Funghi allucinogeni, il trip mentale diventa terapeutico secondo uno studio



Quando sentiamo di parlare di funghi allucinogeni, la prima cosa che può saltare alla mente è lo sballo cercato da chi li assume: basti pensare ai figli dei fiori, quindi tutto quello che riguarda gli anni Sessanta e Settanta. Eppure un team della Johns Hopkins University ha intrapreso una ricerca su questi funghi ed, in particolare, sulla sostanza in essi contenuti, la psilocibina.



I coordinatori di questa ricerca “psichedelica” sono i professori Roland Griffiths e Matthew Johnson: lo scopo di questi scienziati è quello di poter sfruttare il potere allucinogeno della psilocibina per curare stati d’ansia, depressione e dipendenze. I 350 volontari hanno assunto la sostanza una o tre volte, e sono stati seguiti da un’equipe di medici prima, durante e dopo il “trip”, che ha una durata di circa 6 ore. Il test si è svolto in una stanza protetta, dove la persona si stendeva sul divano e viene bendato e isolato acusticamente con delle cuffie, dove è riprodotta musica psichedelica. 

Una droga allucinogena come cura alla depressione e alle dipendenze

Tra le storie dei vari volontari, c’è quella di una malata di cancro: Kerry Pappas era afflitta da una grave forma di depressione che la stava consumando più della malattia stessa. Nel suo viaggio racconta di aver vissuto un incubo ambientato nella preistoria. “C’erano uomini con dei picconi, che battevano sulle rocce”. La donna ha raccontato di quanto sembrasse reale quell’incubo, frutto della sua mente, e ricorda una voce che ha detto: “Sei viva, qui e ora, perché questo è tutto ciò che hai”. Questa esperienza l’ha aiutata ad accettare il cancro e il futuro, senza l’angoscia della morte.

Un’altra “condizione” sottoposta all’esperimento è stata la dipendenza: la psilocibina non ne crea, caratteristica che ha permesso la somministrazione senza correre ulteriori rischi. Griffiths e Johnson hanno sperimentato la sostanza su fumatori accaniti, come Carine McLaughlin. La donna, dopo svariati tentativi falliti, ha deciso partecipare alla ricerca nella speranza di riuscire a smettere di fumare. Ricorda nitidamente il suo incubo: “Il soffitto della stanza era di nuvole, come nuvole pesanti di pioggia. E piano piano si abbassavano. Pensavo che sarei morta soffocata da esse. È stato terribile”. Dopo quanto ha vissuto durante l’esperimento, Carine non ha più fumato. 

I ricercatori hanno testato la psilocibina anche su casi di alcolismo. Infatti, Jon Kostakopoulos era solito bere anche fino a 20 drink alcolici ogni sera, quindi i medici lo hanno avvertito delle conseguenze di una simile dipendenza. Offertosi volontario per il test, Jon ha vissuto momenti del suo passato che non ricordava: “Ho provato molta vergogna e imbarazzo per il bere e sono stato male perché i miei genitori hanno dovuto sopportare tutto ciò”.

Secondo gli scienziati, le visioni possono variare ma non c’è modo di prevedere di che cosa si tratti. “Circa un terzo ha avuto un’esperienza spaventosa, ma la maggior parte di loro dirà che l’ha salvata“, spiega Griffiths. Nonostante il potenziale terapeutico di questa sostanza nella cura di determinate condizioni, i ricercatori ricordano che si tratta comunque di una droga.



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