Loredana Lecciso e Albano alle prese con in parenti in Ucraina



Nell’inferno del conflitto che sta sconvolgendo l’Europa, tra il milione di profughi che sta scappando dai bombardamenti, ecco alcune drammatiche testimonianze. La prima l’ha raccolta la moglie di Al Bano: la cognata ha tremato per le sorti della madre, a Odessa: «È stato mio figlio di 9 anni a intuire il pericolo e a insistere perché venisse in Italia, proprio poco prima che scoppiasse la guerra. Ma quanti amici sono fi, nei bunker. Eppure russi e ucraini sono fratelli».



Sono quasi le 20. Kateryna e io siamo sedute su un divano della casa di Pavia in cui abita con mio fratello Luca e con il loro bambino, Marco, 9 anni. Da giorni vive praticamente incollata ai notiziari per gli aggiornamenti sulla situazione della guerra che sta dilaniando il suo Paese.

Sì, mia cognata è cittadina ucraina e ha il cuore gonfio di dolore. Si è trasferita in Italia da parecchi anni, ma a Odessa aveva lasciato tanti suoi cari amici e, soprattutto, la sua mamma. Ed è proprio la signora Nataliya la protagonista di una storia che ha dell’incredibile: ora è al sicuro, qui accanto a sua figlia solo perché un paio di settimane prima, nella nostra chat di famiglia, dove Marco è molto partecipe, io e le mie sorelle abbiamo iniziato a chiedere notizie.

Marco, a differenza di tutti noi che avevamo sottostimato l’imminenza e la portata dell’evento, ha insistito, in maniera inusuale per il suo carattere, fino alle lacrime per convincere i genitori a fare tornare in Italia la nonna materna, alla quale è particolarmente legato.

Alla fine Kateryna aveva ceduto alle sue insistenze e aveva prenotato il volo. Nonostante la stessa nonna, ignara del rischio, avrebbe voluto posticipare. Nataliya è arrivata da Odessa proprio alla vigilia dello scoppio delle ostilità. Ad attenderla in aeroporto, il piccolo Marco con la sua mamma. Un piccolo miracolo nato dall’affetto di un bambino verso la nonna.

Kateryna, tua madre è sfuggita all’inferno della guerra per un soffio e per l’inconsapevole merito di Marco? «Certamente, mi reputo molto fortunata. Quello che sembrava essere un dolce capriccio si è rivelato un vero e proprio “salvavita” per la mia mamma!». Nonostante ciò continui a vivere in ansia? «Ovviamente il mio cuore è straziato dall’idea che ci siano tante famiglie meno fortunate di noi, che continuano a pagare il conflitto sulla propria pelle.

È crudele vedere tante donne e bambini camminare per chilometri e chilometri, in attesa nelle stazioni ferroviarie, per poter prendere un treno della speranza, per andare in Polonia, in Moldavia, o comunque fuori dal Paese». Eri giovanissima quando sei venuta in Italia? «Sono trascorsi davvero tanti anni, fin da ragazzina avevo deciso che sarei venuta a vivere in Italia. Amavo la moda e Milano è la capitale della moda.

Un sogno presto realizzato». Ritornavi spesso nel tuo Paese? «Facevo ritorno spesso a casa, fino alla nascita di Marco, il mio primo e unico figlio, da allora non ci sono mai più tornata».
Chissà quando potrai rivedere la tua casa… «È una sensazione molto brutta, l’idea e il forte rischio di poter ritrovare le proprie certezze e il proprio vissuto rasi al suolo: è come improvvisamente perdere le proprie radici e parte della propria vita.

Pensare che, proprio mesi fa, mi ripromettevo di portare mio figlio nei luoghi della mia infanzia. Attendevo da anni il momento adatto affinché potesse apprezzare le bellezze del mio Paese e varcare la soglia della nostra casa, che non so se ritroverò più».

Hai notizie dei tuoi amici ucraini? «Sì, purtroppo, i genitori della mia migliore amica, Anna, da giorni dormono nei rifugi sotterranei anti-bombe. Stanno ripristinando la propria cantina per avere un rifugio anche di giorno. Che tristezza, non avere la certezza di nulla».

La speranza è appesa a un filo? «Guardo incredula quello che sta succedendo, mi sveglio ogni mattina sperando che sia solo un brutto sogno, ma purtroppo oggi è la realtà che siamo tutti costretti a vivere. Quello che sta succedendo ci divide, vedo tanto odio verso un popolo che ho sempre considerato una cosa unica con il popolo ucraino. Ho molti amici e parenti russi, persone che come noi vogliono solo poter andare avanti con la loro vita di tutti giorni».

Volendo lanciare un appello di pace? «Dobbiamo tutti cercare di non trasportare la portata dei conflitti di Stato a quelli interpersonali. Non perdiamo la nostra umanità. Il prezzo delle affermazioni impulsive può essere la perdita totale di un rapporto. Prima o poi tutto questo incubo finirà. E dovremmo guardarci tutti negli occhi».



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