Paolo Bonolis si confida a cuore aperto: “Per mio figlio ho sofferto tanto, ma ora sono felice”



Dialoga con se stesso Paolo Bonolis. Riflessioni ad alta voce che raccoglie nel libro Perché parlavo da solo. «Mi facevo tante domande. Pensavo che fosse anche una patologia complessa, come dicono di chi spesso parla da solo. Non ho mai nascosto di a- vere problemi e continuo ad averli, ma non mi sembrava che si vedesse così tanto», dice il conduttore romano, incontrato al Teatro Manzoni del capoluogo lombardo. E poi aggiunge: «Mi sono reso conto che ho scritto certe cose soprattutto per i miei figli».



tuoi ragazzi hanno letto Perché parlavo da solo?

«Non credo, non hanno ancora l’età per farlo. Però spero che lo facciano».

Hai detto che è il primo e ultimo libro. Perché?

«Quanto avevo dentro e volevo trasmettere ai figli l’ho scritto. Niente da aggiungere».

Che messaggio vuoi mandare ai tuoi ragazzi?

«Non smettere di essere mai se stessi, di credere nei sogni, ma non nelle illusioni…».

È vero che sei romantico?

«Sì, essere romantici rende bello ciò che si sta vivendo. Il romanticismo ti garantisce molto di più di quello che Fa- more stesso può darti».

«Affrontiamo lo stress col sorriso»

Che cos’è per te l’amore?

«Un piccolo miracolo. E tende a cambiare col tempo. All’inizio c’è la passione; poi diventa consuetudine e nel rapporto entrano altre cose. Diventa reale quando incontra le difficoltà. E, se durante quelle difficoltà, la persona che hai vicino resta importante per te, allora sta nascendo l’amore».

È così con tua moglie?

«Sì, riesco a stupirmi ancora quando mia moglie Sonia dice “Ti amo”. Siamo sposati dà talmente tanti anni che acquista un significato importante».

Che cosa ti stupisce?

«La gentilezza, mi stupisce quando la incrocio: è avere la serenità di sorridere. Siamo tutti molto stressati e presi a un efficientismo costante, l’altro è un rivale in non si sa quale competizione. Mi piace quando vedo che gli altri sono felici e sorridono».

Tu fai sorridere molte persone per lavoro…

«Quando mi rendo conto che la gente sorride per merito mio, la felicità raddoppia. Mi piacerebbe che stessero bene tutti, non è facile. Se però siamo gentili è più semplice».

Sei amato ma sei anche criticato: Ciao Darwin, il tuo programma, è davvero così trash come dicono?

«Io penso che non lo sia. Secondo me non è trash, ma racconta ciò che noi abbiamo intorno di trash».

Restiamo nel mondo dello spettacolo: ti manca molto II senso della vita, la trasmissione da te condotta e ideata?

«Sì, mi manca. Però mi han

no detto che me lo fanno rifare e ne sono molto felice».

Tra gli aneddoti che racconti nel tuo libro ce n’è anche uno in cui parli delle avance ricevute da Freddie Mercury, l’indimenticabile cantante e leader dei Queen scomparso nel 1991…

«Avevo solo 25 anni e l’ho incontrato durante una cena a Londra. Freddie si era seduto di fianco a me e così abbiamo cominciato a chiacchierare; ben presto, però, ho capito che lui non voleva soltanto parlare. A quel punto gli ho fatto capire che mi sarebbe riuscito molto difficile assecondarlo… Lui è stato carino, ha sorriso e mi ha chiesto l’indirizzo. Pensavo che non avesse capito bene, invece aveva capito benissimo. Poco tempo dopo sono arrivati a casa due biglietti per il leggendario concerto dei Queen allo stadio di Wembley di Londra, il più bel live della miavita…».



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