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“Addio a mamma sotto le macerie in Ucraina”: il racconto straziante del piccolo Roman che commuove tutti



Si chiama Roman Oleksiv, ha undici anni e il suo volto, segnato ma deciso, è diventato un simbolo di resilienza. Davanti al Parlamento europeo a Strasburgo, la sua voce chiara e ferma ha spezzato il silenzio dell’aula: “Il 14 luglio 2022 io e mia mamma eravamo all’ospedale di Vinnytsia. Tre missili russi hanno colpito l’edificio. È stata l’ultima volta che l’ho vista”.



Il suo racconto, così crudo eppure carico di una dignità straziante, è proseguito senza lacrime: “L’ho vista sotto le macerie e ho visto i suoi capelli. Li ho toccati e le ho detto addio”. Parole che hanno lasciato senza fiato l’assemblea, commuovendo profondamente persino la traduttrice incaricata di renderle in tutte le lingue dell’UE.

Quel giorno, Roman aveva solo sette anni. Sopravvisse miracolosamente all’attacco, ma il suo corpo ne uscì martoriato. Subì ustioni di quarto grado su quasi metà del corpo (il 45%), un braccio rotto, una gamba gravemente lesionata e ferite da schegge alla testa. Le sue condizioni erano così disperate che i medici temevano per la sua vita.

Il suo percorso di sopravvivenza e rinascita è stato un calvario durato anni. Per salvarlo, fu organizzato un trasferimento d’emergenza verso il grande centro ustioni di Dresda, in Germania. Lì, il piccolo guerriero affrontò 36 interventi chirurgici e una riabilitazione lunga e dolorosa. Per mesi dovette indossare una tuta compressiva, una maschera e guanti, senza mai nascondersi o vergognarsi delle sue cicatrici, che oggi mostra con lo stesso coraggio.

Nonostante le ferite, Roman non ha rinunciato alla vita. Una delle sue grandi passioni, il ballo, che coltivava da prima della guerra, è tornata a essere la sua gioia. “Ora sono tornato a ballare”, ha raccontato, dimostrando una forza d’animo che va oltre ogni immaginazione.

La sua storia, dalla tragedia alla lenta rinascita, è diventata così potente da ispirare un film documentario sulla sua vita, visto anche da Papa Francesco. Oggi Roman vive a Leopoli, studia, suona musica e, soprattutto, porta la sua testimonianza al mondo. Il suo messaggio, rivolto alle istituzioni europee e a tutti noi, è un appello disarmante e potente: “Non arrendetevi mai. Insieme siamo forti. Dobbiamo continuare ad aiutare i bambini ucraini”.

Roman non è solo una vittima. È un testimone, un sopravvissuto e un faro di speranza. La sua voce ricorda al mondo il costo umano della guerra in Ucraina, un conflitto che ha ucciso, secondo stime ONU, centinaia di bambini e ne ha segnati migliaia, fisicamente e psicologicamente. Il suo coraggio smaschera l’assurdità brutale della guerra e diventa un monito per il futuro: proteggere i più vulnerabili non è un’opzione, è un dovere umano universale. La sua storia, dalla polvere delle macerie al palco del Parlamento europeo, è la prova che anche dalle ferite più profonde può nascere una voce capace di cambiare il mondo.



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