Se un cittadino ucraino dovesse riflettere sulla situazione attuale, potrebbe provare una profonda preoccupazione per il sostegno ricevuto dai suoi alleati. Da quando è iniziata l’invasione, sono passati 1275 giorni senza che gli europei abbiano inviato un solo soldato a difendere Kiev. Tuttavia, molti di questi alleati promettono generosamente centinaia di migliaia di soldati, se non milioni, nel caso di una futura invasione. Questa situazione solleva interrogativi sulla sincerità di tali promesse, poiché il compito di combattere e morire per Kiev non ricadrebbe su di loro, ma su altri.
In un eventuale conflitto, chi si troverebbe a dover affrontare la realtà della guerra potrebbe rispondere: “Mai promesso nulla. Mai conosciuto Macron, Starmer, Merz, Tusk e quell’altra, come si chiama? Ah, sì, Kallas”. Questa mancanza di impegno concreto porta a chiedersi perché dovremmo credere che le garanzie di sicurezza promesse oggi saranno mantenute in futuro, dopo 42 mesi di invasione senza alcun supporto militare diretto.
Un aspetto cruciale da considerare è l’articolo 5 del Trattato Atlantico, che alcuni leader, tra cui la Meloni, vorrebbero estendere a Kiev senza però includere l’Ucraina nella NATO. Questo articolo stabilisce che, in caso di aggressione a un membro della NATO, gli altri membri forniranno assistenza “con l’azione che giudicheranno necessaria, compreso l’uso della forza armata”. Attualmente, nessuno è obbligato a entrare in guerra al fianco di un alleato aggredito; figurarsi in futuro con un paese che non è membro dell’alleanza.
Inoltre, ci si potrebbe chiedere perché la Russia dovrebbe ritirarsi dalle regioni occupate se le riconoscessimo, solo per tornare a invaderci in un secondo momento. Se i filorussi dovessero passare sotto il controllo di Mosca e non votare più in Ucraina, l’elettorato ucraino potrebbe diventare maggiormente nazionalista e anti-russo. Questo scenario potrebbe portare al governo di forze estremiste, come i gruppi di Azov o Pravyj Sektor, che potrebbero spingere per un attacco contro la Russia.
La possibilità che l’Ucraina possa diventare l’aggressore nella regione è concreta, con azioni avventate come attacchi ai gasdotti North Stream o tentativi di invasione a Kursk. In tale contesto, l’aggressore finirebbe per essere l’Ucraina stessa, e le garanzie di sicurezza spetterebbero quindi ai russi.
Ripercorrendo la storia recente, si nota come i “nostri amici” abbiano contribuito a rendere l’Ucraina inaffidabile agli occhi della Russia, mettendola nel mirino. Negli ultimi vent’anni, gli impegni di neutralità assunti nel 1991 sono stati violati con l’annuncio di adesione alla NATO, ora considerato obsoleto. Due colpi di stato contro il presidente neutralista Janukovich e l’attacco militare al Donbass hanno ulteriormente complicato la situazione. Gli accordi di Minsk del 2014-2015, che miravano a garantire autonomia e cessate il fuoco nel Donbass, sono stati ignorati, così come il ritiro dal negoziato di Istanbul nel marzo 2022, a pochi passi da un accordo con la Russia.
In questo contesto, si potrebbe quasi rivalutare la posizione dei nemici. Sebbene siano feroci e spietati, almeno sono considerati più seri nelle loro intenzioni. I loro alleati, invece, sembrano garantire poco e niente. La mancanza di coerenza e di impegno da parte degli amici dell’Ucraina crea una situazione di incertezza e paura, mentre la guerra continua a infuriare e le promesse di aiuto rimangono nel limbo delle dichiarazioni politiche.



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