Cocaina e pestaggi, un’altra condanna per i fratelli Bianchi: “Quell’infame ci ha denunciato”



I guai giudiziari dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi non sono finiti. I due, già condannati in primo grado all’ergastolo per omicidio, hanno ricevuto in appello una condanna a quattro anni e mezzo per spaccio di droga e lesione. In primo grado erano stati condannati a cinque anni e quattro mesi. E proprio lo spaccio di droga era alla base dell’elevato tenore di vita dei fratelli Bianchi, che però non avevano mai presentato la dichiarazione dei redditi e per i soldi erano indigenti. Erano l’hashish e la cocaina a pagare auto di grossa cilindrata, gioielli, viaggi e orologi; questi lussi avevano un prezzo: il pagamento delle tasse.



Nel 2019, subito dopo l’omicidio di un 21enne di Paliano, la polizia ha arrestato due fratelli, già in carcere per altri reati. Oltre ai fratelli Bianchi ea due loro amici, furono arrestati altre otto persone che fecero parte della cosiddetta “banda dello scrocchio”. Chi non pagava i debiti per la droga veniva picchiato.

“Sei un infame tu e tuo padre, siete solo dei pezzi di merda… hai torto marcio e vai avanti a sporgere denuncia”, dissero “i gemelli” di Artena a un giovane di 20 anni che era stato picchiato per un piccolo debito . Per questo motivo – la loro reputazione di picchiatori – erano temuti ad Artena e nelle province vicine, dove gestivano il traffico di droga. Era un’attività così redditizia che spinse i fratelli Bianchi a continuare a spacciare anche durante il blocco; si crea una propria clientela con la quale comunicano tramite password per non essere scoperti dalle forze dell’ordine. La cocaina e l’hashish divennero “caffè”, “magliette”, “aperitivi” e “chiavi”; la loro musica divenne Gomorra.

Il giudice che ha firmato l’ordinanza di arresto per i Bianchi e i loro amici ha ravvisato “chiaramente indicativi di una spiccata e sistematica capacità delinquenziale”. Culminata poi con l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, per cui sono stati condannati anche Francesco Belleggia (ventitré anni di reclusione) e Mario Pincarelli (ventuno).



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