Filippo Turetta, attualmente detenuto nel carcere di Verona per il femminicidio di Giulia Cecchettin, ha recentemente subito un trasferimento dalla sezione “protetti” a quella dei detenuti di media sicurezza. Questa decisione ha sollevato preoccupazioni tra i suoi avvocati, che hanno formalmente richiesto il ritorno del loro assistito nella sezione di protezione, esprimendo una “potenziale forma di preoccupazione” riguardo alla sua sicurezza.
Secondo le prime informazioni disponibili, il trasferimento di Turetta sarebbe motivato da un problema di sovraffollamento all’interno del carcere. Tuttavia, il passaggio dalla sezione “protetti”, riservata a detenuti considerati socialmente pericolosi, a un’area più comune potrebbe rientrare in un percorso ritenuto idoneo per il detenuto. Gli avvocati di Turetta, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, hanno contestato questa decisione, comunicando le loro preoccupazioni alla direzione del carcere, alla Corte d’Assise e alla Procura di Venezia. I legali sottolineano la necessità di “particolare attenzione nei confronti del detenuto”, argomentando che questa esigenza è cruciale in questo momento.
Condannato all’ergastolo, Turetta è in carcere dal momento del suo arresto. La Corte d’Assise di Venezia non ha disposto l’isolamento diurno per lui, una decisione condivisa anche dal pubblico ministero Andrea Petroni durante la requisitoria. In base alla legge italiana, Turetta potrebbe richiedere la liberazione condizionale dopo aver scontato 26 anni di detenzione, quindi nel 2049, ma solo se avrà raggiunto i 48 anni. I permessi premio sono concessi ai detenuti condannati all’ergastolo dopo aver scontato almeno dieci anni, il che significa che Turetta potrebbe richiedere il primo permesso quando avrà 32 anni. Dopo 20 anni di detenzione, nel 2043, potrà accedere al regime di semilibertà.
La decisione di spostare Turetta ha suscitato un ampio dibattito, poiché la sezione “protetti” è concepita per garantire la sicurezza di detenuti che hanno commesso reati di particolare gravità e che potrebbero essere a rischio di ritorsioni da parte di altri detenuti. Gli avvocati di Turetta hanno evidenziato che il suo stato di salute mentale e la sua sicurezza personale potrebbero essere compromessi nel nuovo ambiente carcerario.
La questione del sovraffollamento nelle carceri italiane è un problema noto e ricorrente, che ha portato a misure straordinarie in diverse occasioni. Tuttavia, il trasferimento di un detenuto con un profilo così delicato come quello di Turetta solleva interrogativi sulla gestione della sicurezza all’interno delle strutture penitenziarie. La posizione degli avvocati di Turetta si basa su una preoccupazione legittima per la sua incolumità, considerando le circostanze del suo reato e l’attenzione mediatica che circonda il caso.
In risposta alla situazione, la direzione del carcere dovrà prendere in considerazione le richieste avanzate dai legali e valutare se il trasferimento possa davvero costituire un rischio per Turetta. La decisione finale potrebbe avere implicazioni non solo per il detenuto, ma anche per il sistema penitenziario nel suo complesso.
Il caso di Filippo Turetta continua a essere sotto i riflettori, e le sue prospettive future dipenderanno non solo dalle decisioni legali, ma anche dalla gestione delle sue esigenze all’interno del carcere. La situazione mette in evidenza le sfide che il sistema penitenziario italiano deve affrontare, in particolare in relazione alla sicurezza dei detenuti e alla loro rieducazione.
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