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Alessandro Venturelli, parla la madre: “Mio figlio è stato lasciato solo, ma io credo che sia ancora vivo”



La piazza di Roma ha accolto sabato 4 ottobre la manifestazione “Scomparsi, non sepolti”, un evento dedicato alla memoria di coloro che sono scomparsi nel nulla e mai più ritrovati. L’incontro è stato organizzato dall’associazione Nostos, fondata da Roberta Carassai, madre di Alessandro Venturelli, un giovane scomparso da casa cinque anni fa. Insieme a lei, hanno partecipato i familiari di altre persone scomparse, tra cui Giacomo Solinas, Marco Benso, Riccardo Branchini e Tulio Rossi.



Durante la manifestazione, quasi un centinaio di persone si sono fermate a osservare una bara lasciata aperta al centro della piazza, simbolo della mancanza di notizie su queste persone. Non sono stati trovati né corpi né segni di vita, un gesto forte per richiamare l’attenzione su un tema così delicato e doloroso.

Roberta Carassai ha espresso la sua convinzione che Alessandro sia ancora vivo e che le ricerche iniziali non abbiano fatto abbastanza per aiutarlo. “Alle è stato cercato solo dai suoi familiari – ha dichiarato a Fanpage.it –. Noi non ci arrenderemo mai, ma questo messaggio deve arrivare anche alle istituzioni che 5 anni fa non hanno impiegato tutte le loro forze per trovare mio figlio. Credo che la manifestazione sia riuscita nel suo intento”.

A luglio, è stata avanzata per la terza volta la richiesta di archiviazione del caso di scomparsa di Alessandro Venturelli, il quale è scomparso il 4 dicembre 2020, in un periodo di particolare fragilità. Carassai ha raccontato che prima della sua scomparsa, Alessandro le aveva confidato di sentirsi manipolato e di avere paura. “Non sono mai riuscita a farmi dire chi lo stesse terrorizzando, purtroppo. In quei giorni non sono state subito visionate le telecamere di videosorveglianza e questo è un grave errore”, ha aggiunto, sottolineando l’importanza di un intervento tempestivo.

Quando le è stato chiesto quando si avrà notizie sulla richiesta di archiviazione, Carassai ha risposto: “Non lo sappiamo ancora, l’udienza si è tenuta nei primi giorni di luglio. Il giudice si è riservato la decisione, quindi siamo in attesa di una risposta. È la terza richiesta di archiviazione alla quale facciamo fronte”.

Riguardo alla gestione delle ricerche da parte delle autorità, Carassai ha espresso la sua opinione: “Penso che bisognerebbe utilizzare un protocollo unico di ricerca per gli scomparsi, cosa che al momento non avviene. Non si può stare al buon senso di chi raccoglie le denunce. Deve esserci un protocollo con il quale si attivi subito anche la raccolta delle immagini delle telecamere di videosorveglianza, probabilmente per Alessandro sarebbero state cruciali”. Ha continuato affermando che, dopo cinque anni, mai è stata visionata una ripresa di una telecamera.

Alessandro è stato cercato senza sosta solo da noi familiari, con tutti i nostri limiti. Le forze dell’ordine non si sono attivate nell’immediatezza dopo la denuncia. Mi sono perfino sentita dire come mamma che con l’alluvione nel modenese, Alessandro non era la priorità delle istituzioni. Mio figlio è stato abbandonato al suo destino, è una persona che ha bisogno di aiuto, io l’ho detto in ogni modo”, ha dichiarato con grande emozione.

Carassai ha ribadito la sua convinzione che Alessandro sia vivo e che ci siano speranze di ritrovarlo. “Ricevo molte segnalazioni anche se la maggior parte non è corredata da foto. Il quantitativo di messaggi che ricevo però mi fa pensare che Alessandro è da qualche parte. Non so che cosa sia accaduto, magari pensa di non poter tornare, è finito in una situazione più grande di lui”.

Quando le è stato chiesto delle ultime segnalazioni ricevute, ha risposto che molte sono arrivate negli ultimi mesi, ma spesso senza foto, il che complica la verifica. “Poco prima dell’estate, proprio da Roma, ho ricevuto una segnalazione con una foto. Purtroppo non era Alessandro, ma una foto risparmia tanta angoscia ai familiari”, ha spiegato.

Carassai ha anche ricordato un caso di due anni fa in cui una foto da Genova sembrava raffigurare suo figlio. “Poi però le verifiche hanno smentito questa mia sensazione. Il ragazzo dello scatto è stato identificato, ma non era il mio Alessandro”, ha dichiarato.

Quando le è stato chiesto se ci fossero stati progressi nell’analisi del cellulare di Alessandro, ha confermato che, purtroppo, non sono emerse informazioni utili. “Ho fatto analizzare il cellulare, ma era già stato nelle mie mani per 4 mesi e quindi provando a cercare indizi potrei aver compromesso la sua memoria storica”, ha detto.



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