In un breve lasso di tempo, due eminenti esponenti della sinistra hanno criticato aspramente individui considerati indegni. Inizialmente, Federico Rampini, intervistato da Luca Marfé, ha espresso il proprio disappunto. Successivamente, il sociologo Luca Ricolfi ha offerto una critica altrettanto severa. La clip dell’intervento di Rampini è disponibile, così come le dichiarazioni di Ricolfi (VIDEO).
Condividete questo video come il pane.
Dal #MarféAmericano per @Galt_media, dallo SPECIALE CON #RAMPINI…
FEDERICO, CHE COSA RESTA DELLA #SINISTRA DI #BERLINGUER?☕️🔥🇺🇸 “NON C’È PRATICAMENTE PIÙ NULLA DI QUELLA SINISTRA LÌ! ANCHE IL TEMA DELL’#IMMIGRAZIONE È COMPLETAMENTE… pic.twitter.com/imstmrj0eI
— Luca Marfé (@marfeluca) November 10, 2025
Luca Ricolfi, sociologo e presidente della Fondazione Hume, critica la sinistra per la sua presunta attenzione rivolta principalmente a immigrati e minoranze sessuali, a scapito della classe media. Secondo Ricolfi, questa divergenza rappresenta il fulcro della crescente distanza tra la sinistra e la realtà socio-economica del Paese, una distanza sottolineata anche dalla Premier Giorgia Meloni, che ha recentemente ribadito l’emarginazione politica di questa fascia sociale.
Ricolfi analizza la questione dei costi associati ai diritti civili e a quelli economici. L’accoglienza e la tutela delle minoranze sessuali, pur comportando un impegno finanziario, richiedono risorse relativamente limitate. Al contrario, una riduzione significativa delle imposte per la classe media comporterebbe un onere finanziario considerevole per lo Stato. Il sociologo cita l’esempio dei recenti sgravi fiscali, che, pur comportando un impegno di 3 miliardi di euro, si traducono in un beneficio mensile di circa 30 euro per i beneficiari, evidenziando l’inefficacia di tali misure nel rispondere alle reali esigenze del ceto medio.
Ricolfi sostiene che i partiti progressisti abbiano privilegiato cause finanziariamente sostenibili, ma distanti dalle problematiche concrete che affliggono la maggioranza della popolazione. La scelta di concentrarsi sui diritti civili, a fronte di una maggiore complessità e di un costo più elevato associato ai diritti economici, viene interpretata come una scelta di convenienza politica.
Alla domanda sulla persistenza del ceto medio, Ricolfi risponde affermativamente, pur riconoscendo la mancanza di una definizione univoca. La tradizionale distinzione tra operai e impiegati si è attenuata, e una parte del lavoro autonomo si trova in condizioni di precarietà. Attualmente, il numero di impiegati si aggira intorno ai sette milioni, mentre i lavoratori autonomi sono circa cinque milioni. Su un totale di ventiquattro milioni di occupati, circa la metà appartiene al ceto medio classico, una percentuale stabile rispetto a mezzo secolo fa.
Questa apparente stabilità, tuttavia, nasconde un cambiamento significativo: la fascia di popolazione che un tempo rappresentava il motore della coesione sociale e della crescita economica oggi si trova ad affrontare redditi stagnanti e prospettive di sviluppo limitate.
Analisi delle Politiche Economiche del Governo
In merito alle politiche economiche del governo, il Professor Ricolfi osserva che la manovra finanziaria “non è specificamente rivolta alla fascia mediana dei redditi”. Gli sgravi fiscali, spiega, “si applicano a redditi compresi tra i 28.000 e i 50.000 euro, interessando il 20% dei contribuenti. Tale misura non interessa la porzione più ampia del ceto medio, bensì quella più elevata”.
L’effetto redistributivo della manovra risulta pertanto limitato. “Gli sgravi fiscali comportano un onere significativo per la finanza pubblica, ma risultano quasi impercettibili per i beneficiari, con un beneficio mensile stimato in circa 30 euro”, sottolinea il Professor Ricolfi.
Il Caso Americano
Il sociologo individua nel successo del nuovo sindaco di New York una chiave di lettura pertinente anche per il contesto europeo. “Il sindaco ha saputo rivolgersi ai ceti popolari, alla working class, che percepisce un senso di tradimento da parte delle élite progressiste”, afferma. Aggiunge inoltre: “Ha abbandonato l’uso di un linguaggio astratto e complesso tipico dell’establishment. È sostanzialmente diverso promettere ‘maggiore inclusione’ rispetto ad affermare ‘trasporti gratuiti e affitti bloccati’”.
Si tratta, in sostanza, di un esempio di come la sinistra abbia perso la capacità di rappresentare le istanze economiche e quotidiane delle classi medie e popolari. “I progressisti si concentrano sul tema dell’inclusione”, osserva il Professor Ricolfi, “mentre molti cittadini italiani chiedono semplicemente di non essere trascurati”.
Il Contributo delle Banche alla Redistribuzione
Anche in merito a un tema tradizionalmente divisivo come il contributo delle banche alla redistribuzione, il Professor Ricolfi si dimostra pragmatico. “Da riformista, dovrei oppormi, ma in questo caso sono favorevole. Se si intende redistribuire la ricchezza, partire da questo settore non è irragionevole, soprattutto dopo anni di forte crescita. Meglio questo che una patrimoniale sulle persone fisiche”.
Un giudizio che evidenzia come, al di là delle appartenenze politiche, il tema centrale rimanga quello della redistribuzione e del rapporto tra Stato e produzione.
Le Nuove Generazioni
Per quanto riguarda il futuro, il Professor Ricolfi individua il problema principale nell’emigrazione dei giovani più qualificati. “Il punto non è che percepiscano stipendi bassi, ma che i migliori decidano di emigrare. I millennial sono già inseriti nel mercato del lavoro, ma le vere novità si manifesteranno con la generazione Z e quella Alfa”.
Per quanto concerne il sistema pensionistico, egli sostiene che il rischio non sia attribuibile ai bassi redditi, bensì alla struttura intrinseca della spesa pubblica. «In Italia, l’intero sistema si fonda sul primo pilastro, quello pubblico, che di conseguenza riduce le risorse destinate all’istruzione e alla sanità. Ciò è ampiamente documentato nel Rapporto Onofri del 1997, che evidenzia le due criticità principali, ovvero il debito pubblico e il sistema pensionistico».



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