Anziani, adesso l’eta giusta per esserlo sono 75 anni



Da oggi la popolazione italiana può considerarsi più giovane: si è ufficialmente “anziani” dai 75 anni in su. La svolta arriva dal Congresso nazionale della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg) che si tiene a Roma. “Un 65enne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un 40-45enne di 30 anni fa. E un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980”, spiega Niccolò Marchionni, professore ordinario dell’Università di Firenze e direttore del dipartimento cardiovascolare dell’Ospedale Careggi.



“Oggi alziamo l’asticella dell’età a una soglia adattata alle attuali aspettative di vita nei Paesi con sviluppo avanzato”, dice Marchionni. “I dati demografici ci dicono che in Italia l’aspettativa di vita è aumentata di circa 20 anni rispetto alla prima decade del 1900. Non solo, larga parte della popolazione tra i 60 e i 75 anni è in ottima forma e priva di malattie – aggiunge – per l’effetto ritardato dello sviluppo di malattie e dell’età di morte”.

I geriatri insomma lanciano l’adozione di una definizione dinamica del concetto di “anzianità” che si adatti “alle mutate condizioni demografiche ed epidemiologiche. E tenendo contro che scientificamente si è anziani quando si ha un’aspettativa media di vita di dieci anni”.

Attualmente le indagini statistiche individuano nella media di 85 anni la longevità per le donne, e di 82-83 per gli uomini. “Del resto la realtà è sotto gli occhi di tutti – conclude Marchionni – una persona che ha 65 anni ai giorni nostri non si riesce proprio più a percepirla come ‘anziana’”.

INTERESSE per il target degli italiani di età superiore ai 65 anni sta crescendo: sono sempre più numerose le ricerche, con un taglio di marketing o uno sociale, che riguardano le attitudini della popolazione verso i concittadini in questa fascia di età, ma anche le ricerche che coinvolgono direttamente (e spesso esclusivamente) gli over 65enni. Vediamo i risultati di alcune recenti indagini e rielaborazioni di dati svolte da AstraRicerche.

In salute e attenti al proprio benessere

I cittadini maggiorenni sono convinti che gli over 65enni sono un gruppo caratterizzato da un buono stato di salute (certamente migliore di quello degli over 65enni di 30 anni fa, ne è convinto l’83,2% degli intervistati), che sono attivi e dinamici (75,9%). Il miglioramento non riguarda solo lo stato di salute ma anche l’attenzione che tale gruppo sociale presta alla propria condizione fisica, al proprio benessere (solo il 23,2% ritiene che gli appartenenti alla terza e alla quarta età siano meno attenti al proprio benessere rispetto alle altre generazioni).

Per poco più della metà dei 18-85enni gli over 65enni possono contare su una rete familiare e amicale che dà sostegno e relazioni (54,4%), mentre la rete assistenziale (rappresentata in primis dal Servizio sanitario nazionale, ma non solo) è ritenuta accessibile ed efficiente verso i meno giovani solo dal 41,7%.

Target necessario

Abbiamo definito gli over 65enni come target, utilizzando un termine che associa questo gruppo sociale al suo possibile ruolo di consumatore e acquirente, tuttavia solo il 38,9% degli italiani maggiorenni reputa che le aziende stiano creando beni e servizi proprio per gli over 65enni. E proprio i 65-85enni sono più critici in merito all’offerta mirata (solo il 35% si sente destinatario di prodotti ad hoc).

In effetti le analisi svolte da Astra- Ricerche mostrano come le necessità siano duplici: da una parte ideare prodotti specificamente pensati per gli over, dall’altra parte utilizzare una comunicazione specifica (adatta al target per mezzi, modalità di comunicazione, stile di comunicazione, bilanciamento tra elementi testuali ed elementi visuali).

Supporto prezioso per la famiglia

Secondo gli italiani è fondamentale che gli over 65enni siano in salute, con una buona condizione fisica (70,8%) e indipendenti, autonomi (57,1%). Gli intervistati affermano che conta maggiormente che siano inseriti in un solido contesto sociale e familiare (45%) più che essere accuditi (30,6%) o convivere (o vivere molto vicino) con i propri familiari (29,1%). I cittadini italiani, in sintesi, non vedono gli over 65enni come dipendenti dalle famiglie, ma mettono l’accento sulla necessità di una loro indipendenza, pur in un contesto relazionale intenso.

D’altra parte l’idea che gli over 65enni non siano e non debbano assolutamente essere isolati è comune alla grande maggioranza dei 18-85enni: per il 70,8% “sono un importante supporto alle famiglie nella custodia e nell’educazione di bambini e ragazzi” e solo per l’11,4% sono un peso, un elemento di difficile gestione in famiglia (con una nota rilevante, a pensarlo maggiormente sono proprio i 60-69en- ni, 16%, e i 70-85enni, 29%, come a dire che sono più loro a sentirsi un peso di quanto non venga avvertito da chi tale ipotetico gravame dovrebbe sopportare).

