Woody Allen e il racconto del suo più brutto tramonto



Questo articolo in breve

Da tempo Woody Allen viene boicottato negli Stati Uniti. Qui non escono i suoi film, gli attori non vogliono lavorare con lui, giornali e Tv lo descrivono come un orco. È il clima creato dalle accuse di sua figlia adottiva Dylan, che sostiene di aver subito da bambina molestie sessuali dal padre. Accuse che risalgono a molti anni fa, ma ripetute con rinnovato vigore ora, all’epoca del movimento MeToo. In Europa invece Allen non è un proscritto: ha girato il suo ultimo film in Spagna e nel 2019 ha firmato la regia dell’opera lirica Gianni Schicchi alla Scala di Milano. Non meraviglia quindi che la sua autobiografia, scritta a 84 anni, abbia notevoli difficoltà di pubblicazione negli Stati Uniti e sia stata accolta subito in Italia.



La Nave di Teseo, casa editrice diretta da Elisabetta Sgarbi, sorella del critico d’arte Vittorio, diffonde in anteprima mondiale A proposito di niente di Allen (in formato ebook a 15,99 euro, dal 9 aprile in versione cartacea a 22 euro). «In un momento così difficile ho pensato che gli italiani, costretti a stare a casa, dovessero avere l’opportunità di leggere questo libro tanto atteso», spiega la Sgarbi. «A me leggere A proposito di niente ha dato ore di pura gioia e senso di libertà». È un giudizio che può anche fuorviare. Il tono leggero e qualche battuta irresistibile in puro stile Woody Allen rendono la lettura piacevole, ma ci sono anche molti passaggi sofferti. A proposito di niente non è uno dei tanti libri umoristici (editi in Italia da Bompiani) di un regista che confessa «mi piace più scrivere che girare film», né nasce per narrare una vita da vip.

È anzitutto una memoria difensiva, una cronaca puntigliosa di fatti controversi. Sono 400 pagine, di cui meno di metà dedicate allo scontro con Mia Farrow, madre adottiva di Dylan ed ex compagna di Allen, ma le terribili conseguenze familiari del loro violento duello gettano uno sfondo cupo su tutto il libro. Woody inizia da lontano, rievoca la sua infanzia a Brooklyn, il padre generoso e pasticcione, la madre severa, il pittoresco parentado ebraico, l’ambiente opprimente della sinagoga, la prima indimenticabile gita a Manhattan. Elenca il formarsi delle passioni sempre coltivate – i giochi di prestigio, il jazz, il clarinetto – e delle fobie che l’hanno reso unico – la pura delle relazioni con le ragazze, di entrare per primo in una stanza, dei premi. Narra gli inizi professionali come autore televisivo alla Nbc, cabarettista teatrale, sceneggiatore del film Ciao Pussycat, con Peter Sellers e Peter O’Toole, e regista della sua opera prima Che fai, rubi?. Ironizza sulle nevrotiche nozze giovanili con la studentessa Harlene Rosen e con l’attrice Louise Lasser.

Elogia Diane Keaton, compagna di vita ideale e musa interprete dei suoi film più famosi (Provaci ancora Sam, Io e Annie, Manhattan), incappando in una caduta di stile pettegola (“Non abbiamo mai litigato e mi auguro in futuro di lavorare spesso con lei. In seguito frequentai sua sorella Robin, con cui ebbi una breve relazione. Dopodiché ebbi un piccolo flirt con la terza sorella, Dory. Le tre sorelle Keaton: tre donne belle e meravigliose. Complimenti al Dna di famiglia”). Smonta luoghi comuni su di sé, la reputazione di intellettuale (“Porto un paio di occhiali con la montatura nera, e suppongo che siano loro a tenere viva questa leggenda, in combinazione con il talento di appropriarmi di citazioni di testi eruditi che vanno al di là della mia comprensione”) e di seguace acritico della psicanalisi (“Dopo tanti anni di terapia la mia conclusione è che sì, mi ha aiutato, ma non quanto sperassi e non come avevo immaginato. Nelle questioni più profonde non ho fatto un solo passo avanti; le paure, i conflitti e le debolezze che avevo tra i 17 e i 20 anni li ho ancora adesso”).

Tuttavia la narrazione decolla solo con l’ingresso di Mia Farrow nel libro, a pagina 221. Allen scrive che lei proveniva da una famiglia disastrata (“Un’altra voce che mi arrivò molto presto è che Mia fosse stata molestata dai fratelli”) e che accumulava figli adottivi per costruirsi una immagine favorevole, ma non li amava. Nel 1980, quando si legò a Woody, ne aveva già quattro dal matrimonio con il pianista André Previn, oltre a tre naturali, ma ne voleva un altro biologico da Allen. Così è nato Ronan (di cui il regista ora mette in dubbio la paternità, dicendo che potrebbe essere figlio di Frank Sinatra, già legato alla Farrow, o di chiunque altro). Woody e Mia adottarono altri due figli, Dylan e Moses, ma il loro rapporto andò in pezzi quando l’attrice scoprì nel 1992 che lui era andato a letto con Soon-Yi, giovane coreana adottata con Previn. Fu uno scandalo, spuntarono anche foto porno della ragazza con Allen, ma lui non ne fu travolto perché iniziò con lei una relazione che dura tuttora.

Fu però colpito dalle accuse di molestie di Dylan, formulate quando aveva soltanto 7 anni e ripetute nel 2018 sull’onda del MeToo, scatenato proprio da Ronan (schierato con la sorella, mentre Moses sostiene il padre) con le sue inchieste sulla rivista americana New Yorker. Woody nega tutto anche ora: “Eravamo nel seminterrato a guardare la Tv, bambini e baby sitter comprese. Non c’era posto per sedermi, mi piazzai sul pavimento e per un attimo posso avere appoggiato la testa in grembo a Dylan, sul divano. Di certo non feci nulla di inopportuno. La testa in grembo con il tempo si sarebbe trasformata nelle molestie in soffitta”. Sostiene che Mia abbia plagiato la figlia per vendetta: “Ha messo la sua rabbia contro me e Soon-Yi al centro della vita familiare, alimentando la propria furia e ripetendo in continuazione a Dylan che io avevo abusato di lei”. E conclude riguardo al suo libro: “Non mi illudo che questo basterà. La gente crede in quello in cui ha bisogno di credere



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