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Attentato a Ranucci, gli inquirenti seguono la pista della ‘ndrangheta: escluso il movente politico



Dieci ore prima che le auto di Sigfrido Ranucci e di sua figlia esplodessero davanti alla loro abitazione a Capo Ascolano, un collaboratore di giustizia è stato trasferito in una località segreta. Questo individuo non è un semplice testimone, ma una fonte chiave per un servizio di grande rilevanza realizzato dalla trasmissione Report, che ha indagato sugli interessi della ‘ndrangheta nel settore eolico nel Nordest.



Secondo quanto riportato da Il Messaggero e Il Fatto Quotidiano, questa potrebbe rappresentare una delle piste su cui le autorità stanno indagando per comprendere le motivazioni dietro l’attentato contro il giornalista della Rai. Attualmente, il fascicolo aperto dalla procura di Roma, sotto la direzione del procuratore Francesco Lo Voi e del pm Carlo Villani della direzione distrettuale antimafia, è registrato per danneggiamento aggravato dal metodo mafioso. Le indagini sono condotte dai carabinieri di Roma e Frascati.

Non è chiaro il motivo di questo trasferimento improvviso del collaboratore di giustizia. Tuttavia, Ranucci ha confermato ai pm romani, durante un incontro avvenuto venerdì, che la trasmissione era riuscita ad accedere al verbale di questo imprenditore, il cui anonimato deve essere tutelato. Le informazioni contenute nel verbale sono state utilizzate per la realizzazione della terza puntata della nuova stagione di Report.

Questo collaboratore è collegato a un clan mafioso, e le sue rivelazioni si intrecciano con quelle di un altro collaboratore di giustizia, Luigi Bonaventura, ex boss della ‘ndrangheta. Nel 2022, Bonaventura aveva riferito ai pm di aver sentito membri di quel clan esprimere minacce nei confronti di Ranucci, affermando che “Ranucci è un uomo finito”.

Le modalità operative della ‘ndrangheta possono variare, e in questo caso potrebbe essere possibile che il clan abbia delegato l’azione ai “colleghi” dell’hinterland romano. Questo scenario suggerisce una rete di collegamenti tra le organizzazioni mafiose e un potenziale coinvolgimento di elementi locali nel tentativo di intimidire il giornalista.

L’attentato ha sollevato preoccupazioni non solo per la sicurezza di Ranucci e della sua famiglia, ma anche per la libertà di stampa in Italia. La pressione esercitata da gruppi mafiosi nei confronti di giornalisti che indagano su questioni delicate è un tema ricorrente, e questo episodio mette in luce i rischi che i professionisti dell’informazione affrontano nel loro lavoro quotidiano.

La procura di Roma si sta concentrando su diverse piste investigative, cercando di raccogliere prove e testimonianze che possano chiarire la dinamica dell’attacco e le eventuali connessioni con la criminalità organizzata. Le indagini si preannunciano complesse, dato il contesto di omertà e paura che caratterizza il mondo della mafia.

In questo clima di tensione, il trasferimento del collaboratore di giustizia potrebbe essere visto come una misura precauzionale per garantire la sua sicurezza e quella delle informazioni che detiene. La sua testimonianza potrebbe rivelarsi cruciale per fare luce sui legami tra la ‘ndrangheta e il settore eolico, un ambito che, come dimostrato dalla recente indagine, è afflitto da infiltrazioni mafiose.

Le autorità stanno lavorando per garantire che la verità emerga e che coloro che minacciano la libertà di informazione siano portati di fronte alla giustizia. L’attenzione mediatica su questo caso potrebbe anche contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di proteggere i giornalisti e il loro diritto di indagare senza timore di ritorsioni.



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