Marco Panzarasa, avvocato di 42 anni, è stato incluso tra coloro che dovranno fornire il proprio DNA come parte di un incidente probatorio legato alle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco nel 2007. La decisione è stata presa per verificare eventuali tracce genetiche collegate al computer portatile di Alberto Stasi, utilizzato dalla vittima la sera prima del delitto. Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, ha confermato questa informazione a Fanpage.it, aggiungendo dettagli sul coinvolgimento di Panzarasa e di altre persone vicine al caso.
Secondo quanto spiegato dall’avvocato Tizzoni, la richiesta di acquisire il DNA di Panzarasa deriva dalla necessità di escludere contaminazioni genetiche legate al computer portatile di Stasi, uno degli ultimi oggetti utilizzati da Chiara Poggi prima della sua morte. “La verifica è stata accolta per l’utilizzo da parte di Chiara Poggi del computer portatile di Alberto Stasi. A memoria e nei dati è sostanzialmente l’ultimo oggetto che la vittima ha usato con una certa frequenza la sera prima dell’omicidio per 10 minuti. È altrettanto nota la possibilità di trasferire DNA da un oggetto come il computer. Quindi essendo stata riscontrata una frequentazione di questo soggetto rispetto a questo computer per escludere eventualmente del DNA che possa essere attribuito a questo tipo di contatto si è deciso, a partire dai giudici, di inserire anche il nominativo di Panzarasa“, ha spiegato.
Oltre a Marco Panzarasa, verranno raccolti i profili genetici di altri tre amici di Marco Poggi, fratello della vittima. Tra questi figurano Mattia Capra e Roberto Freddi, già sottoposti a perquisizioni nell’ambito di un’indagine parallela che coinvolge Andrea Sempio. Nessuno dei soggetti menzionati è attualmente indagato, ma il loro DNA sarà confrontato con le tracce genetiche rinvenute nel 2007 sotto le unghie della vittima.
Gli inquirenti hanno inoltre deciso di includere nel campione genetico tre carabinieri e alcuni soccorritori che furono tra i primi ad arrivare sulla scena del crimine il 13 agosto 2007. L’obiettivo principale è individuare eventuali corrispondenze con due frammenti parziali di DNA maschile, appartenenti alla linea paterna (cromosoma Y), mai attribuiti con certezza. Le analisi genetiche saranno condotte su base volontaria, ma in caso di rifiuto si potrà procedere con modalità coattiva.
Un ulteriore sviluppo riguarda le gemelle Stefania e Paola Cappa, già coinvolte nella fase istruttoria del processo che ha portato alla condanna definitiva di Stasi. In questo caso, non sarà richiesto nuovamente il loro DNA, ma verranno confrontate le impronte digitali con quelle presenti su alcuni oggetti mai analizzati all’epoca, come un vasetto di Fruttolo, un pacco di biscotti e una bottiglietta di tè. Questi elementi potrebbero fornire nuovi dettagli utili alle indagini.
Marco Panzarasa e Alberto Stasi erano amici dai tempi del liceo scientifico Omodeo di Mortara, dove entrambi si sono diplomati nel 2002. Dopo il diploma, le loro strade si sono separate: Panzarasa ha intrapreso gli studi in Giurisprudenza, mentre Stasi si è iscritto alla facoltà di Economia presso l’Università Bocconi di Milano. Tuttavia, i due hanno mantenuto i contatti e, nel luglio 2007, poche settimane prima dell’omicidio, hanno trascorso insieme un soggiorno studio in Inghilterra. Durante questa esperienza, furono raggiunti anche da Chiara Poggi.
Il giorno del delitto, secondo quanto emerso finora, Panzarasa non si trovava a Garlasco, ma le nuove indagini mirano a chiarire ogni possibile collegamento tra le persone coinvolte e le tracce genetiche recuperate sulla scena del crimine. La raccolta dei campioni genetici rappresenta un passo cruciale per verificare eventuali contaminazioni e accertare la verità sui frammenti di DNA maschile mai attribuiti.
Le indagini sul caso continuano a concentrarsi su ogni possibile dettaglio che possa far luce sull’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto ormai diciassette anni fa. Gli investigatori sperano che le nuove analisi possano fornire elementi decisivi per risolvere uno dei casi più complessi della cronaca italiana recente.
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