Valori positivi

Il gruppo degli over 65enni è associato a valori positivi: per due terzi (66,1%) gli appartenenti a questa fascia di età sono custodi della memoria collettiva, trasmettendo quell’insieme di ideali e valori comuni che reggono e guidano la convivenza sociale (lo pensano in particolare i più anziani, ma anche tra i giovani si trovano percentuali elevate, ad esempio il 54% tra i 18-29enni). Non solo: viene riconosciuto un possibile ruolo di mentori (“grazie alla loro esperienza sono in grado di proporre consigli e insegnamenti”: 60,6%) e per più di un italiano su due (53,2%) sono un punto di riferimento anche per i cittadini più lontani da loro per aspetti anagrafici (“sono un punto di riferimento per i più giovani, in un rapporto che mescola elementi di compagnia, autorevolezza, protezione e divertimento”).

Temprati dal passato e dalle esperienze

D’altra parte, coloro che non fanno parte della generazione di cui stiamo parlando (specificamente i 18-54enni) ritengono che gli over 65enni abbiano un bagaglio di valori e ideali positivi con cui si sono formati e che oggi sembrano persi dalla cittadinanza (il 34,8% concorda pienamente, il 45,8% abbastanza), forse anche perché “rispetto alle generazioni successive” – cioè quelle dei rispondenti – “hanno sopportato e affrontato momenti di maggiore difficoltà che li hanno portati a dare il giusto valore alle cose e alle situazioni della vita” (qui il consenso è amplissimo: 81,4%, di cui più della metà con un convinto molto). E sempre i 18-54enni riconoscono che saranno sempre più una risorsa preziosa per la società (in ambito produttivo, sociale, culturale) di cui non si potrà non tenere conto (73,9%).

Il giudizio su se stessi

Ma diamo la parola ai 65-85enni: hanno la stessa visione degli italiani maggiorenni? Innanzitutto è vero che descrivono se stessi con forti ideali (56,2%) e complessivamente in buono stato di salute (più della metà descrive lo stato di salute attuale come buono o – molto minoritariamente – ottimo). Il loro desiderio è più relativo al proprio benessere mentale, alla lucidità (73,7%) che al benessere fisico (68,2%), mentre viene pienamente confermato il desiderio di essere autonomi, indipendenti (64,5%) come prevalente su quello di essere accuditi (13,3%).

I 65-85enni rivendicano chiaramente il ruolo di supporto alla famiglia, sotto l’aspetto economico (82,2%) e sotto quello dell’educazione e custodia dei più piccoli (85,5%), oltre all’essere una risorsa per l’intera società (79,4%).

Gap generazionale?

II distacco dalle nuove generazioni c’è ma è probabilmente meno ampio di quanto si ritenga: gli over 65enni hanno una buona apertura verso le tecnologie, soprattutto perché gli strumenti digitali facilitano loro la vita, rendendo semplice restare in contatto con persone, accedere a servizi ecc. Certo non è così per tutti, ma l’onda della digitalizzazione ha raggiunto ampiamente anche le persone sopra i 65 anni di età, soprattutto grazie alla facile utilizzabilità di strumenti come smartphone e tablet rispetto al classico computer. Per approfondire possiamo dare uno sguardo ai principali indicatori di Istat (anno 2017): la soddisfazione per la vita nel complesso ha, sia per gli uomini sia per le donne 65-74enni, valori allineati alla media dei 20-64enni, mentre si assiste a una sensibile riduzione dei voti indicati dopo i 75 anni di età. Le relazioni familiari hanno valori simili (molto + abbastanza) rispetto a tutte le altre classi di età e per la sola risposta “molto soddisfatto” superano i valori dei 45-64enni, mentre meno positivi sono i valori delle relazioni con amici e affini, che scendono attorno ai 60 anni di età e crollano dopo i 75. La soddisfazione per il tempo libero è superiore alla media nazionale sia per i 65-74enni sia per gli over 75enni ed è superiore a quella di 35-64enni, nel pieno dell’età lavorativa. E non sorprende che la soddisfazione per gli aspetti economici sia la massima della popolazione maggiorenne.

Una visione nel complesso positiva

Complessivamente ci troviamo di fronte a una visione sia autoriferita (da parte dei 65-85enni) sia etero- riferita (da chi ha qualche o molti anni in meno) decisamente positiva dei nostri anziani: ne viene riconosciuto il ruolo sociale innanzitutto in termini di supporto concreto alle famiglie; se ne afferma l’importanza come tutor delle nuove generazioni grazie all’esperienza maturata, ma anche a valori e sistemi di idee differenti da quelli attuali e da non perdere; si chiede attenzione per la loro salute e il loro benessere complessivo e, infine, si capisce che sono un target commerciale sottovalutato e di grande interesse per molti.



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