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Ghali contro i rapper silenti su Gaza: “Tacete per gli sponsor, così siete complici del genocidio”



Nel pieno delle manifestazioni in solidarietà con la Flotilla e per lo stop al conflitto a Gaza, il rapper Ghali torna a esprimersi con toni durissimi contro il silenzio di molti colleghi. Attraverso un lungo messaggio pubblicato su Instagram, l’artista ha accusato apertamente il panorama musicale, e in particolare il rap italiano, di non aver preso posizione di fronte a quella che definisce “una tragedia umanitaria e un genocidio”.



Già nel 2023, dal palco di Sanremo, Ghali aveva suscitato accese polemiche con il suo appello per lo “stop al genocidio”. Oggi, a distanza di quasi due anni, torna a ribadire la sua posizione, dichiarando senza mezzi termini che, a suo giudizio, “il rap è morto”.

L’artista critica con forza i colleghi che hanno scelto di non esprimersi pubblicamente: “Tutte stronzate o scuse quelle dei rapper che dicono ‘io non ho mai fatto politica sui miei profili, quindi perché dovrei farlo ora?’ oppure che ‘è una storia troppo complicata, che va avanti da millenni’. Sono solo scuse”.

Le tre ragioni del silenzio secondo Ghali

Nel suo messaggio, Ghali individua tre motivazioni principali dietro il silenzio di molti artisti. “Uno: non vi interessa. Non è nel vostro algoritmo, non sapete come sono andate le cose, avete un’idea confusa su chi siano i buoni e i cattivi, o pensate che sia una questione lontana, che riguarda solo un’etnia”.
Prosegue poi con il secondo punto: “Due: sostenete il genocidio. Sì, sostenerlo significa anche semplicemente non schierarsi. Qui c’entriamo tutti, ma come ogni volta sarà troppo tardi quando lo capiremo”.
Infine, il terzo motivo: “Tre: avete paura di perdere soldi, posizione e lavoro”.

Un atto d’accusa diretto e senza compromessi, che tocca anche il tema dei rapporti tra musica e sponsor: “Non avete parlato, e i brand non vi cercano. Non avete soldi, non avete stile, vi scopate le tipe tra amici. Cosa ci avete guadagnato col vostro silenzio? Il rap è ufficialmente morto. Il silenzio dei rapper ha ucciso il genere. Ne è rimasto solo lo stile, il suono, la forma”.

Il messaggio di Ghali si chiude con parole ancora più dure: “Qualsiasi artista che si definisce rapper e riempie le strofe di parole senza dire un cazzo sulla Palestina non può definirsi tale. Se sei un rapper e non parli di Palestina, puoi anche smettere di avercela con gli sbirri. Se sei un rapper e non parli di Palestina puoi finalmente venderti del tutto. Supportare la Palestina è un onore che non tutti possono avere”.

Clementino si unisce alla polemica

A sostenere la posizione di Ghali è intervenuto anche Clementino, che nelle stesse ore ha pubblicato una storia su Instagram rivolta ai colleghi “silenziosi” del panorama rap italiano. Con il suo stile diretto, l’artista campano ha scritto: “Dedicato a tutti i rapper italiani, i ‘cosiddetti rapper delle classifiche’, che non hanno detto una sola parola sul genocidio a Gaza: mettiteve scuorno. E voi sareste rapper? Lo sapete cosa vuol dire essere rapper? Vuie non sapit nu cazz”.

Il messaggio prosegue con toni duri: “Millantate la parola Hip Hop. Potete avere tutti i platini del mondo, tutte le collane d’oro, andare alle vostre sfilate di moda da sfigati, ma non siete nulla. Non siete rapper, siete munnezz”.

Le parole di Ghali e Clementino hanno immediatamente scatenato un acceso dibattito online. Molti fan hanno espresso sostegno agli artisti per aver affrontato un tema così delicato, mentre altri hanno criticato il tono accusatorio, ritenendolo eccessivo e divisivo.

Nel giorno dello sciopero nazionale dedicato alla Flotilla, il mondo della musica italiana si trova così al centro di una discussione più ampia sul ruolo sociale degli artisti e sulla loro responsabilità nell’esprimersi su questioni di attualità e diritti umani.



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