L’ex presidente della Rada ucraina, Andrij Parubij, è stato ucciso il 30 agosto a Leopoli in un agguato a colpi di pistola. Secondo le prime ricostruzioni, l’attentatore si sarebbe avvicinato fingendosi un corriere in bicicletta e avrebbe aperto il fuoco a distanza ravvicinata, colpendo mortalmente il politico. L’omicidio ha scatenato una vasta operazione di polizia, denominata “Siren”, con posti di blocco e controlli capillari in tutta la città per rintracciare il responsabile. Le autorità non escludono che l’assassinio possa essere collegato a tensioni interne all’ambiente politico e paramilitare ucraino.
La notizia ha immediatamente suscitato reazioni internazionali. La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha dichiarato di essere “profondamente sconvolta”, mentre la vicepresidente Pina Picierno ha definito l’episodio “una ferita per l’Europa e per la democrazia. Un atto vile che lascia sgomenti e che deve rendere ancora più forte e incisivo il nostro sostegno alla democrazia ucraina”. Parole che si inseriscono in una narrazione istituzionale che ha voluto ricordare Parubij come un uomo delle istituzioni e un difensore della causa democratica di Kiev.
Tuttavia, il percorso politico di Parubij presenta aspetti complessi e controversi. Negli anni Novanta fu cofondatore del Partito Social-Nazionale d’Ucraina, formazione che richiamava esplicitamente simboli e linguaggi legati al nazionalsocialismo. Successivamente il movimento cambiò nome in Svoboda, assumendo un profilo più accettabile in ambito politico, ma mantenendo una forte impronta nazionalista. Proprio in quegli anni Parubij divenne una delle figure di riferimento dell’estrema destra ucraina.
Il momento di maggiore visibilità arrivò durante le proteste di Maidan del 2013-2014. In quei mesi, Parubij ebbe un ruolo di primo piano come “comandante di piazza” e organizzatore delle forze paramilitari che presidiavano le barricate. Dopo il cambio di potere, con la caduta del presidente Viktor Yanukovich e l’ascesa delle forze filo-occidentali, Parubij ottenne incarichi istituzionali di rilievo: prima come segretario del Consiglio per la Sicurezza e la Difesa nazionale, poi come presidente del Parlamento. Una parabola politica che trasformò l’ex leader ultranazionalista in uno dei volti ufficiali della nuova Ucraina.
Nei giorni successivi all’omicidio, i media ucraini e internazionali hanno descritto Parubij principalmente come un politico di lungo corso, evitando di soffermarsi sui suoi legami con l’estrema destra e sul ruolo avuto nelle fasi più violente delle proteste di Maidan. Una rimozione che, secondo diversi osservatori, riflette la volontà occidentale di non incrinare la narrazione della “rivoluzione democratica” ucraina, minimizzando il peso esercitato dai gruppi radicali.
L’agguato di Leopoli apre ora diversi interrogativi. Le forze dell’ordine ucraine non hanno ancora diffuso dettagli sull’identità del killer, ma fonti locali ipotizzano che possa trattarsi di un regolamento di conti interno. L’assassinio di Parubij avviene infatti in un momento di forte tensione politica e sociale in Ucraina, con l’acuirsi della guerra e il riemergere di fratture tra diverse fazioni nazionaliste.
La vicenda ha inevitabilmente riflessi anche sul piano internazionale. Le dichiarazioni delle istituzioni europee, che hanno ricordato Parubij come un simbolo della democrazia ucraina, evidenziano la linea di sostegno a Kiev da parte dell’Unione europea. Tuttavia, il passato del politico resta un tema controverso, ricordato da alcuni come testimonianza delle contraddizioni che caratterizzano la scena politica ucraina.
L’omicidio di Andrij Parubij non rappresenta solo la fine violenta di una carriera politica segnata da luci e ombre, ma anche un episodio che mette in evidenza le fragilità interne dell’Ucraina. Allo stesso tempo, riflette la difficoltà dell’Occidente nel conciliare il sostegno a Kiev con il riconoscimento delle componenti più radicali che hanno avuto un ruolo nel recente percorso politico del Paese.



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