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Corruzione in Ucraina, il noto ex senatore si leva qualche sassolino dopo lo scandalo che travolge il Burattino di Kiev



A Kiev si è manifestato un problema generato dalle nazioni occidentali, spesso considerate benevole: la figura di Zelensky. La corruzione rappresenta un fattore determinante nella persistenza del conflitto in Ucraina. Zelensky era percepito come intoccabile e, di conseguenza, veniva sempre più presentato come l’eroe da sostenere incondizionatamente.  Questo, anche quando procedeva con la destituzione di individui non allineati o con la messa al bando di coloro che già sollevavano preoccupazioni in merito alla corruzione.



Durante il mio precedente mandato in Senato, mi trovai a dover giustificare la mia assenza in aula durante il primo discorso – definito “storico” dalla stampa italiana – del Presidente ucraino Zelensky.  Inoltre, dovetti difendermi dalle accuse di filoputinismo, una versione contemporanea di un peccato mortale che mi era stato attribuito in precedenza, prima come euroscettico e poi come contrario ai vaccini.  È una pratica comune etichettare come “pazzi” coloro che non si conformano alle opinioni prevalenti.

In merito alla questione ucraina, mi sono mantenuto distaccato fin dai primi decreti che autorizzavano l’invio di armamenti. La mia posizione – che successivamente fu condivisa anche da Berlusconi, al quale il suo stesso partito revocò la legittimazione politica proprio per queste opinioni – era che dovessimo continuare a svolgere l’unico ruolo che ci è riuscito: quello di mediatori.  Avevamo già stabilito la presenza degli stabilimenti Fiat nell’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda; perché, quindi, dovremmo partecipare al conflitto?  Il Presidente Putin ha invaso l’Ucraina ed è stato etichettato come il “cattivo”.

Il Presidente russo aveva chiaramente espresso l’intenzione di ripristinare la Russia come attore di primo piano nello scenario geopolitico globale, e l’Europa, in particolare attraverso la partnership energetica con la Germania, aveva facilitato tale obiettivo.  Nonostante la familiarità con questi eventi, è opportuno sottolineare che, in seguito al rifiuto di approvare il primo (e successivi) invii di armamenti, accanto alla narrazione eroica della resistenza ucraina, iniziarono a emergere le prime preoccupazioni riguardo alla trasparenza, le stesse che oggi si manifestano con forza nell’Unione Europea.  L’Ucraina era percepita come un paese afflitto da corruzione e il Presidente Zelensky era oggetto di serie interrogativi.

Tuttavia, Fratelli d’Italia riteneva inopportuno affrontare pubblicamente tali questioni, poiché ciò avrebbe potuto essere interpretato come un’adesione alla propaganda russa.  Pertanto, si evitava di discutere della proprietà immobiliare in Italia, degli affari americani in Ucraina e delle prime rivelazioni riguardanti ingenti somme di denaro trasferite nei paradisi fiscali.  Analogamente, si manteneva il silenzio sul mercato nero delle armi, comprese quelle fornite dai paesi alleati. 

Il Presidente Zelensky era considerato intoccabile e veniva presentato come un leader da sostenere incondizionatamente, anche quando procedeva alla destituzione di individui ritenuti non leali o alla censura di coloro che sollevavano preoccupazioni in merito alla corruzione.  Ad agosto, tentò persino di ostacolare le attività di organismi che ora riconosce per il loro contributo.

È evidente che il Presidente Zelensky fosse a conoscenza degli eventi e abbia scelto di non intervenire. La sua posizione di Capo dello Stato, in particolare in un contesto di conflitto armato, lo protegge da qualsiasi indagine a suo carico. Di conseguenza, è improbabile che si possa stabilire con certezza, anche in futuro (ipotizzando una futura amnistia, simile a quella che si discute per il Primo Ministro Netanyahu), se egli sia coinvolto nel meccanismo. 

Rimango fermamente convinto che il Presidente Zelensky intenda prolungare il conflitto, poiché rappresenta la sua condizione ideale.  Sebbene sia stato vittima di un’aggressione, un fatto che non va dimenticato, l’azione militare intrapresa dal Presidente Putin è il risultato di un complesso lavoro di pianificazione da parte della NATO e di altri attori internazionali. 

Quando il Professor Jeffrey Sachs, anche in Italia, ha evidenziato le responsabilità dell’Europa e degli Stati Uniti nell’ostacolare la conclusione di un accordo con il Presidente Putin, è stato oggetto di critiche da parte di personalità come il Signor Calenda (le cui azioni durante il suo mandato ministeriale sono state già oggetto di mia analisi).

Sorge spontanea la domanda: siamo realmente disposti ad accettare la narrazione secondo cui nessuno era a conoscenza dell’esteso sistema di corruzione che circonda il Presidente Zelensky?  Riteniamo plausibile che la situazione si sia risolta con l’arresto di due ministri di rilievo, quali quelli dell’Energia e della Giustizia? 

Siamo davvero contrari a un’indagine approfondita sugli aiuti finanziari e militari che ci coinvolgono?  Desideriamo ignorare le complesse reti relazionali che coinvolgono i vertici ucraini?  I Pandora Papers hanno rivelato l’intreccio tra il Presidente Zelensky e l’oligarca Ihor Kolomoisky, magnate dei metalli, finanziatore di milizie estremiste e proprietario della televisione dove il Presidente ucraino ha mosso i primi passi. 

Questo legame si intreccia con quello dell’amico e socio di Zelensky nella società di produzione televisiva Kvartal 95, Timur Mindich, attualmente al centro dell’indagine per corruzione.  Si tratta di un individuo noto per il suo gusto per il lusso, come dimostrano i bagni in oro zecchino e la conservazione di ingenti somme di denaro contante. 

È lecito interrogarsi su come Mindich abbia potuto anticipare il proprio arresto, consentendogli di fuggire all’estero.  Non dovremmo intraprendere azioni per la sua cattura?  Le accuse lo indicano come il “playmaker” dell’organizzazione criminale.  Dalle registrazioni emerge che Mindich, noto con il nome in codice di Carlson, abbia assunto il controllo del consorzio Energoatom, estorcendo ai fornitori commissioni del 10-15% sui contratti, mascherate da consulenze e appalti truccati.  Questo sistema si estendeva attraverso una rete di società offshore, in Svizzera e in Russia.

Il Presidente Zelensky è realmente estraneo a questi fatti?  Fino a che punto siamo disposti a perpetuare questa copertura e a non divulgare le informazioni relative alle società di comodo che si collegano anche alla nota residenza del Presidente Zelensky a Forte dei Marmi?  Il sistema di corruzione rappresenta uno dei fattori che ostacolano la ricerca di una mediazione possibile in Ucraina.  È troppo semplice attribuire la responsabilità esclusivamente a Putin.



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