Grasso condannato a versare al Pd 83 mila euro «Ora farò ricorso»



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II tribunale di Roma ha condannato Pietro Grasso a pagare al Pd 83.250 euro, corrispondenti ai contributi che l’ex presidente del Senato avrebbe dovuto versare al partito con il quale era stato eletto in Parlamento nel 2013. Circa 1.500 euro al mese, che Grasso, assieme ad albi 60 tra deputati e senatori morosi (in misura più contenuta), non ha mai versato, come invece prescrive lo statuto del Nazareno riguardo gli eletti.



Il giudice, secondo l’articolo 633 del codice di procedura civile, ha emesso un decreto ingiuntivo nei confronti di Grasso, che lasciò i dem per approdare a Leu, e di molti altri, contro i quali il Pd aveva presentato ricorso in tribunale. Un «tesoretto» mai riscosso di circa 1,5 milioni, che l’uomo dei conti dem Francesco Bonifazi, una volta recuperato, si era impegnato a dirottare verso un fondo a sostegno dei 180 dipendenti del Nazareno, in cassa integrazione da tempo. Ora, dopo mesi di battaglia a colpi di carte bollate, l’«Equitalia» interna al Pd ha incassato i primi risultati, economici e politici. «Vi ricordate — commenta Bonifazi—la brutta lunga polemica con il presidente Grasso sui soldi dovuti al Pd? Siamo stati costretti a vincere l’azione giudiziaria e sinceramente mi dispiace che si sia arrivati a tanto. Ma le regole valgono per tutti. Oppure non sono regole. E vanno rispettate, sempre».

Intanto l’ex presidente del Senato, magistrato antimafia di lungo corso, davanti alla sentenza ha detto che farà «opposizione», annunciando l’avvio di un lungo braccio di ferro in sede civile. «Non ho ancora ricevuto alcuna notifica di decreto ingiuntivo, quindi non so su quali base possa essere stata emessa — commenta Grasso dopo aver appreso la notizia —. Di certo c’è che nessuno mi ha mai chiesto una determinata cifra mensile nel corso di tutta la scorsa legislatura, e da presidente del Senato, come so essere norma, non ho ritenuto di finanziare alcuna attività politica, oltre ad aver rinunciato, tra le altre, alla parte di indennità che viene solitamente utilizzata per finanziare i partiti». E poi, affonda Grasso: «Evidentemente il tesoriere del Pd — che ha svuotato le casse con la scriteriata campagna referendaria e con le mega consulenze ai consiglieri americani, scelte di cui a fame le spese sono stati i dipendenti — ha bisogno di scaricare su altri le colpe della sua pessima gestione, e provare a trasformarle in un mezzo propagandistico».

L’esponente di Leu rivela poi contatti con il tesoriere Bonifazi, per tentare un accordo tra le parti ed evitare contenziosi, che però non sono andati a buon fine. Dal Nazareno fanno sapere di aver proposto a Grasso una rateizzazione degli oltre 83 mila euro, ma anche questa ipotetica soluzione si è rivelata vana.

Assieme al decreto ingiuntivo a Grasso, ieri il tribunale avrebbe avallato anche altre richieste di risarcimento avanzate dal Pd. Tra gli interessati ci sarebbe anche Elisa Simoni, ex Pd poi passata a Leu e cugina di secondo grado di Matteo Renzi, alla quale il giudice ha ordinato di pagare circa 49 mila euro di contributi non versati al Nazareno. Altro decreto ingiuntivo riguarderebbe Pierdomenico Martino, ex portavoce di Franceschini, per oltre 78 mila euro. Al Nazareno, che sta incassando dal giudice l’accoglimento di tutti i decreti ingiuntivi presentati, sono in attesa di quello riguardante Ugo Sposetti, il custode del tesoro del Pei, che dovrebbe pagare circa 75 mila euro.



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