Omicidio Alika, la testimone: «Ho girato io quel video, era per mia madre»



Questo articolo in breve

La polizia ha identificato una donna moldava di 28 anni come la persona che ha girato un video dell’aggressione ad Alika Ogorchukwu. La donna è stata ripresa dalle telecamere di sicurezza con il telefono in mano ed è stata ascoltata dagli agenti di polizia come persona di interesse. “Volevo mostrare a mia madre l’orrore che stava accadendo davanti ai miei occhi”, ha detto. “Ma non sono intervenuta, avevo paura”.



Prima di morire, però, ha inviato le immagini a un amico italiano. Quel filmato è diventato virale e ha sollevato la rabbia della nigeriana: “Vogliamo giustizia”, ​​hanno gridato i nigeriani che ieri pomeriggio si sono riuniti nel centro di Civitanova. Doveva essere un presidio per ricordare Alika, si è trasformato in una protesta contro la morte di uno di loro.

Al corteo hanno partecipato molti cittadini italiani, ma la solidarietà non è stata unanime. Un paio di persone hanno inveito contro i manifestanti e la folla li ha inseguiti gridando “razzisti”. Gli insulti hanno fatto male quanto “l’indifferenza della cittadinanza” che non è intervenuta quando l’aggressore lo ha finito a mani nude. La moglie Charity Oriachi ha dichiarato: “Voglio guardare in faccia quest’uomo e chiedergli perché ha ucciso un padre di famiglia”. Venerdì ha baciato Alika per l’ultima volta alla stazione di San Severino Marche dove lei lavora come addetta alle pulizie. “Gli ho dato una brioche, l’ho salutato e non l’ho più visto vivo. Quando sono arrivata a Civitanova era a terra. Abbiamo un bambino di 8 anni; ancora non si rende conto di quello che è successo”.

Il tormento di Carità e dei suoi connazionali è: “Perché nessuno ha reagito?”. Per don Luigi Ciotti, presidente di Libera, organizzazione nazionale che combatte la criminalità organizzata, “il male non è solo di chi lo commette, ma anche di chi guarda e lo lascia fare. È importante che il colpevole sia punito, così come è importante interrogarsi sul grado di indifferenza a cui può arrivare una società individualista”. La “morte della misericordia”, come la chiama la Comunità di Sant’Egidio, è un monito anche per la politica. “È un giorno terribile per la violenza e l’indifferenza inaudita. Spero che questo episodio ci faccia cambiare tutti”, dice il segretario del Pd Enrico Letta. Per Matteo Salvini (“Andiamo!”), vicesegretario della Lega Nord, partito di destra in Italia, ” non si può morire così. Una preghiera per Alika e per l’assassino che sia punito fino in fondo”. Antonio Tajani (“Tajani”), coordinatore nazionale di Forza Italia (“Forza Italia!”), un partito politico italiano fondato dal magnate dei media Silvio Berlusconi nel 1993, è vicino alla famiglia di Alika per un motivo di amicizia.



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