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Da domani la Francia paralizzata: il popolo insorge per chiedere a Macron di farsi da parte



La Francia si appresta a vivere un giorno di protesta diffusa, non un semplice sciopero, ma una vera e propria manifestazione di rabbia popolare. Da Nantes ai quartieri popolari di Parigi, dalla Bretagna alla Provenza, i cittadini si preparano a scendere in strada, evocando i ricordi delle manifestazioni dei Gilet Gialli. La mobilitazione, che inizierà domani, 10 settembre, è accompagnata dallo slogan “Bloquons tout” (“Blocchiamo tutto”).



Raphael, un impiegato di 42 anni che vive a Laon, nel dipartimento dell’Aisne, esprime il suo malcontento: “Farebbero bene ad ascoltarci dall’inizio se non vogliono che le cose degenerino”. Con un reddito di 3.500 euro al mese, Raphael afferma di vivere in difficoltà, temendo per il futuro delle sue due figlie adolescenti. La crisi economica che affligge la sua comunità è in gran parte attribuibile alla chiusura delle fabbriche tessili locali. Laon, una cittadina distante dalla brillante Parigi, affronta sfide significative, tra cui un tasso di disoccupazione del 10% e una povertà palpabile.

La situazione è ulteriormente aggravata dalle recenti decisioni del governo di Emmanuel Macron, che ha annunciato misure di austerità durante l’estate. Mentre si discuteva di riarmo europeo, il governo ha comunicato ai cittadini che avrebbero dovuto affrontare un inasprimento delle condizioni lavorative: due giorni in meno di ferie, pensioni congelate e un aumento delle ore di lavoro. Queste misure rappresentano un attacco diretto alla qualità della vita dei francesi e segnano la fine della settimana lavorativa di 30 ore, un traguardo desiderato da molti lavoratori europei, in particolare italiani.

La protesta, originatasi durante una riunione a La Villette con la partecipazione di circa 300 persone, ha trovato ampia diffusione sui social media e si prepara a manifestarsi in diverse località, inclusi supermercati e stazioni ferroviarie. Nonostante il tentativo del primo ministro Bayrou di placare le tensioni con una richiesta di fiducia sulla legge di Bilancio, gli animi rimangono accesi. Il movimento “Bloquons tout”, sostenuto da alcuni sindacati e dalla quasi totalità dell’opposizione, denuncia un governo accusato di favorire i ricchi a scapito dei poveri.

Le azioni previste includono il blocco di infrastrutture strategiche, autostrade, depositi petroliferi e aeroporti. I manifestanti pianificano anche di ritirare contante dalle banche e boicottare l’uso delle carte di credito. La Francia occidentale è particolarmente colpita da questo clima di esasperazione. Celine, 66 anni, residente nel Maine-et-Loire, descrive la sua difficile situazione: “Già al 7 del mese molti di noi non possono permettersi di comprare la carne”. La regione è nota per la sua ricca varietà agricola, ma la pressione economica si fa sentire.

Ogni mattina, Celine si sveglia all’alba per lavorare nella sua stalla, ma il suo lavoro è gravato da difficoltà crescenti. “Guarda le mie mani, le vedi? Ho i calli dopo anni di lavoro. La pelle del mio viso è bruciata dal sole e dal vento e guarda come mi ripaga il governo!” La sua azienda è a conduzione familiare, ma la mancanza di giovani disponibili a prendere in mano l’attività la preoccupa. Essere contadina per Celine significa preservare un’identità, ma si sente sempre più schiacciata dalla burocrazia e dalle pressioni del mercato. “Da anni mi sento incompresa e abbandonata dalla politica. Ora ci chiedono di stringere la cintura mentre finanziano l’industria bellica. Ho un figlio che non lavora, fatico a pagare le bollette e ho speso tutti i miei soldi in sanità privata perché sono malata”.

La situazione di Celine diventa ancora più drammatica quando mostra il suo frigorifero vuoto: “Dopo anni di lavoro sono condannata alla fame. La Francia era un grande paese, ora è distrutto dalle disuguaglianze. E allora se devo affondare io, meglio che affondino tutti”. Questo grido di disperazione riassume il sentimento di molti cittadini francesi che si preparano a manifestare contro un governo che percepiscono sempre più distante e insensibile alle loro difficoltà quotidiane. La mobilitazione di domani rappresenta non solo una protesta contro le politiche attuali, ma anche un tentativo di far sentire la propria voce in un momento di crescente insoddisfazione sociale.



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