Omicidio Yara, la criminologa: “Bossetti ha inviato 40 lettere a luci rosse”



“Dopo tutto il fumo che il suo pool difensivo ha cercato di buttare negli occhi per scacciare l’ombra delle ricerche pedopornografiche (ragazzine tredicenni, rosse e vergini), in carcere il muratore scrive ben 40 lettere a una detenuta avvistata nel cortile confidandole proprie fantasie sullo stato della zona genitale. Le lettere, inutile dirlo, sono diventate di pubblico dominio.



Ma se pensate che sia tutto, vi sbagliate”, a scriverlo è la criminologa Anna Vagli, che dal 2011 si occupa dell’omicidio di Yara Gambirasio. Il muratore a cui fa riferimento è Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per il delitto della 13enne di Brembate. Le sue parole a La Gazzetta di Lucca sono inequivocabili: “Massimo Giuseppe Bossetti ha ucciso Yara Gambirasio al di là di ogni ragionevole dubbio […] Tre gradi di giudizio e una condanna definitiva in un Paese civile dovrebbero bastare. Dovrebbero. Mi sono trovata casualmente in un covo dei c.d. Bossettiani che da anni ne sostengono l’innocenza. Ho sentito dire che il DNA c’era stato messo di proposito sugli slip di Yara e, ancor peggio, che vi era finito perché Bossetti aveva urinato nelle vicinanze e dunque una folata di vento ce lo aveva trasportato. Per tutti questi motivi la sua condanna era solamente una condanna indiziaria. E per una donna di legge certe argomentazioni sono aberranti”.

“Ma poiché la vita reale non è un circo, vi spiego perché sulla colpevolezza di Massimo Giuseppe Bossetti non esiste ragionevole dubbio”, ha aggiunto. “Atto I, il DNA. Di fronte al faro dell’indagine, alla prova diretta e all’inconfutabile firma del Bossetti sugli slip di Yara, la difesa, affiancata da una sfilza di ultras innocentisti (quasi come se si stesse assistendo ad una partita di calcio e non ad un processo) ha urlato allo scandalo, sostenendo la creazione in laboratorio di un DNA artificioso. Insomma, di un codice genetico sintetico malauguratamente appartenente al Sig. Bossetti. Non ad un pescatore siciliano o a un pastore sardo ma ad un muratore della bassa bergamasca”.

La Vagli ne ha pure per Ester Arzuffi, madre di Bossetti deceduta di recente e sua ferma sostenitrice: “A cavalcare l’onda di questi movimenti di ‘rivisitazione della giustizia’ c’è stata anche una scatenata Ester Arzuffi, madre di Bossetti nonché (suo malgrado) famosa adultera del bergamasco. La prova scientifica aveva dimostrato che nessuno dei suoi tre figli era stato concepito con il marito, ma questo, evidentemente, non era sufficiente. Farfugliando e vaneggiando che era stato il ginecologo a metterla incinta con l’inseminazione artificiale, si è beccata sfilze di querele. Ma non ha mai mollato. Ha rilasciato dichiarazioni sui principali quotidiani italiani. Senza vergogna e senza paura. Adesso che non c’è più, possiamo solo augurarle di riposare in pace senza il peso degli ‘e(o)rrori terreni’”.

E ancora la criminologa riferisce di una frase pronunciata da Bossetti alla moglie, Marita Comi, poco dopo l’arresto, che denoterebbe il comportamento non certo attribuibile ad un innocente in carcere: “La nostra quota è sempre sui 25, 25.000 euro a Matrix. Mi conoscono in tutta Italia eh. Il mio è il caso più pagato fuori dalla Elena Ceste”. “Queste sono le frasi che Massimo Bossetti ha pronunciato alla moglie Marita nel corso di un colloquio in carcere datato novembre 2014. Bossetti non è certo apparso come un uomo disperato ed impossibilitato nel far valere la propria innocenza, ma piuttosto come un avido e disumano speculatore”.



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