Amanda Knox e Raffaele Sollecito che si rivedono in Italia e addirittura vanno a fare una gita assieme



Sorridono abbracciati tra i vicoli, lei con il cappello di paglia, lui con l’aria accaldata. Entrambi con lo zainetto, due turisti come tanti a spasso per Gubbio. A guardarli bene invece l’aria è familiare, anche a 15 anni di distanza. Perché per quanto ci abbiano provato a farsi dimenticare, a costruirsi una vita lontana anni luce dall’accusa di aver ucciso la coinquilina inglese di lei Meredith Kercher a Perugia nel 2017, Amanda Knox e Raffaele Sollecito che si rivedono in Italia e addirittura vanno a fare una gita assieme resta una notizia.



Al punto che il britannico Mirror, che da sempre è schierato per la loro colpevolezza nonostante l’assoluzione di entrambi in Cassazione abbia scritto, ormai 7 anni fa, la parola fine a una lunga e intricata vicenda processuale, l’ha riportata in esclusiva proprio alla vigilia dell’anniversario del delitto di Meredith. Era infatti il 1° novembre 2007 quando la giovane studentessa dell’Università di Leeds, a Perugia da tre mesi grazie al Progetto Erasmus, fu trovata sgozzata sotto al piumone della sua camera da letto nella casa che condivideva con altre tre ragazze.

Per quell’omicidio è stato condannato in via definitiva Rudy Guede, che aveva passato la serata con la vittima salvo fuggire subito dopo il delitto e che oggi ha scontato la sua pena. Ma Guede non fu il solo a essere accusato. Con Meredith da pochissimo abitava Amanda, americana di Seattle, iscritta a un corso di scrittura creativa alla locale Università per stranieri, che finisce subito nel mirino degli inquirenti perché la mattina dopo è lei, con il fidanzato Raffaele, a chiamare i carabinieri. Sono loro tre, Rudy, Amanda e Raffaele, i colpevoli in concorso secondo la procura. Si proclameranno sempre innocenti.

Nel frattempo inizia un caso mondiale, finito su tutti i giornali. Ma mentre le prove, a partire dal Dna, conducono Guede dritto a processo da solo e con rito abbreviato, contro Knox e Sollecito gli indizi sono assai più labili. Si capirà, ma verrà provato in tribunale solo anni dopo, che l’indagine fin dalle prime ore fu costellata da errori grossolani in base ai quali la coppia viene condannata in primo grado e assolta in appello dopo 4 anni di carcere, poi condannata di nuovo in un processo bis e assolta ancora, in via definitiva, dalla Cassazione. Una montagna russa giudiziaria, mentre loro diventano personaggi, al di là delle persone.

Ogni espressione colta dalle telecamere in aula, ogni sguardo, persino vestiti e pettinature vengono vivisezionati dai media. Ovvio quindi che anche oggi, a distanza di tanto tempo, i loro visi siano ancora celebri, perfettamente riconoscibili anche in quella foto da turisti. Anche se entrambi si sono rifatti una vita: Amanda fa la giornalista negli Stati Uniti, si è sposata e l’anno scorso è diventata madre di una bimba, Eureka Muse; Raffaele si è trasferito a Milano e lavora come ingegnere informatico. Quando a giugno lei è tornata a Perugia con la famiglia l’ha fatto in sordina, per andare a trovare i suoi legali di allora, Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova.

E, anche se la notizia è uscita solo a fine ottobre, è stato allora che con Raffaele hanno visitato Gubbio. «Avevamo in programma di andarci il giorno in cui è stato ritrovato il corpo di Meredith», ha spiegato Sollecito. «È stata una sensazione agrodolce visitare insieme adesso un luogo che avremmo dovuto vedere in tutt’altre circostanze, ma è stato bello avere qualcosa di cui parlare che non fosse il caso giudiziario».

Caso che non smette di dividere. L’ultima parola in ordine di tempo, sempre alla vigilia di quest’ultimo anniversario dell’omicidio, è stata di Rudy Guede: «Non ho ucciso Meredith, ma ero con lei quella sera», ha detto. «Sono andato in bagno e al mio ritorno lei era coperta di sangue. Ho avuto paura e sono scappato come un vigliacco, di questo mi pento». E punta nuovamente il dito sulla grande contraddizione di tutta la vicenda: «La giustizia italiana dice che ho compiuto un crimine con due persone specifiche, ma poi loro escono di scena. Quindi il carcere l’ha scontato una persona, io, che non si capisce di cosa sia colpevole e con chi». Sono passati 15 anni da quella notte in cui la vita di Meredith finì. Il caso attorno al suo omicidio invece sembra non finire mai. Riaperto di volta in volta da un’intervista. O dalla foto ricordo di due “turisti” in gita.



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