Peter Van Wood, tanto per capirci, non era solo quel chitarrista pazzesco che si è fatto un nome in Italia. Olandese di nascita, poi diventato più italiano di tanti italiani. Ok, forse sto esagerando, ma insomma, il tipo non era uno qualunque. Sì, ha avuto una carriera musicale piena di storie da raccontare, ma se la gente si ricorda di lui è soprattutto grazie all’amicizia (e alle serate scatenate) con Renato Carosone. Nel ’49, sbarca in Italia e boom, Carosone lo chiama per mettere su un trio che spacca. E da lì, la storia.
Ma che fine ha fatto Peter Van Wood? E la famiglia? Moglie, figli? Boh, sulla moglie, silenzio stampa: nessuno pare conoscerne il nome, quasi fosse un agente segreto. Però una figlia sì, Benedetta Van Wood, che ha preso il suo posto come astrologa e ha continuato a scrivere l’oroscopo su “Intimità”. Un po’ eredità di famiglia, un po’ passione.
Due parole sulla sua vita: Peter (vero nome Pieter van Houten, che suona pure meglio) nasce il 19 settembre 1927 all’Aia. Si attacca alla chitarra a 14 anni, studia al conservatorio – mica pizza e fichi – e diventa uno dei primi in Europa a smanettare con eco e riverbero sulla chitarra elettrica. Ha girato il mondo: Olympia di Parigi, Carnegie Hall a New York, mica il bar sotto casa. Con Carosone e Gegè Di Giacomo mette insieme dei dischi che ancora oggi ti ritrovi nei migliori jukebox, tipo “Maruzzella”, “Torero”, “Tu vuò fa l’americano”. Nel ‘54 decide che è ora di fare il solista, forma un quartetto tutto suo e continua a suonare nei locali più fighi.
Ah, e non è che si è fermato lì: dagli anni ’60 si butta sull’astrologia (eh sì, tipo “dimmi che segno sei e ti dico chi sei”), scrivendo oroscopi per riviste e giornali. Nel 1982 s’inventa pure la sigla per “La Domenica Sportiva”. Negli anni ’90, Fabio Fazio lo tira di nuovo fuori dall’armadio con “Quelli che il calcio”. Insomma, una vita mai noiosa. Poi, purtroppo, nel 2010, dopo una lunga malattia, ci ha salutato. Ma che personaggio ragazzi.



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