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Oggi ho mentito a un paziente in fin di vita. E ancora non so se sia stata la cosa giusta da fare.



Faccio l’infermiera da anni, e ho sempre cercato di mantenere la giusta distanza, con professionalità. Ma oggi… oggi qualcosa in me si è incrinato.



Il mio paziente era un uomo anziano, ormai agli ultimi respiri. Era completamente solo. Nessun familiare, nessun amico. Solo lui, in quella stanza silenziosa. Nella sua cartella c’era annotata l’esistenza di una figlia, da cui era separato. Ma lei non è mai venuta.

Negli ultimi istanti, ha cominciato a sussurrare il suo nome. Allungava la mano nel vuoto, cercando una presenza, un contatto. E l’idea che potesse morire così, con quel vuoto intorno e dentro, mi ha spezzato il cuore.

Mi sono seduta accanto a lui, gli ho preso la mano e gli ho detto che ero io, sua figlia. Gli ho detto che lo amavo, che poteva lasciarsi andare. Lui ha stretto la mia mano, e in quel gesto c’era finalmente pace. È morto poco dopo, con un’espressione serena sul volto.

So di aver superato un limite. So di aver detto una bugia. E adesso sono qui, a chiedermi se dovrei sentirmi in colpa. Ma non riesco a pensare ad altro che a quella pace nei suoi occhi.

Avevo solo bisogno di dirlo a qualcuno. Perché questo, ai miei colleghi, non posso confessarlo.



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