi entro il 1° gennaio 2027 per il GNL e il 30 settembre 2027 per il gas via gasdotto, con possibilità di estensione in caso di problemi negli stoccaggi.

In aggiunta al divieto, il nuovo regolamento introduce un sistema di monitoraggio rigoroso nel settore energetico. Sarà obbligatoria la cooperazione tra Stati membri, Commissione, ACER, Procura Europea e OLAF. Le forniture dovranno essere tracciabili e sarà obbligatorio dichiarare l’origine del gas. Sono previste sanzioni per chi non rispetta le norme, e la sospensione temporanea del regolamento sarà possibile solo in caso di minacce alla sicurezza energetica di uno o più Paesi. Ogni governo dovrà presentare un piano nazionale di diversificazione entro marzo 2026 per dimostrare come sostituirà i volumi di gas persi e con quali partner.

Tuttavia, non mancano le opposizioni. Mentre l’accordo veniva finalizzato a Bruxelles, l’Ungheria, guidata da Viktor Orbán, ha annunciato l’intenzione di contestare il regolamento davanti alla Corte di Giustizia dell’UE. Budapest sostiene che l’Unione stia invadendo la sua “autonomia energetica” e teme che un divieto imposto possa compromettere la sua sicurezza energetica. Sebbene il ricorso non sospenda automaticamente il regolamento, apre un contenzioso che potrebbe influenzare il percorso verso il 2027. La questione è ulteriormente complicata dal fatto che Ungheria e Slovacchia continuano a importare gran parte del loro petrolio dalla Russia, e la Commissione dovrà elaborare un piano personalizzato per questi Stati membri.

L’impatto di questa decisione sull’Europa è complesso. Da Mosca, sono arrivate reazioni prevedibili, con il Cremlino che ha accusato l’Europa di “auto-sabotaggio” e ha previsto un aumento dei costi energetici e una perdita di competitività. Anche alcuni gruppi politici europei, come gli eurodeputati della Lega, avvertono di un possibile aumento dei costi per famiglie e imprese, sostenendo che il divieto non indebolirà realmente l’economia russa.

Tuttavia, le statistiche mostrano che la dipendenza dell’Europa dal gas russo è diminuita drasticamente, con la quota che è scesa a livelli storicamente bassi. Molti Paesi, inclusa l’Italia, hanno già diversificato le loro fonti di approvvigionamento, aumentando le importazioni di GNL da Stati Uniti, Qatar e Algeria. I prezzi del gas rimangono volatili ma non estremamente elevati, suggerendo che i mercati non prevedono tensioni immediate.



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