L’Aspirina a basse dosi riduce il rischio di tumore al colon



Sembra che un noto farmaco, quale l’aspirina assunto a bassa dose, possa ridurre di circa un quarto i casi di cancro nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare. L’Italia sembrerebbe essere, dunque, il primo paese a riconoscere come questo farmaco assunto a bassa dose possa ridurre di circa un quarto i casi di cancro nei pazienti che presentano un alto rischio cardiovascolare. Nello specifico sarebbe l’acido acetilsalicilico a ridurre in maniera piuttosto significativa il rischio di ammalarsi di tumore nel paziente ad alto rischio cardiovascolare. Secondo l’indagine dell’AIRC, un uomo su due ed una donna su tre, nel corso della loro vita svilupperanno questa malattia. Adesso, secondo quanto riferito dalla nota casa farmaceutica Bayer, l’acido acetilsalicilico pare possa ridurre in modo Significativo il rischio di ammalarsi proprio di tumore, nel paziente che è ad alto rischio cardiovascolare.



La stessa azienda ha sottolineato come con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della determina dell’agenzia italiana del farmaco, l’Italia è ad oggi il primo paese al mondo a riconoscere ufficialmente questo tipo di beneficio preventivo aggiuntivo del farmaco nei pazienti trattati per la prevenzione cardiovascolare. Sembra che questo risultato sia stato ottenuto attraverso due metanalisi, ovvero una prima che ha considerato ben 4 studi che hanno visto coinvolti 14.000 0 33 pazienti che sono stati trattati con acido acetilsalicilico per la prevenzione cardiovascolare primaria e secondaria. Poi dopo circa 5 anni di utilizzo, l’aspirina a bassa dose ha ridotto l’incidenza del cancro del colon-retto di quasi il 40%.

È stata effettuata poi una seconda metà analisi che ha considerato ben se studi in prevenzione primaria su 35.535 persone ad elevato rischio cardiovascolare, i quali hanno utilizzato l’ acido acetilsalicilico, evidenziando una riduzione dell’incidenza complessiva del 24% a partire dal quarto anno di trattamento. “La decisione dell’AIFA riconosce che la prevenzione del cancro colo-rettale rappresenta un beneficio aggiuntivo di una prevenzione cardiovascolare a lungo termine con acido acetilsalicilico a basse dosi”, ha commentato Carlo Patrono, Docente di Farmacologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

Purtroppo soltanto nel nostro paese nel 2018 sono state stimate circa 50.000 nuove diagnosi di questa neoplasia, ovvero tumore al colon retto, al secondo posto sia tra gli uomini che tra le donne, preceduta dal tumore alla prostata e alla mammella. La sopravvivenza a 5 anni sembra essere pari al 66% per il colon ed al 62% per il retto. Ad ogni modo, sono in corso delle ricerche poter chiarire in che modo effettivamente l’acido acetilsalicilico determini l’effetto chemiopreventivo. “Siamo soddisfatti della decisione dell’AIFA, che rappresenta un passaggio importante nella storia dell’acido acetilsalicilico e che recepisce numerose evidenze scientifiche sul tema della prevenzione cardio-oncologica con basse dosi di acido acetilsalicilico. Sarà così possibile estendere i grandi benefici in termini di prevenzione oncologica offerti dal farmaco a un’ampia popolazione di pazienti in prevenzione cardiovascolare”, sono queste le parole di Franco Pamparana, Direttore Medico di Bayer. 

Lo screening è un intervento sistematico, che utilizza mezzi clinici, strumentali o di laboratorio per individuare una malattia in una fase preclinica o i precursori della malattia nella popolazione generale o in un suo sottogruppo. Un programma di screening organizzato è un processo complesso, che agisce su una popolazione asintomatica invitata attivamente a sottoporsi ad un test. Per attuare un programma di screening è necessario che ne sia stata dimostrata l’efficacia in termini di riduzione dell’incidenza o della mortalità. Lo screening si propone di ridurre la mortalità per causa specifica nella popolazione che si sottopone regolarmente a controlli per la diagnosi precoce di neoplasie o lesioni precancerose. In quanto intervento organizzato di sanità pubblica, è un processo, controllato nella qualità, che coinvolge più discipline e professioni.

Deve inoltre garantire la massima equità e prevedere un bilancio tra effetti positivi e negativi e una stima dei costi. La sua realizzazione richiede anche un’adeguata informazione della popolazione, che deve essere coinvolta attivamente e informata sui benefici e i possibili rischi. Deve quindi essere effettuata una valutazione epidemiologica non solo della prestazione sanitaria, ma anche della partecipazione e dell’impatto su incidenza e mortalità. Non sono oggetto delle presenti raccomandazioni i soggetti che presentano, rispetto alla popolazione generale, un rischio più elevato di cancro colo-rettale (storia personale o familiare per cancro e/o adenoma, forme ereditarie ad alta penetranza, malattie infiammatorie croniche). In tali gruppi la sorveglianza si articola in percorsi clinici di alta complessità che necessitano spesso di essere adattati alla storia clinica del singolo individuo.



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