Una drammatica vicenda sta tenendo con il fiato sospeso il mondo dell’alpinismo: Natalia Nagovitsyna, esperta scalatrice russa di 47 anni, si trova immobilizzata sul Pobeda Peak, una delle montagne più ostili e pericolose del pianeta. La donna, che ha riportato una frattura alla gamba durante la discesa, è bloccata da sette giorni a oltre 7000 metri di altitudine, in condizioni estremamente critiche. Con una quantità minima di acqua a disposizione, nessuna radio per comunicare e senza cibo, la situazione appare sempre più disperata.
Il Ministero della Difesa kirghiso, incaricato delle operazioni di soccorso, ha dichiarato che farà tutto il possibile per salvarla. Tuttavia, una prima missione di recupero è già fallita, complicata da maltempo e dalle insidie della montagna. Il Pobeda Peak, noto anche come Victory Peak o Jengish Chokusu, è il punto più alto della catena montuosa del Tien Shan e dell’intero Kirghizistan, raggiungendo un’altitudine di 7439 metri. La sua fama di montagna spietata è ben nota tra gli alpinisti: nessun ferito è mai stato salvato da questa quota.
La tragedia che sta vivendo Natalia Nagovitsyna non è la prima che la vede protagonista. Quattro anni fa, sul Khan Tengri, un’altra vetta del Tien Shan, suo marito Sergey perse la vita a causa di un ictus mentre si trovava a 6900 metri. Nonostante le suppliche dei soccorritori di tornare al campo base, Natalia rimase accanto al marito fino alla sua morte. Nel 2022, l’alpinista tornò sulla montagna per posizionare una targa commemorativa in sua memoria, un gesto che fu documentato e raccontato in un film.
La vicenda attuale ha avuto inizio il 12 agosto, quando Nagovitsyna si è fratturata la gamba durante la discesa dal Pobeda Peak. Il suo compagno di scalata ha cercato di prestarle i primi soccorsi, ma è stato costretto a lasciarla per rientrare al campo base e chiedere aiuto. Il giorno successivo, altri due alpinisti hanno tentato di raggiungerla per portarla in salvo, ma il maltempo e la fatica hanno impedito loro di completare l’operazione. Non avendo altra scelta, hanno avvolto Natalia in un sacco a pelo e l’hanno lasciata sulla montagna.
Un drone inviato il 19 agosto ha confermato che la donna è ancora viva e si trova nella sua tenda, che appare però danneggiata. Le immagini ottenute dal drone mostrano chiaramente le difficili condizioni in cui versa l’alpinista. Mentre i soccorsi continuano a essere ostacolati da fattori ambientali e logistici, il tempo rappresenta un nemico implacabile: ogni ora che passa riduce le possibilità di un salvataggio riuscito.
Il Pobeda Peak, considerato uno dei più difficili tra i “Settemila” dell’ex Unione Sovietica, è noto per le sue condizioni estreme e imprevedibili. La combinazione di altitudine elevata, temperature glaciali e cambiamenti meteorologici repentini lo rende una sfida per chiunque tenti di scalarlo. Anche gli alpinisti più esperti devono affrontare rischi enormi su questa montagna.
La comunità internazionale dell’alpinismo segue con apprensione gli sviluppi della vicenda. La storia personale di Natalia Nagovitsyna, segnata da tragedie e coraggio straordinario, aggiunge un elemento umano alla difficile operazione di soccorso. Gli esperti sottolineano la complessità tecnica del recupero a questa altitudine e la necessità di condizioni meteorologiche favorevoli per un eventuale successo.



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