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“Avevano definito la mia assistita ‘una troia’ solo perché aveva bevuto”, accusa l’avvocata Bongiorno al processo Grillo



Nel tribunale di Tempio Pausania, si è svolta una nuova udienza del processo che vede coinvolti Ciro Grillo e tre suoi amici, accusati di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una giovane studentessa. Dopo la richiesta del pubblico ministero Gregorio Capasso, che ha proposto nove anni di reclusione per gli imputati, è intervenuta l’avvocata Giulia Bongiorno, legale della presunta vittima.



L’intervento dell’avvocata è iniziato con un’affermazione forte, tratta da una conversazione tra gli imputati: “La mia assistita nelle chat è stata definita ‘troiona’. Non perché lo fosse, ma perché lo sarebbe diventata dopo avere bevuto la vodka. Non lo era prima, ma lo è diventata dopo”. Da queste parole, Bongiorno ha sviluppato una critica non solo sui fatti del processo, ma anche sul contesto culturale che li circonda.

Nel suo discorso, l’avvocata ha sottolineato come la sua assistita sia stata sottoposta a un esame processuale particolarmente duro: 35 ore di interrogatorio, 1675 domande e 18 episodi di pianto, alcuni dei quali hanno portato alla sospensione dell’udienza. “Non so se nella storia giudiziaria italiana esista un precedente simile”, ha dichiarato. Pur riconoscendo l’importanza del contraddittorio, ha ribadito che anche la vittima ha dei diritti e ha evidenziato come la ragazza abbia risposto sempre in modo coerente, senza mai inventare nulla.

L’avvocata ha poi criticato il linguaggio utilizzato nelle chat sequestrate agli imputati, evidenziando un atteggiamento di totale disprezzo verso il consenso femminile. “Nelle chat, le ragazze vengono regolarmente chiamate ‘troie’. È evidente quale sia la visione della donna che emerge da quelle conversazioni. Non importa cosa voglia la ‘troia di turno’. Il suo consenso vale zero”, ha affermato. Ha inoltre citato una frase specifica che, secondo lei, rappresenta chiaramente il contesto del caso: “Una volta bevuta la vodka, lei è cambiata”. Per Bongiorno, queste parole sono particolarmente significative e preoccupanti.

Nel corso della sua arringa, l’avvocata ha anche commentato l’attenzione mediatica riservata alle lacrime di Ciro Grillo, che nella giornata precedente aveva rilasciato dichiarazioni spontanee visibilmente commosso. “Tutti erano attenti a Ciro in lacrime. Ma anche la mia assistita ha pianto. Anche lei era in lacrime. Ma nessuno ha pensato a denunciare per calunnia, se davvero non diceva il vero. Perché non l’ha fatto nessuno?”, ha domandato.

Il processo continua a essere seguito con grande attenzione mediatica e solleva interrogativi importanti sul trattamento riservato alle vittime nei procedimenti giudiziari e sul peso dei pregiudizi culturali in casi di violenza sessuale.



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